SCIENZA E RICERCA

Fino a che punto possiamo arginare il rischio idrogeologico con le opere edilizie?

Il dissesto idrogeologico è un problema con cui il nostro Paese deve sempre fare i conti, soprattutto in seguito agli eccezionali eventi atmosferici che si sono verificati in alcune aree della penisola negli ultimi tempi, specialmente per quanto riguarda il nord-est.
Data la conformazione del territorio, il rischio di frane e allagamenti in Italia è piuttosto alto, per cui è necessaria la massima attenzione e preparazione da parte dei cittadini e delle istituzioni.
I gravi danni causati dal maltempo in Veneto, Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia Giulia nelle scorse settimane portano a chiederci però se le nostre aree urbane siano adeguatamente preparate a fronteggiare questo tipo di avvenimenti.

Ne abbiamo parliamo con il professor Paolo Simonini, docente di geotecnica al dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale all'università di Padova.

L'intervista completa al professor Paolo Simonini. Servizio di Federica D'Auria. Montaggio di Elisa Speronello.

“Il territorio italiano è geologicamente giovane e in evoluzione, e per questo delicato. A differenza di altri paesi non è soggetto a un solo tipo di rischio naturale, ma è sensibile ai terremoti, alle frane e alle alluvioni”, spiega il professor Simonini.

“In questo periodo assistiamo poi a un cambio climatico e all'innalzamento delle temperature che dà origine anche a fenomeni di cambi di distribuzioni delle precipitazioni.
Gestire questi cambiamenti non è facile. In particolare, i problemi delle infrastrutture di difesa dalle inondazioni riguardano solitamente gli argini minori, che si rompono più spesso.
Bisogna perciò studiare le condizioni per aprire dei bacini in cui l'acqua possa defluire in caso di piene. Gli interventi sono però costosi, e bisogna selezionare dove concentrare i propri sforzi”.

Il professor Simonini sottolinea inoltre l'importanza delle attività di monitoraggio: “oggi, grazie ai satelliti, le opere edilizie possono essere più facilmente controllate, rispetto al passato.
Ci sono diversi enti che se ne occupano. L'Ispra controlla il territorio italiano, la protezione civile si occupa delle regioni. Il Consiglio nazionale delle ricerche, inoltre, controlla e monitora le frane e l'università, collaborando con gli enti pubblici, studia dei piani di controllo e monitoraggio e interpreta i dati per intervenire là dove è necessario mettere in sicurezza il territorio”.

“Io credo che un approccio moderno debba tener conto anche della sostenibilità economica degli interventi, aggiunge il professor Simonini. “Bisogna accettare un possibile limite di rischio purché non sia grave e non mini la sicurezza delle persone. È necessario perciò un compromesso tra un approccio economicamente sostenibile e uno assicurativo per risarcire eventuali danni materiali.

In Italia sono presenti numerosi fenomeni franosi, e non è possibile stabilizzarli tutti, né fermarli. Però si possono individuare le zone più a rischio per decidere quali interventi mettere in atto di volta in volta per proteggere il patrimonio storico e artistico e la vita delle persone”.

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