SOCIETÀ

First past the post: uno sguardo dentro al maggioritario britannico

Nelle maratone televisive per le elezioni politiche sulla TV britannica, dopo gli exit poll e le prime interviste, è ormai tradizionale il collegamento in diretta con alcuni collegi elettorali del Nord Est dell’Inghilterra: a Newcastle Central, Sunderland South o Blyth Valley, gruppi di scrutatrici e scrutatori corrono a staffetta per portare le urne piene di schede elettorali nelle grandi sale dove la conta dei voti procede con uguale celerità. Il motivo di tanta fretta? Questi collegi, da più di un quarto di secolo, si contendono il primato della proclamazione più rapida del candidato vincitore, senza naturalmente pregiudicare l’accuratezza delle operazioni di conta, come precisava la corrispondente della BBC nella diretta delle ultime elezioni politiche nel dicembre 2019. In quell’occasione, erano appena le 23.27 ora locale – meno di un’ora e mezza dopo la chiusura delle urne – quando il comune di ha annunciato la riconferma della parlamentare laburista uscente Chi Onwurah al seggio di Newcastle Central, battendo sul tempo gli storici rivali della vicina città di Sunderland.

Senza voler nulla togliere alle doti atletiche degli scrutatori e alla perfetta organizzazione della conta, a rendere possibile l’impresa è la semplicità del sistema elettorale. In ciascuno dei 650 collegi in cui è diviso il Regno Unito per le elezioni alla Camera dei Comuni, ogni partito in corsa ha un solo candidato, e quello che prende più voti è eletto in Parlamento. È il sistema uninominale a turno unico noto in inglese, con un termine derivato dall’ippica, come first past the post: chi arriva primo prende tutto (ovvero il seggio).

Il risultato di Newcastle era d’altronde scontato, e poco indicativo di quelli a livello nazionale: qui i candidati del Partito Laburista hanno vinto in tutte le elezioni dal 1945, con la sola eccezione del 1983. Una volta contati i voti di tutti gli altri collegi, però, il partito guidato da Jeremy Corbyn si ritrovava con soli 202 seggi alla Camera dei Comuni, il peggior risultato dal 1935. L’allora primo ministro e leader dei Conservatori Boris Johnson vedeva invece consolidata la sua posizione con una maggioranza di 80 seggi, la più ampia dal 1987.

Mentre il Regno Unito si prepara a tornare al voto il 4 luglio, dopo la decisione a sorpresa dell’attuale primo ministro conservatore Rishi Sunak di convocare elezioni anticipate, i sondaggi restituiscono un quadro drammaticamente cambiato. Fin dall’inizio della campagna elettorale il Labour ha circa 20 punti di vantaggio sui Tories nelle rilevazioni, che prevedono per il partito guidato da Sir Keir Starmer un’affermazione ancora più travolgente in termini di seggi in Parlamento.

Se i sondaggi hanno ragione, i candidati laburisti a Newcastle possono dunque dormire sonni tranquilli. Sono altri i collegi a cui bisogna guardare per raccontare la storia di questa campagna elettorale. Ad esempio quello di Aylesbury, una cittadina nel Buckinghamshire a poco più di un’ora di treno da Londra. Il collegio fa parte di quelle vaste aree suburbane e rurali del sud dell’Inghilterra che da generazioni formano lo zoccolo duro dell’elettorato dei Conservatori. Qui i Tories hanno vinto in tutte le elezioni politiche da un secolo a questa parte, e nel 2019 il loro candidato Rob Butler è stato eletto con 17.373 voti in più della laburista Liz Hind. Una maggioranza (del 28,6%) che normalmente rende il collegio tanto inespugnabile da essere per lo più ignorato in campagna elettorale. Benché nel confronto con le ultime elezioni si debba tenere conto di un ridisegno dei collegi avvenuto nel 2023, se c’è un seggio “sicuro” per i Conservatori dovrebbe essere questo.

Invece dopo un secolo di predominio Tory, oggi i sondaggi danno il Partito Laburista in vantaggio anche qui. Un distacco di pochi punti percentuali, che però dà la misura di quanto siano oggi vulnerabili i Conservatori a livello nazionale. Se il Labour può vincere ad Aylesbury, dove secondo un attivista del partito intervistato da Politico “anche gli alberi votano i Tories”, a maggior ragione conquisterà decine di altri collegi tradizionalmente più “contendibili”.

L’uso del condizionale, però, rimane fortemente consigliabile finché la voce dei sondaggisti, molto forte in questa campagna elettorale, non lascerà il posto a quella degli elettori. L’entità di un’eventuale vittoria laburista a livello nazionale il 4 luglio dipende da molti fattori, ad esempio il grado di disaffezione dei tradizionali elettori dei Tories verso il partito che da 14 anni è al governo, o la capacità del Partito Laburista di accreditarsi come un’alternativa credibile, conservando al tempo stesso il proprio elettorato tradizionale. Anche la disponibilità dei sostenitori di altri partiti a dare a Labour il loro “voto utile” nei (molti) collegi in cui il partito è il principale sfidante dei Tories avrà un peso rilevante nel decidere il risultato.

Se è vero che il Labour e i Tories sono testa a testa, potrebbero allora bastare pochi elettori storici dei Conservatori che decidono di confermare il loro sostegno al partito, o pochi elettori potenziali del Labour che non vanno a votare o votano altri partiti (come i Liberaldemocratici o i Verdi), perché Aylesbury rimanga blu (il tradizionale colore dei Tories). Se replicate in collegi simili, queste piccole oscillazioni potrebbero fare la differenza, per i Conservatori, fra una sconfitta e una disfatta epocale a livello nazionale. Anche per questo i Tories evocano spesso i rischi insiti nel consegnare ai laburisti una maggioranza schiacciante (supermajority): un modo per ricompattare il proprio elettorato, magari sperando al tempo stesso che potenziali elettori del Labour, ritenendo l'esito scontato, decidano di rimanere a casa.

D’altra parte non è solo il Labour a voler approfittare delle difficoltà in cui si trovano i Tories. Il collegio di Godalming & Ash, nelle colline del Surrey a sud di Londra, è un’altra roccaforte dei Conservatori. Qui il Cancelliere dello Scacchiere, cioè il ministro dell’economia, Jeremy Hunt parte da una maggioranza teorica di più di 10.000 voti (tenendo conto dei nuovi confini del collegio), ma rischia seriamente di perdere il seggio a vantaggio del candidato dei Liberaldemocratici Paul Follows. I Lib Dem puntano a conquistare decine di seggi, quasi tutti in collegi precedentemente vinti dai Conservatori, e secondo alcune stime potrebbero addirittura risultare il secondo partito in Parlamento, diventando l’Opposizione Ufficiale di Sua Maestà. Se un simile risultato, al momento poco probabile, non insidierebbe una maggioranza laburista nella prossima legislatura, rappresenterebbe comunque un riassetto senza precedenti della politica britannica.

Fra gli artefici di un eventuale tracollo dei Tories, un altro posto importante spetterebbe senz’altro anche a Nigel Farage, il fondatore e nuovo leader di Reform UK, forza di estrema destra nata nel 2018 dalle ceneri del Brexit Party. Il 3 giugno Farage ha annunciato a sopresa la sua candidatura nel collegio di Clacton in Essex, sulla costa orientale dell’Inghilterra vicino all’estuario del Tamigi. Un seggio che Reform UK, secondo i sondaggi, ha ottime probabilità di vincere. Anche qui il sostegno ai Conservatori, vincitori nel 2019, pare in forte calo, e il Partito Laburista ha sostanzialmente rinunciato a fare campagna elettorale per concentrarsi su collegi più contendibili.

A causa del sistema elettorale first past the post, sono pochi i collegi dove i candidati di Reform UK hanno buone possibilità di essere eletti, benché i sondaggi lo diano al terzo posto nei consensi a livello nazionale (alcuni sondaggi addirittura al secondo posto davanti ai Tories). Il partito di Farage può comunque creare seri problemi ai Conservatori, disperdendo il voto di destra e riducendo la loro capacità di difendere i seggi insidiati dal Labour o dai Lib Dem. L’obiettivo di Farage è però proprio quello di assumere la guida dell’opposizione di destra a un nuovo governo laburista, tramite l’implosione del Partito Conservatore. Non a caso ha evocato il precedente del Canada, dove alle elezioni federali del 1993 (condotte sempre con lo stesso sistema) i Progressive Conservatives della prima ministra Kim Cambell persero quasi tutti i seggi in Parlamento, per venire soppiantati come principale forza di centro-destra da un partito che si chiamava… Reform.

Fin qui siamo rimasti in Inghilterra, di gran lunga il paese più popoloso del Regno Unito e quello con il maggior numero di seggi in parlamento. L’ultimo dei collegi in questo breve percorso attraverso la campagna elettorale si trova invece North of the Border, cioè in Scozia. Qui alle elezioni del 2019 ha dominato il partito indipendentista Scottish National Party, conquistando 48 dei 59 collegi a disposizione. Uno di questi è Midlothian, vecchia zona mineraria a sud-est di Edimburgo dove il Partito Laburista dominava, come in buona parte della Scozia, fino al 2015. Oggi l’SNP, che è anche alla guida del governo scozzese dal 2007, è indebolito da scandali e divisioni interne, e il Labour punta a riguadagnare terreno a cominciare proprio da collegi come Midlothian, dove i sondaggi lo danno in vantaggio.

Le recenti fortune elettorali dell’SNP illustrano un aspetto importante del sistema first past the post. Un partito con un bacino elettorale molto concentrato territorialmente può conquistare molti seggi in Parlamento a dispetto di una percentuale di voti bassa a livello nazionale. Quando nel 2015 l’SNP conquistò 56 seggi, spazzando via Labour in Scozia, divenne il terzo partito nella Camera dei Comuni, benché avesse appena il 4,7% dei voti a livello nazionale; i Liberaldemocratici, con il 7,9% dei voti, si fermarono ad appena 8 seggi. Benché oggi l’SNP sia indebolito, il forte sostegno di cui ancora gode la causa dell’indipendenza dovrebbe proteggerlo da un tracollo alle elezioni del 4 luglio. Intanto per il Labour, il suo principale sfidante, riconquistare seggi in Scozia avrebbe una valenza strategica più ampia, perché renderebbe più semplice ottenere una maggioranza solida in Parlamento anche in assenza di un’affermazione schiacciante in Inghilterra.

Il quadro in Galles è ancora diverso, per l’Irlanda del Nord ci vorrebbe un discorso a parte e ci sono tanti altri collegi – nei quattro paesi che compongono il Regno Unito – che potrebbero aiutare a raccontare queste elezioni. Sicuramente però i risultati ad Aylesbury, Godalming & Ash, Clacton e Midlothian avranno qualcosa di interessante da dire sul verdetto delle urne, sia che questo confermi le previsioni dei sondaggi sia che le smentisca o le ridimensioni.

Un tema che emerge regolarmente dai sondaggi e dalla narrazione anche mediatica delle elezioni a livello nazionale è una diffusa disaffezione verso la politica. Se molti elettori sembrano pronti a voltare le spalle ai Conservatori, non sembra esserci d’altra parte grande entusiasmo per Labour. La percentuale di voti ottenuta complessivamente dai due principali partiti potrebbe essere la più bassa dal 1945. Dato il sistema elettorale, questo non impedirebbe di per sé una vittoria laburista anche molto netta, ma sicuramente è un fattore che contribuisce a rendere incerta l’entità della maggioranza in Parlamento in caso di vittoria.

Lo scontento generale e una maggiore volatilità nelle scelte degli elettori possono poi rendere fragile qualsiasi trionfo, come i Conservatori reduci della vittoria di Boris Johnson nel 2019 sembrano avviati ad imparare a proprie spese. Ma questa è un’altra storia, che – se i sondaggi hanno ragione – comincerà all’alba del 5 luglio, quando i velocissimi scrutatori di Newcastle e Sunderland si staranno già godendo un meritato riposo.

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