CULTURA

I gialli: davvero romanzi di genere?

Treviso per qualche giorno si è tinta di giallo e ha portato in città romanzieri che da anni si navigano gli stilemi del genere e sono molto amati dal grande pubblico, come, per esempio, Gabriella Genisi, Giancarlo De Cataldo, Alessandro Robecchi, Andrea Vitali, Massimo Carlotto, Pierluigi Pulixi, Paolo Roversi e molti altri. Ma ha senso parlare di genere o, più in generale, i libri hanno il compito di intrattenere e fare letteratura insieme, senza distinzioni in categorie? Abbiamo scambiato qualche parola con il criminologo Pierluigi Granata, responsabile organizzativo del festival Treviso Giallo e con il romanziere e docente di scrittura creativa alla Scuola Holden Davide Longo, uno dei protagonisti del festival (dove ha presentato la sua saga che ha come protagonisti Vincenzo Arcadipane e Corso Bramard, il cui ultimo titolo è Una rabbia semplice, uscito per Einaudi).

Pierluigi Granata, ci dica: il giallo è considerato uno dei generi per eccellenza, ma ci sarebbe molto da discutere sul senso di attribuire a un'opera di letteratura una definizione che in qualche misura la circoscrive. Quale è la filosofia di Treviso Giallo?

Il festival ha un duplice obiettivo: da un lato si propone di rivalutare la letteratura gialla, intesa in senso lato - ovvero: noir, poliziesco, thriller, spionaggio - operazione culturale quest'ultima ambiziosa, condotta su un piano interdisciplinare sulla scorta dell'insegnamento che promana dalla cosiddetta scuola triestina, storicamente riferibile a Giuseppe Petronio, a Vittorio Spinazzola, e ora rappresentata da Elvio Guagnini, professore emerito di Letteratura Italiana nell'Università degli Studi di Trieste. Difatti, in questo contesto letterario, la specificità dei temi affrontati e le scelte stilistiche ricercate sono diventati una lente privilegiata di osservazione di un Paese o di un sistema-Stato, sotto il profilo socio-politico, della normazione, dei devianti e della violazione delle regole, delle vittime. Dall’altro Treviso Giallo vuole contribuire a modificare le posizioni di preclusione verso il genere giallo, coinvolgendo, in primis, nella realizzazione del festival, gli atenei sopra elencati, rappresentati dai docenti universitari componenti del comitato scientifico, presieduto dallo stesso Guagnini. In altre parole, la ratio del festival s’incontra con le esigenze manifestate pubblicamente su Robinson de La Repubblica già nel dicembre del 2018 da tre grandi scrittori italiani, De Cataldo, De Giovanni e Carlotto, che si auspicavano un maggior supporto delle istituzioni culturali e accademiche al genere “giallo”, come avviene all’estero, soprattutto in Francia, attraverso la realizzazione di importanti festival dedicati al noir.

Il festival da lei ideato è nato da relativamente poco tempo: che tipo di pubblico raccoglie?

Il festival raccoglie un pubblico eterogeneo proprio in virtù dell’interdisciplinarietà e del livello di approfondimento tematico che lo contraddistingue, grazie alle significative collaborazioni con università, istituzioni culturali e il cinema, offrendo un programma articolato destinato a favorire momenti di conoscenza, approfondimento, dialogo e riflessione. Pertanto, è aperto a tutte le tipologie di lettori e studiosi, professionisti compresi. Difatti, quest’anno abbiamo organizzato delle tavole rotonde destinate agli avvocati e ai giornalisti, per quest’ultimi, in particolare, si è trattato addirittura di un evento formativo riconosciuto dall’ordine professionaleAllo stesso tempo abbiamo dato spazio anche ai bambini con l’inserimento di una sezione dedicata, il Giallo Kids. Si sono tenute letture e laboratori specifici per avvicinare i più piccoli alla lettura.

La terza edizione di Treviso Giallo (così le precedenti - quindi di fatto buona parte dell'avventura -) avviene in tempi resi difficili dall'epidemia di Covid-19. Che riflessioni si possono fare in merito? È vero che non ha senso ragionare con i se, ma se facessimo questo gioco? 

Il festival da questo punto di vista è stato una sfida e, pur nelle difficoltà organizzative che ovviamente si sono presentate, siamo sempre riusciti a proporre al pubblico un appuntamento in presenza che ha rappresentato forte condivisione, una sorta di “normalità” e un invito a guardare oltre le difficoltà presenti, fiduciosi nel ritorno a una vita culturale partecipata e stimolante. 

Una domanda personale: quale il suo giallista preferito?

Sicuramente è Leonardo Sciascia, anche se mi risulta difficile definirlo “giallista” in virtù della complessità e delle finalità intrinseche delle sue opere, i cui concetti critici sono ancora molto attuali, in particolare quelli sulla giustizia. Per rimanere in ambito contemporaneo, reputo molto interessante e promettente un giovane scrittore, Claudio Mattia Serafin, il quale, tra l’altro, con il suo romanzo Il sangue e la sua memoria ha ricevuto un giudizio favorevole da parte di Aldo Cazzullo sulla pagina culturale del Corriere della Sera… e non è poco!

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