CULTURA

Gianni Rodari, la coscienza ecologica

A dare il nome ecologia alla «scienza dell'insieme dei rapporti degli organismi con il mondo circostante, comprendente in senso lato tutte le condizioni dell'esistenza» fu nel 1866 il tedesco Ernst Haeckel. Non c’è dubbio, sono stati gli scienziati nel XIX secolo a scoprire e a iniziare a studiare l’economia che governa la casa comune degli esseri viventi sul pianeta Terra.

Ma l’ecologia è diventata cultura diffusa o, se volete, “coscienza ecologica” molto più tardi. È solo negli anni ’60 de XX secolo, infatti, che l’opinione pubblica scopre i primi problemi ecologici globali. Come, per esempio, l’inquinamento radioattivo generato dagli esperimenti nucleari in atmosfera. O come l’inquinamento chimico, denunciato quale problema emergente e globale nel 1963 da Rachel Carson con quel un libro allarmato e allarmante: La primavera silenziosa. Ed è, infine, nel 1968 che il biologo Paul Ehrlich pubblica il suo libro, The Population Bomb, in cui dimostra che, tra i problemi ecologici globali, c’è l’esplosiva capacità riproduttiva conseguita dalla specie umana. Moltiplicandosi con un successo senza precedenti, l’uomo rappresenta una minaccia per gli equilibri ecologici locali e globali.

È a Stoccolma, infine, con la conferenza delle Nazioni Unite del 1972 che nasce una “coscienza ecologica” di tipo istituzionale. 

Non è dunque un caso che Gianni Rodari, con la prontezza del grande giornalista e la sensibilità del grande scrittore, ne parli esplicitamente, della «coscienza ecologica», in un’opera del 1973, Novelle fatte a macchina, e più precisamente nella novella I misteri di Venezia:         

Quei gatti vengono qua dentro solo per fare pipì. […] Questa cantina è il loro gabinetto. La fanno qua per non inquinare ulteriormente le acque della Laguna. A quanto pare i gatti veneziani hanno una squisita coscienza ecologica.

La coscienza ecologica ha, per necessità, una componente emozionale. Dice l’ecologista: voglio salvare la natura (qualsiasi cosa questo significhi) perché amo la natura e gli esseri viventi. E tra gli esseri viventi più amati ci sono certamente gli alberi. Questo brano è tratto da Gli alberi non sono assassini, una delle novelle di L’agente X.99 a sua volta contenuta in Il gioco dei quattro cantoni.

            Una volta che passavo nelle vicinanze di Parco, un impulso irresistibile mi costrinse a scendere su quel pianeta. Avanzai fino al limitare della foresta. Gli alberi sono assolutamente immobili. Ripassai rapidamente le lezioni del professor De Mauro poi, risoluto a levarmi il pensiero, formai con le braccia un messaggio: «Gli uomini e gli alberi sono amici».

In quei medesimi anni ’70 di cui prima e malgrado l’amicizia declamata dagli uomini, si vide, in Europa, che gli alberi si stavano ammalando. A causa delle piogge acide, dissero gli scienziati. Informazione che Rodari puntualmente riprende, in La canzone del cancello, una delle storie raccolte in Il gioco dei quattro cantoni.

         - Ascolti, - disse il bambino, - questa è la canzone del castagno morente. Lo vede là, quell’albero? È un castagno. È malato, come quasi tutti i castagni d’Europa. Questa è una cosa che abbiamo studiato a scuola.

L’abbiamo studiata. Ma, forse, la coscienza ecologica non ha raggiunto ancora un livello sufficiente. Troppo spesso troppi alberi si ammalano e, financo, vengono abbattuti a causa di noi uomini sedicenti sapiens.

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