SOCIETÀ

Questo è un gioco da ragazze

È domenica pomeriggio, all’Allianz Stadium di Torino si gioca la partita Juventus-Fiorentina. È una attesa sfida-scudetto e lo stadio registra il tutto esaurito, sugli spalti ci sono 39mila spettatori tra giovani promesse delle scuole di calcio, famiglie, tifosi, curiosi. Fin qui nulla di strano, ma ecco la novità: in campo non ci sono calciatori ma calciatrici, ed è proprio questo a farci gioire. È successo pochi giorni fa, è successo nel 2019, meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Si tratta di un passo importante e tanto atteso per lo sport, un segno di cambiamento e apertura (favorito certamente dall'ingresso gratuito allo stadio, ma non per questo meno esaltante) che sta avvenendo nel calcio, e non solo. Quel pomeriggio l'allenatrice del Milan femminile Carolina Morace assiste alla partita e twitta: "Oggi il calcio femminile conquista un grande palcoscenico! Da domani vogliamo riempire così tutti quelli d'Italia!", poi esprime un desiderio: portare presto i tifosi delle sue ragazze a San Siro.

La trasformazione è in atto e, piano piano ma inesorabilmente, abbatte i muri e le resistenze di chi, come il telecronista Sergio Vessicchio, continua a sorprendersi di fronte alla presenza in campo di una donna chiamata a svolgere il proprio lavoro. La notizia è fresca: Annalisa Moccia, guardalinee inserita nella terna arbitrale per la partita Sant'Angelo-Agropoli, viene insultata dal cronista con frasi del tipo: “È uno schifo vedere una donna arbitro” e la questione fa il giro del mondo provocando molte reazioni, tra cui quella della Fifa che esprime subito solidarietà nei confronti di Moccia. Sul suo profilo twitter l’organizzazione mondiale del calcio pubblica una foto da Doha con le donne che arbitreranno ai prossimi mondiali femminili e un messaggio chiaro tra le mani: Proud to be referees, We stand with Annalisa. Orgogliose di essere arbitri, noi stiamo con Annalisa”. In queste ore altre voci si fanno sentire, dimostrando sostegno al movimento del calcio femminile. Il presidente del Coni Giovanni Malagò, per esempio, non nasconde l’entusiasmo di fronte ai recenti successi: “Ho visto la sfida tra Juventus e Fiorentina, complimenti. Il movimento femminile sta crescendo: la Federcalcio ha il diritto e il dovere di valorizzare al massimo questo prodotto che ha dimostrato di essere una disciplina leader in quasi tutte le nazioni sportivamente più evolute”.

La rivoluzione riguarda anche la palla ovale, sport considerato maschile per eccellenza, quello dei "trenta energumeni" di Oscar Wilde, per capirci. Si è appena concluso il Sei Nazioni, l’edizione 2019 del più prestigioso torneo internazionale di rugby a 15 dell’emisfero nord. A sfidarsi ogni anno sono le sei nazionali più forti d’Europa: Inghilterra, Irlanda, Galles, Scozia, Francia e Italia. Quest’anno l’Italia vince (quasi) tutto e si piazza seconda in classifica, dopo l’invincibile Inghilterra, spazza via le altre nazionali e raggiunge un risultato straordinario che gli uomini sognano da molti, troppi anni ormai. Concentriamoci sulle ultime parole, non è un errore: a trionfare non è stata la nazionale maschile – che, al contrario, negli stessi giorni, nel torneo corrispondente, si è aggiudicata per l’ennesima volta il cucchiaio di legno chiudendo in coda alla classifica - ma la squadra femminile, un gruppo di rugbiste di altissimo livello internazionale che, meta dopo meta, stanno conquistando anche i tifosi più scettici. 

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