SCIENZA E RICERCA

Google e la citizen science svelano le nicchie culturali degli uccelli del Nord America

Leggiadri e colorati, hanno ricevuto in dono dall’evoluzione capacità canore senza pari, eleganza e il dominio sui cieli. Gli uccelli hanno sempre esercitato un fascino indiscusso sull’uomo, diventando un simbolo evocativo potentissimo. 

Sono stati fonte di ispirazione per miti e leggende come quella di Icaro, ma anche di melodie e strumenti nuovi. In molte culture e religioni sono stati considerati un tramite di comunicazione con la sfera divina. Basti pensare alle divinità degli antichi egizi, come Ra, con il volto da falco, o Thoth, il dio-ibis; o ancora ai copricapi adorni di piume utilizzati da maya, aztechi e dagli indiani pellerossa, come simbolo del valore e dell’onore di un guerriero o di un capo. Gli uccelli sono stati utilizzati come messaggeri, ambasciatori degli eventi futuri o di annunci divini, ma anche come corrieri di notizie e dispacci tra uomini. E sin dall’alba dei tempi hanno alimentato il sogno di conquistare i cieli, da Leonardo Da Vinci ai fratelli Wright.

In questa lunga storia in cui uomini e uccelli hanno incrociato il loro destino, forse anche il libro di Rachel Carson Primavera silenziosa non avrebbe avuto lo stesso impatto se non avesse alluso alla scomparsa degli uccelli e, con loro, delle melodie che inondano l’aria primaverile.

È vero anche, però, che non tutte le specie di uccelli hanno ricevuto lo stesso trattamento e gli stessi onori nel tempo. Ancora oggi alcune specie sono considerate più carismatiche di altre e qualcuna è persino detestata. Così, per capire come e perché ci relazioniamo in modo diverso a differenti specie di uccelli, un gruppo di ricercatori del Cornell Lab of Ornithology – uno dei più importanti al mondo – ha intrapreso una ricerca singolare appena pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). E stando ai risultati dello studio, gli uccelli possono essere raggruppati in quattro nicchie culturali diverse: specie celebri, amiche o nemiche, vicine di casa e sconosciute. Capire quale sentimento comune lega la popolazione a una determinata specie o a un ordine è un dato interessante che potrebbe tornare utile nei progetti di conservazione.

Tutto è cominciato con una semplice curiosità, una domanda che Justin Schuetz ha posto all’altra autrice Alison Johnston, e cioè: “Quali specie di uccelli vengono più cercate su Google dai cittadini americani?”. Potrebbe sembrare una domanda banale e superficiale, ma grazie a strumenti come Google Trends possiamo ottenere statistiche affidabili su un campione davvero molto ampio: tutti usiamo internet più volte al giorno per cercare qualsiasi cosa. E dobbiamo anche ricordarci che in America – come in Inghilterra – il birdwatching è uno degli hobby nazionali.

Schuetz e Johnston hanno quindi preso in considerazione gli uccelli più cercati dagli statunitensi su internet dal 2008 al 2017 e hanno incrociato i dati ottenuti con Google Trends con gli oltre 15 milioni di checklist caricate sul sito eBird da ornitologi e cittadini appassionati di birdwatching. Così, con un grosso progetto di citizen science, sono riusciti a raccogliere dati su 621 specie di uccelli presenti negli Stati Uniti e hanno notato che potevano essere raggruppate nelle quattro categorie menzionate sopra.

La prima l’hanno chiamata celebrity birds e accoglie tutte quelle specie che sono considerate appunto delle celebrità, conosciute e simpatiche a tutti, ricercatissime sul web in tutto il territorio nazionale e indipendentemente dalla facilità con cui si riesce a vederle. Tra queste ci sono per esempio i gufi e le civette, i più “googlati” tra tutti: è curioso vedere come questo ordine di uccelli sia passato dall’essere simbolo della saggezza al tempo dell’Antica Grecia, a diventare oggetto di superstizione come “uccelli del malaugurio” e infine oggi gode di una nuova considerazione dovuta in gran parte a una serie cult di libri e film tra i giovani, quella di Harry Potter. Il risvolto della medaglia di questa fama improvvisa, però, pone problemi di conservazione: molte specie selvatiche sono diventate richiestissime come pet, alimentando il commercio illegale

Ai celebrity birds appartengono anche i rapaci diurni, come l’aquila di mare testabianca (Haliaeetus leucocephalus), simbolo degli USA; gli uccelli di grandi dimensioni in generale, come l’airone azzurro maggiore (Ardea herodias) e poi tutte quelle specie che negli anni sono diventate le mascotte di squadre sportive, come l’ittero di Baltimora (Icterus galbula), da cui prende il nome la squadra di baseball dei Baltimore Orioles. Nel caso delle mascotte, però, non è sempre chiaro se la specie sia stata scelta come simbolo perché già famosa per altri motivi, o se è diventata conosciuta e amata dopo essere stata scelta per rappresentare la squadra sportiva. Anche se il caso del pellicano Bruno (Pelecanus occidentalis), adottato recentemente come mascotte dei New Orleans, farebbe propendere per la prima ipotesi.


Guarda la tabella dello studio effettuato


Tutti quegli uccelli cercati comunque di frequente su Google dai cittadini americani, ma solo nelle aree in cui si trova effettivamente la specie, sono state inserite nella categoria “amici o nemici”. Questo nome particolare è stato scelto perché dai dati di Google Trends non si possono estrapolare le motivazioni che spingono qualcuno a compiere la ricerca, se non facendo delle congetture. E dunque, non potendo assegnare a ogni specie un’accezione positiva (amici) o negativa (nemici) in base ai dati raccolti, i ricercatori hanno scelto di nominare così questa categoria. Tra questi ci sono volatili protetti a livello federale, come il condor della California (Gymnogyps californianus) o il gallo della salvia (Centrocercus urophasianus), che destano particolare interesse.

Ci sono poi i neighbors, cioè i “vicini di casa”: uccelli americani endemici, che vivono in territori ristretti e che sono conosciuti – e cercati – solo dalla popolazione locale. Come il picchio di Gila (Melanerpes uropygialis) che vive in una piccolissima area tra la California e l’Arizona negli Stati Uniti. O ancora la cincia dalla cresta nera (Baeolophus atricristatus) originaria del sud del Texas.

Infine, l’ultima categoria è rappresentata dagli “sconosciuti”, specie che la maggior parte degli americani deve ancora scoprire, che non conosce minimamente o che sono difficili da identificare e che di solito vengono definiti con un generico “uccellino brunastro”: è il caso del passero di Lincoln (Melospiza lincolnii).

Più in generale, la maggior parte delle persone è stata attratta da uccelli di grandi dimensioni, come i rapaci, oppure da uccelli migratori che si portano dietro il fascino del viaggio e della scoperta. O ancora da animali facilmente contattabili, che magari si posano spesso nelle mangiatoie rifornite appositamente durante l’inverno.

Tutte queste variabili devono essere prese in considerazione quando entra in gioco la conservazione delle specie, guidata da decisioni umane. Senza coinvolgere la popolazione locale, che sia di un territorio molto ristretto o di un intero stato, non può esserci conservazione. E questo studio può aiutare a comprendere meglio quali meccanismi scattano nella mente, e nel cuore delle persone, che le spingono a legarsi ad alcune specie, più che con altre. Ecco perché nei progetti di conservazione vengono scelte delle specie target che colpiscano il pubblico. Possono essere le cosiddette “specie bandiera”, che spesso sono anche “specie ombrello”: specie cioè molto carismatiche, che rientrano quindi nella categoria dei celebrity birds e che contribuiscono a proteggere un intero ecosistema, come se fosse sotto un ombrello. È il caso dell’aquila di mare testabianca, citata prima, diventata anche il simbolo della lotta al DDT. Oppure possono essere specie che forniscono un servizio ecosistemico importante: pensiamo banalmente alle rondini che ogni mangiano migliaia di zanzare e altri insetti per noi fastidiosi.

Ma secondo Alison Johnston, autrice dello studio, “la conservazione non dovrebbe limitarsi a essere un concorso di popolarità. La nostra ricerca non riguarda chi vince o chi perde in questa gara, ma vuole analizzare attraverso quali percorsi culturali le persone si legano al mondo naturale”. Questo excursus sui dati decennali di Google Trends incrociati alle checklist dei birdwatchers, ha in effetti messo in evidenza qual è lo scenario culturale attuale negli Stati Uniti e quali sono le nicchie che si sono ricavate oltre 600 specie di uccelli. L’auspicio è che un’analisi del genere, basata anche su dati di citizen science come le checklist degli appassionati di birdwatching, possa aiutare le amministrazioni e le associazioni a individuare le specie che suscitano più empatia per future campagne di tutela e conservazione della fauna selvatica.

Una strigliata dalle pagine di PNAS, però, arriva: “Facciamo attenzione alla promozione sconsiderata e improvvisa di specie assurte a simbolo di squadre o altro: la fama improvvisa potrebbe persino ridurre le prospettive di sopravvivenza a lungo termine di queste specie”. Come sta succedendo per i gufi.

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