Le bombe potrebbero tacere per 120 ore. È una flebile tregua quella in Siria, sancita dalla missione di “pace” di Mike Pompeo, segretario di Stato americano, e di Mike Pence, vice di Trump. Una tregua, “temporanea”, si affretta a puntualizzare il ministro degli Esteri turco, che non può che piacere al sultano Erdogan, presidente della Turchia: ottiene una fascia di sicurezza, profonda 32 km nel Nord della Siria, che impone ai curdi di ritirarsi dietro a quella linea, lunga 120 km e in cui inserire due dei 3,6 milioni di rifugiati che il Paese turco attualmente ospita.
Al netto della tregua, degli usi (ancora tutti da verificare) di armi proibite (le famigerate bombe al fosforo bianco) nulla è ancora risolto e a perderci sono sicuramente i curdi.
Il rumore di fondo e gli appelli
In un rumore di fondo in cui le istituzioni governative balbettano, il Consiglio di sicurezza dell’Onu lo stesso, il governo italiano promette ma poi non porta a termine uno stop alla vendita di armi ai turchi e una revisione degli accordi già in essere, si erge la voce, perlomeno, delle istituzioni pubbliche deputate al sapere, al diffondere critico del sapere e di una cultura non violenta: le università italiane.
È la Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane), assieme al Network delle Università per la Pace ad approvare una mozione – all’unanimità dell’assemblea generale – che chiede lo stop immediato a tutte le operazioni militari in Siria.
“La Crui – si legge nel documento – profondamente preoccupata a causa dell’intensificazione della violenza armata nel Nordest della Siria, soprattutto a danno della popolazione di etnia curda, scioccata dalla gravità delle notizie riportare dai media, secondo le quali persone civili, attivisti dei diritti umani e combattenti sarebbero stati uccisi, allarmata dalla minaccia alla pace internazionale […] riconosce che la tolleranza, la comprensione reciproca e la considerazione per le ragioni altrui costituiscono fondamenti della pace internazionale”.
I richiami sono molteplici: dal rispetto dei principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite, a quello per il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel territorio del Nordest della Siria. Si invocano i principi cardine che, nella pratica, sono stati violati da quando Erdogan ha deciso di iniziare la sua operazione contro quelli che considera i “terroristi”: i curdi.
“Si invoca – prosegue la mozione – una risoluzione pacifica delle dispute e dei conflitti internazionali di qualsiasi tipo, inclusi quelli di matrice ideologica, politica, etnica e religiosa, attraverso l’uso della diplomazia e del dialogo pacifico, senza alcun ricorso alla forma armata”.
Insomma l’appello è chiaro: no a una tregua provvisoria e comunque armata (cioè la fotografia della situazione attuale), ma una risoluzione del conflitto che si basi sul rispetto dei diritti umani e all’interno di un percorso di pace, non di guerra.
Il Network delle Università per la Pace
L’appello giunge alla Crui dal Network delle Università per la Pace, la rete degli atenei italiani che sono già impegnati o che intendono impegnarsi per la costruzione della Pace “positiva”. Partecipano già oltre trenta università, tra cui quella di Padova.
Lo scopo principale del network è quello di diffondere la cultura e la pratica della pace positiva, così da rafforzare la riconoscibilità dell’esperienza italiana a livello internazionale e di incrementare le ricadute positive delle azioni portate avanti dalla Rete stessa.
Il Network promuove attivamente l’attenzione alla costruzione della pace, come vocazione costitutiva della comunità universitaria e come perno di tutte le discipline in essa coltivate: dall’attività di ricerca, passando per la formazione e arrivando alla terza missione, cioè alla disseminazione del know how accademico nel territorio. E favorisce la non violenza come approccio alla gestione dei conflitti, perseguendo la natura del dialogo, del rispetto, dell’inclusione nel solco della dignità della persona, della libertà, della giustizia e della democrazia.
Non sono parole che dovrebbero essere lasciate al caso o che meritano (al contrario) di disperdersi nel rumore di fondo, in quel balbettio intermittente che in realtà la comunità internazionale sta continuando a fare. A perderci sono l’umanità, la pace e i popoli (non solo quello curdo) vessati da qualsiasi conflitto presente al mondo.