SOCIETÀ

Interesse pubblico e mercato: il Nobel per l’economia agli studi sulle aste

Hanno contribuito allo sviluppo della scienza economica con i loro studi sui meccanismi delle aste: questa la motivazione del cosiddetto Nobel per l’Economia 2020 (in realtà ufficialmente “Premio della Banca di Svezia in memoria di Alfred Nobel per le scienze economiche”, inizialmente non previsto e creato nel 1969), che quest’anno è andato a Paul R. Milgrom e Robert B. Wilson, entrambi statunitensi e professori alla Stanford University.

Quello di una gara pubblica tra diversi offerenti (in inglese auction, dal latino augere: accrescere, aumentare) è un metodo di compravendita molto antico: già i romani lo usavano per vendere il bottino conquistato in battaglia, nonché gli schiavi e i patrimoni dei debitori morosi, anche se la più vecchia casa d’aste ancora operante fu fondata a Stoccolma solo nel 1674. Con il tempo poi i meccanismi di asta sono diventati sempre più diffusi, ad esempio per fissare sui mercati il valore di partecipazioni societarie o di materie prime come petrolio o cereali (commodities). Inoltre negli Stati di diritto le aste pubbliche sono il mezzo prediletto per gli appalti pubblici, e a questo bisogna aggiungere che attraverso di esse vengono piazzati ogni giorno i vari titoli di debito pubblico: per questo i loro meccanismi sono di enorme interesse anche per cittadini e contribuenti.

In tutti questi casi le procedure d’asta mirano tramite un sistema di regole trasparenti a facilitare l’incontro tra domanda e offerta, e in quanto tali hanno da tempo attratto le attenzioni degli economisti. Molti di loro hanno riflettuto sulle dinamiche di questa tipologia di compravendita nelle sue diverse forme – a partire da quella classica o all’inglese, che parte dal prezzo più basso e si sviluppa attraverso una serie di rilanci – alla perenne ricerca dell’“asta perfetta”, che garantisca la massima soddisfazione per tutte le parti in causa. Ci sono infatti anche dei problemi, il più noto dei quali è la cosiddetta “maledizione del vincitore”, ovvero il pericolo di fare un’offerta che alla fine risulti troppo alta rispetto al valore del bene. Proprio la paura di incorrere nella winner’s curse spesso costituisce un ostacolo alla riuscita della procedura, spingendo i partecipanti a fare offerte troppo basse o addirittura a ritirarsi dalla competizione. Un bel problema soprattutto quando la vendita riguarda beni pubblici, con conseguenze per intere comunità.

Tutto questo accade perché la partecipazione a questo tipo di compravendite implica l’elaborazione di una complessa strategia in cui ad essere valutato non è soltanto il bene, ma anche il comportamento degli altri contendenti. Quanto conta il valore in sé e quanto le valutazioni dei singoli, dovute magari a informazioni incomplete o a motivazioni personali? Si tratta di una branca di studi che è stata già oggetto di attenzione da parte della giuria del Nobel nel 1996, quando a ricevere il riconoscimento fu William Vickrey, considerato il pioniere della teoria delle aste come ramo applicato della teoria dei giochi, e in cui si sono distinti anche i premiati di quest’anno. Wilson e Milgrom attraverso i loro studi non hanno solo chiarito come e perché compratori e venditori si comportano secondo certi schemi, ma hanno anche contribuito a formulare nuovi modelli di vendita di beni e servizi che in poco tempo si sono diffusi in tutto il mondo.

In particolare Robert Butler "Bob" Wilson (nato nel 1937) tra gli anni ’60 e ’70 fu tra i primi a studiare le grandi aste su commodities e beni pubblici, evidenziando come la differenza di informazioni tra i partecipanti rendesse più difficile la fissazione di un prezzo ottimale per il venditore. A questo quadro negli anni ’80 si aggiunsero poi le ricerche di Paul Robert Milgrom (1948), che analizzò il modo in cui le informazioni private dei partecipanti interagivano tra di loro, come ad esempio accade in un’asta al rialzo in cui ogni offerente riceve via via indicazioni dai comportamenti degli altri.

Il campo di prova delle nuove teorie è stata l’assegnazione delle radiofrequenze, a partire dal boom della telefonia mobile negli anni ’90. È chiaro che in questo come in altri campi la parte pubblica ha un doppio interesse: da una parte massimizzare il profitto, dall’altra favorire un servizio efficiente ed economico per i consumatori/cittadini. Per questo in un primo momento venne scelta la procedura del cosiddetto beauty contest, in cui spettava a ogni azienda a motivare la richiesta di assegnazione sulla base di una serie di argomentazioni. Si trattava però di un metodo piuttosto opaco e poco conveniente per la parte pubblica, quindi in un secondo momento si optò per concedere le frequenze in maniera quasi gratuita con un sistema di sorteggio delle licenze, divise per le diverse aree geografiche del territorio nazionale nelle quali bisognava garantire la copertura. Anche questo secondo sistema però si rivelò insoddisfacente, in quanto generava problemi nel servizio e un mercato secondario in cui soggetti privati lucravano enormi profitti sulla base della rivendita di concessioni pubbliche.

Fu in base a queste esperienze che Milgrom e Wilson, in parte con l’aiuto di Preston McAfee, elaborarono un nuovo tipo di asta, chiamato Simultaneous Multiple Round Auction (SMRA), in cui era possibile fare offerte per più lotti alla volta, tipicamente corrispondenti a differenti aree geografiche. "Il contributo dei due economisti è particolarmente importante perché hanno studiato le aste nelle quali sono banditi molteplici oggetti, il cui valore può essere diverso a seconda di quanti (e quali) oggetti ciascun offerente si aggiudica", spiega Antonio Nicolò, docente presso il Dipartimento di Scienze economiche e aziendali "M. Fanno" specializzato in microeconomia, teoria dei giochi e management strategico.

Il nuovo sistema venne utilizzato per la prima nel 1994 dalla Federal Communications Commission statunitense (FCC) per la vendita di 10 licenze, generando un profitto di 617 milioni di dollari per frequenze che fino ad allora erano state praticamente regalate alle compagnie. In seguito la FCC ha incassato oltre 120 miliardi di dollari in 20 anni tramite il nuovo sistema, che è stato utilizzato in molti altri Paesi (tra cui Spagna, Germania, Regno Unito, Canada e India); inoltre le procedure SMRA sono state usate anche in altri mercati, ad esempio per l’elettricità e il gas naturale, e sono state la base per l’elaborazione di altri modelli, permettendo di allocare in maniera efficiente le risorse e generando consistenti benefici per le casse pubbliche.

"Queste aste di grandi complessità teorica ma soprattutto di grande rilevanza economica oggi sono molto diffuse – conclude Nicolò –, non solo per le frequenze delle telecomunicazioni ma anche per i contratti di appalto, le aste del Tesoro e il mercato creato dalla Unione Europea per controllare le emissioni di inquinanti (ETS - Emission Trading System), solo per citare alcuni esempi concreti". Un esempio di come la ricerca di base possa portare benefici anche al mercato e alla cittadinanza.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012