CULTURA

L'altra metà dell'amore: il libro, il film, il marketing

Siamo abituati a trovare in commercio libri che dopo un po' di tempo diventano film. A volte, con l'avvento di Netflix e di tutti i nuovi canali che hanno delle produzioni proprie, i tempi si accorciano di molto, e capita che dopo pochi giorni il libro passi dalla libreria alla tv. Nel caso de L'altra metà dell'amore di Susan Swan, edito da SEM, il giro è stato più tortuoso. Ad alcuni questo titolo potrebbe suonare familiare, soprattutto a chi  stato adolescente quando andava di moda il telefilm The O.C, ma anche ai loro fratelli e soprattutto sorelle di poco maggiori: nel 2002, infatti, usciva in Italia l'omonimo film che, forse per la tiepida reazione della critica, non ha lasciato particolarmente il segno (in America invece era uscito l'anno prima per il Sundance Film Festival, riscuotendo un discreto successo). Da allora la pellicola sparì dai radar, e non passò mai su un canale televisivo. Fino al 2006, anno in cui Italia 1 decise di rilanciarla, trasmettendola per la prima volta in tv. Come mai questa scelta? Cos'era successo?

All'epoca gli adolescenti guardavano The O.C., una serie tv che non avrebbe sfigurato su Netflix e che raccontava le avventure di un gruppo di ragazzi californiani ricchi; una delle protagoniste, Marissa, interpretata da Mischa Barton, per un certo periodo ebbe una relazione omosessuale con una barista (interpretata da Olivia Wilde, che sarebbe diventata famosa recitando in Dr. House). E così l'8 febbraio del 2006 va in onda la puntata del primo bacio tra le due e il 14 febbraio, con un timing trasparente, Italia 1 in seconda serata trasmette anche L'altra metà dell'amore, in cui Mischa Barton assiste con emozioni contrastanti alla relazione tra due sue compagne di collegio.

Perché la pellicola tratta dal libro di Susan Swan parla proprio di questo: è una storia d'amore adolescenziale tra due ragazze, una storia intensa che ammicca a quel periodo della vita in cui seguire il cuore è tutto, si vive in un mondo a parte nel quale non si è tenuti a dare spiegazioni, né tantomeno a giustificarsi con chi non capisce, e si possono portare i sentimenti fino alle loro estreme conseguenze. Non si vuole in questo articolo criticare il film, che è anzi pregevole per alcune scelte registiche e per la colonna sonora, e che tra i meriti ha quello di portare a galla tematiche importanti, definendo l'amore come qualcosa che va al di là di tutto, compreso il genere e i gusti sessuali (l'omosessualità viene presentata come un qualcosa di contingenze: "Io non sono lesbica - dirà una delle tre protagoniste - io sono Paulie che ama Tori"). Il punto è che parliamo dichiaratamente di un film per adolescenti: il titolo originale è Lost and delirious, e viene messa in evidenza una condizione di solitudine esasperante, mista al desiderio di sentirsi parte di qualcosa di più grande, mentre un tornado autodistruttivo manda in esilio la speranza. È tutto molto lirico, non c'è spazio per lo scherzo e l'ironia: ogni parte allegra della vita delle studentesse è minacciata da quel tornado che lascia presagire il finale.

Per quanto riguarda il libro, il discorso è molto diverso. Dopo trent'anni dalla sua uscita viene pubblicato anche in Italia (da SEM nel 2022) e i lettori possono scoprire finalmente che c'entra poco o nulla con il film, di cui però mantiene il titolo. L'altra metà dell'amore, però, non è neppure il titolo originale che aveva scelto Swan (era The wives of Bath, un omaggio alla novella di Geoffrey Chaucer) e in copertina c'è, non a caso, una scena del film, per la precisione un quasi-bacio tra Paulie e Tori. Questa scelta risulta un po' banalizzante, soprattutto alla luce dei contenuti. Nell'introduzione (non leggetela prima del libro, ci sono molti spoiler) l'autrice cerca, con scarso successo, di convincere i lettori che è felice che il senso del libro sia stato rivoltato come un calzino nella pellicola, perché cambiano i tempi, è necessario avvicinarsi a persone diverse, il film è il prodotto della sensibilità di altri artisti e via dicendo. L'autrice ammette di essere rimasta perplessa solo per il fatto che il film è ambientato ai giorni nostri (più o meno, parliamo comunque degli anni Duemila), anche se l'inquadramento storico era un punto importante dell'opera originale (la protagonista scrive appassionate lettere al presidente Kennedy, che vede come un padre che fa le veci del suo. L'assassinio di Dallas, inoltre, ha una parte importante nella storia e una parte importantissima hanno le rivendicazioni femministe che avrebbero trovato molto spazio di lì a poco). La verità è che il cambio di ambientazione è uno degli strappi meno violenti che la sceneggiatura del film ha fatto: si fa molta fatica a capire come un romanzo che prende le mosse da un fatto di cronaca estremamente cruento si sia potuto trasformare in un film d'amore per adolescenti, ma è proprio così.

Swan, infatti, si è ispirata alla storia vera di una diciassettenne lesbica: non possiamo essere più precisi per evitare spoiler sul finale (di nuovo: non leggete l'introduzione del libro), ma ci limitiamo a dire che si sarebbe adattato di più a un film dell'orrore. E non è solo il finale a stridere con quello lirico del film. I temi del libro vanno oltre l'amore, l'accettazione e il coraggio di essere se stessi. Si parla della condizione della donna in quegli anni, e ogni pagina è pervasa da un senso di ingiustizia che colpisce tutti i personaggi, anche quelli più inquadrati nel sistema. Perché una donna non può essere pagata come un uomo per fare lo stesso lavoro (la direttrice del collegio svela alla sua amante che era convinta che la cifra che le avevano promesso fosse quella di un semestre e non dell'intero anno), farà sempre un'immensa fatica a vivere senza un uomo al suo fianco e non potrà aspirare a nessun tipo di potere ("Il Collegio Femminile di Bath era solo un feudo nel regno degli uomini" dirà Mary).

Anche per questo Paulie si traveste da uomo, e per questo Mouse si fa trascinare in quella che poi, in fase processuale, risulta un po' una follia, facendo la stessa cosa: è per rubare, con tutta la malizia del caso, quel potere che hanno gli uomini, quella sicurezza che possono sventolare davanti a tutti per un diritto di nascita che non prevede alcun particolare merito a monte.

Io volevo qualcosa di più grandioso di un pene. Volevo quello che aveva il mio eroe, il presidente Kennedy: coraggio, stile personale, una vita piena d'azione e un intelletto Susan Swan

In questo libro vengono fusi con equilibrio stupefacente problemi come la discriminazione sessuale e la disforia di genere, lasciando tutto sfumato, perché nemmeno la protagonista che racconta la storia è riuscita a capirla del tutto.
Di nuovo, l'omosessualità è una parte, nemmeno troppo importante, dell'equazione (non è neppure chiaro se Tori, che risulta nel libro un personaggio marginale, sia conscia che il suo ragazzo è in realtà una donna) e questa è una delle poche cose che hanno in comune libro e film, tanto da chiedersi perché si sia deciso di intitolarli, in traduzione, nello stesso modo.
Nel complesso, entrambe le opere sono apprezzabili, anche se probabilmente da due pubblici diversi. Sulle scelte editoriali, cinematografiche e quindi, in ultima analisi, commerciali meglio non andare oltre.

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