SOCIETÀ

L'arresto di Matteo Messina Denaro è una vittoria dello Stato?

“Oggi con l'arresto di Matteo Messina Denaro si chiude davvero una delle più drammatiche stagioni della storia della Repubblica”, “Il 16 gennaio sia giornata dell’antimafia”, "Una grande vittoria dello Stato che dimostra di non arrendersi di fronte alla  mafia". Sono queste le prime dichiarazioni che abbiamo ascoltato in seguito all’operazione che ha portato, lunedì mattina, all’arresto del latitante Matteo Messina Denaro. Ma lo è veramente una grande vittoria per lo Stato? Arrestare un uomo ricercato da 30 anni e considerato uno dei latitanti più pericolosi del mondo, farlo nel momento di massima debolezza dello stesso mentre è in una clinica privata rinomata in tutta la Sicilia per la cura dei tumori, significa veramente che lo Stato ha vinto?

Lo Stato vince quando riesce a dare verità e giustizia ai suoi cittadini e per troppe stragi di mafia verità e giustizia ancora non si intravedono. Sicuramente l’azione che ha portato all’arresto di Matteo Messina Denaro è stata encomiabile, e le donne e gli uomini che hanno partecipato alle indagini sono da elogiare per perseveranza ed abilità, e certo, l’arresto del boss è una notizia che apre alla speranza di poter avere queste verità e giustizia. Ma se dobbiamo appellarci alla speranza che un mafioso parli per scoprirle, significa che in troppi in questi anni hanno fatto finta di nulla. Troppe volte Matteo Messina Denaro è sfuggito alla cattura anche quando le forze dell’ordine erano a pochi passi da lui, un segnale che la rete dei fiancheggiatori è sempre stata molto attenta ed attiva. Se lo Stato deve aspettare che sia il boss a parlare e svelare tutta la sua rete significa che, comunque vada, un piccola parte di quello Stato ha remato verso un’altra parte.

Matteo Messina Denaro per più di 30 anni è stato il “numero uno” della lista dei super-latitanti italiani. Nato il 26 aprile del 1962, nella scheda presente nel sito del Ministero dell’Interno si legge chiaramente che fino ad oggi era “ricercato dal 1993, per associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto ed altro”. A Messina Denaro sono riconducibili molti dei più tragici fatti sanguinosi della nostra storia recente: dal rapimento del piccolo Giuseppe di Matteo, alla guerra di mafia contro le famiglie di Marsala e del Belice, dall’omicidio di un proprietario d’albergo di Triscina, colpevole di ritenerlo una persona non gradita e d’averlo detto alla sua impiegata, che era l’amante del boss, all’uccisione di Vincenzo Milazzo e, pochi giorni dopo, anche della sua compagna Antonello Bonomo, incinta di tre mesi. Oltre a ciò il 21 ottobre 2020 la Corte d’Assise di Caltanissetta l’ha condannato per essere stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Insomma una sfliza di omicidi, stragi, condanne per un uomo che ha la verità su diversi fatti oscuri che noi italiani portiamo sulla coscienza.

“Le mafie non sono riducibili ai loro capi, non lo sono mai state e oggi lo sono ancora di meno” ha dichiarato Don Luigi Ciotti commentando l’arresto, ed è proprio da ciò che dobbiamo partire. Non si devono commettere gli stessi errori di 30 anni fa con Totò Riina, e non si devono usare toni trionfalistici per poi dimenticarsi dell’accaduto solo dopo pochi giorni. Le mafie si possono sconfiggere certo, “sono fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”, diceva Giovanni Falcone, ma a credere che l’arresto di Matteo Messina Denaro porti ad un ridimensionamento della criminalità organizzata si farebbe un grave errore. 

Le mafie, tutte le mafie, in questi 30 anni hanno cambiato volto. Hanno imparato dai loro errori e sono mutate come è mutata la società. Il volto delle mafie ora è imprenditoriale, è camaleontico, è basato su corruzione, tecnologia, impresa e sempre meno sulle armi. Questo non significa che le stesse non uccidano più, dire ciò sarebbe non riconoscere la realtà e mancare di rispetto alle oltre mille vittime innocenti della criminalità organizzata che il nostro Paese ha sulle spalle. Ma allo stesso tempo a credere che l’arresto di una persona tanto potente quanto enigmatica possa dare un duro colpo alle mafie si rischierebbe di essere fin troppo ingenui.

L’augurio che dobbiamo farci, tutti noi, è che l’arresto di Matteo Messina Denaro, unito al suo stato di salute e all’età, lo porti a collaborare con la magistratura per fare i conti con il passato e chiudere veramente una parte di storia italiana. C’è da far luce sugli omicidi, sulle stragi, ma anche sulla sua latitanza e su chi, in questi 30 anni, l’ha aiutato e sostenuto. Non sappiamo i luoghi che ha frequentato, non sappiamo con certezza se sia sempre rimasto in Sicilia, se abbia frequentato anche altre regioni o altri Paesi e soprattutto non sappiamo fin dove si sia spinta la sua rete. Conoscere queste cose significherebbe dare verità e giustizia alle vittime e forse chiudere veramente i conti con il passato, un passato che per molta gente non lo è mai stato di fatto, siano essi vittime innocenti delle mafie o siano essi fiancheggiatori o in concorso con le stesse.

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