SOCIETÀ

L’autunno 1989 e quei cedimenti nel Muro

Mancavano pochi giorni alla caduta e già si avvertiva qualche scricchiolio al di là della Cortina di ferro. Nessuno però si aspettava che in poco tempo tutto sarebbe venuto giù: “Solo oggi cominciamo a capire davvero cosa è successo”, ha detto una volta a Il Bo Live Gian Enrico Rusconi. Oggi Antonio Varsori, storico delle relazioni internazionali che alla fine della guerra fredda ha dedicato diversi studi e volumi – tra cui L'Italia e la fine della guerra fredda. La politica estera dei governi Andreotti (1989-1992), Bologna 2013 –, lo conferma: “Nell’estate e nell’autunno 1989 si pensa ancora di andare verso un periodo di maggiore distensione tra est e ovest, un processo graduale che probabilmente durerà anni”.

Professor Varsori, qual è la situazione immediatamente prima della caduta del muro?

“Ci sono stati gli accordi sugli euromissili e il dialogo tra Gorbaciov e Reagan; nessuno però ritiene che ci sarà un crollo così rapido di tutto ciò che per 45 anni ha rappresentato l’elemento fondamentale delle relazioni internazionali. Del resto è difficile pensare che l’Unione sovietica sia disposta ad abbandonare improvvisamente una qualche forma di influenza sull’Europa orientale”.

Era difficile pensare che l’Unione sovietica avrebbe abbandonato improvvisamente ogni forma di influenza sull’Europa orientale

Proprio niente fa presagire quello che accadrà?

“Nei Paesi del blocco sovietico ci sono sicuramente alcuni sintomi di democratizzazione, a cominciare dalla Polonia. Uno dei problemi di fondo sono i rapporti tra Urss e gli stati satelliti: se negli anni ‘40 e ‘50 questi erano sfruttati economicamente, a partire dagli anni ‘70 sono proprio i russi a tenerli in piedi. D’altra parte l’Unione Sovietica è in una posizione politica ed economica persino peggiore, e non dimentichiamo che tutti questi Paesi sono indebitati fino al collo con l’Occidente”.

Perché si è arrivati a questo punto?

"Per non far arrabbiare la gente. Nei cantieri di Danzica le prime proteste ci sono nel 1970, poi si ripetono nel 1980-81. Se il sistema economico non funziona e non riesce e produrre beni di consumo – e spesso nemmeno a riempire i negozi di alimentari – prima o poi l’opinione pubblica si arrabbia. Allora che si fa? Si prende a prestito dalle banche e dalle nazioni occidentali per comprare beni e tentare di tener buona la propria popolazione. Questo però significa indebitarsi e alla fine arriva la stretta, che significa aumentare i prezzi dei beni di prima necessità. Si arriva così che alla fine degli anni ’80 questi Paesi sono sull’orlo del tracollo, con in testa proprio la Polonia".

In Polonia cosa succede?

"Il generale Jaruzelski tenta un dialogo con l’opposizione, con l’obiettivo di coinvolgerla in parte nel potere mantenendo però il controllo del Paese. Vengono così organizzate elezioni ‘semilibere’ nell’estate 1989 (con il 65% dei seggi parlamentari riservato al partito comunista e ai suoi satelliti e il 35% eletto liberamente, ndr). Alla fine però Solidarność vince dappertutto, quindi il generale Jaruzelski è costretto ad affidare la formazione del governo a Tadeusz Mazowiecki, esponente cattolico che di fatto rappresenta l’opposizione al comunismo".

Quindi è Solidarność la spina nel fianco del blocco comunista?

"Insieme all’Ungheria, dove però la questione è diversa. Qui dopo l’arrivo al potere nel 1956 János Kádár addotta la politica del ‘Comunismo Goulash’, dove si lasciano dei minimi margini di libertà economica. Poi però negli anni ’80 anche gli ungheresi si trovano indebitati come gli altri, soprattutto nei confronti della Germania; inoltre Kádár ormai è vecchio, ci vuole un ricambio. Emerge così una nuova generazione di comunisti riformisti di impronta gorbacioviana: propongono dialogo con le opposizioni, democratizzazione, libertà di espressione, persino qualche apertura al capitalismo. Cercano di mantenere il potere con il consenso invece che con la costrizione; il piano non funzionerà, ma intanto pensano di fare un favore alla Germania eliminando la Cortina di ferro al confine con l’Austria".

E i cittadini della DDR in vacanza iniziano ad attraversare il confine in massa…

"Anche Cecoslovacchia i “turisti” della Germania Est invadono le ambasciate occidentali: la dimostrazione che il sistema era già al limite. La DDR prova a salvare il salvabile sostituendo Honecker con Krenz, ma intanto il Paese è percorso da manifestazioni contro il regime. E a poco a poco lo slogan passa da Wir sind das Volk, noi siamo il popolo, a Wir sind ein Volk, siamo un (solo) popolo".

Gli altri Paesi europei comunque sono perplessi.

"Diciamo la verità: all’inizio una Germania unita non la vuole nessuno. Dobbiamo pensare che Mitterand, la Thatcher e anche Andreotti erano già adulti durante la seconda guerra mondiale. Thatcher nella visione tradizionale inglese non vuole un’Europa egemonizzata dai tedeschi, mentre Andreotti teme soprattutto la fine dell’equilibrio, che prima o poi porterà inevitabilmente a mettere in discussione altri confini. Mitterand pensa di controllare la nuova Germania con l’invenzione dell’Euro: infatti nel 1992 ci sarà il trattato di Maastricht.  E Kohl? Vede l’occasione e ci si butta. Molti lo davano come politico mediocre, e invece…".

Dalla dottrina Breznev alla fine degli anni ’80 si passa alla ‘dottrina Sinatra’. My Way: ognuno faccia come gli pare.

Gorbaciov che fa?

"Niente e, detto tra noi, non sa cosa fare. I problemi dell’Unione Sovietica sono talmente gravi che non può pensare a quelli degli altri. Dalla seconda metà degli anni ’80 ritiene che i vecchi gruppi dirigenti comunisti debbano andarsene ed essere sostituiti dai riformisti gorbaciovani. La sua è buona volontà, ma è troppo poco e troppo tardi, il sistema è ormai irriformabile".

In realtà dice di voler salvare il socialismo…

"Certo, e sa quali erano i suoi modelli? Il Partito Comunista Italiano e in parte il ‘socialismo dal volto umano’ di Dubček.  Comunque non ha né modo né voglia d’intervenire. Se negli anni ’60 c’era la dottrina Breznev, che asseriva il diritto d’intervento dell’Urss nei Paesi satelliti, alla fine degli anni ’80 si passa – stando a quello che disse una volta Gennadij Gerasimov, collaboratore di Gorbaciov – alla ‘dottrina Sinatra’. My Way: ognuno faccia come gli pare".

>> SPECIALE 1989

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