SOCIETÀ

Lina Merlin: una minuta gigantessa politica

Angelina Merlin viene costantemente ricordata “solo” per la legge che rendeva illegali le cosiddette “case chiuse”, in cui erano relegate le donne che esercitavano la prostituzione e che di fatto erano prigioniere dell’imperativo di un decoro ipocrita.
In realtà la sua figura politica non si limita a questo: la sua battaglia per i diritti delle donne e, più in generale, dei più deboli rende la sua ideologia per molti versi contemporanea, tanto che al convegno Lina Merlin, antifascista socialista e senatrice della Repubblica (mercoledì 24 ottobre alle 9.30 nell’Aula Magna di Palazzo Bo) saranno presenti 150 studenti delle ultime classi dei licei padovani per una giornata di studio sulla personalità storica e politica di questa “senatricetta”, come lei stessa si definiva, che riusciva a farsi valere in un ambiente maschile.

Lina Merlin era originaria di Pozzonovo, ma era cresciuta a Chioggia con la nonna, visto che la sua famiglia era molto numerosa. Prima di diventare senatrice, era un’insegnante come sua madre e proprio Padova aveva ottenuto l’abilitazione all’insegnamento. Dopo la Prima Guerra mondiale si era iscritta al Partito Socialista, quando, in quanto donna, non poteva né votare né essere eletta, e nel 1926 è stata una dei pochi a rifiutarsi di giurare fedeltà al regime fascista: questo le costò il licenziamento prima e il confino in Sardegna poi. All’epoca la Sardegna era una regione molto arretrata dove si pativa la fame in modo particolare: Lina però non era tipo da perdersi d’animo, e si impegnò a insegnare a leggere e a scrivere alle donne del luogo, perseguendo quegli ideali di riscatto che sono sempre stati al primo posto nella sua storia politica.

E chi pretendeva di abolire la prostituzione? Io?! La mia legge mirava solo a impedire la complicità dello Stato Lina Merlin

Il 10 giugno del 1948 è la prima donna a parlare in Senato, in un intervento sugli scontri tra braccianti e polizia in Polesine che avevano portato alla morte di un giovane di 24 anni.

“Tutti ricordano Lina per la Legge 75 – conferma Anna Maria Zanetti, giornalista e saggista e portavoce del Comitato nazionale Lina Merlin, la Senatrice – ma in realtà lei ha sempre lottato per i diritti dei più deboli, uomini o donne che fossero. Per questo noi del comitato vogliamo portare un busto di Lina Merlin a Palazzo Madama, perché è un simbolo della storia di riscatto dei diritti nel nostro paese.”
Zanetti studia Merlin da 12 anni e con Luccia Danesin è la curatrice del libro La Senatrice, edito da Marsilio. Nel libro si parla della legge Merlin, di come lei fosse osteggiata persino dai suoi compagni di partito, perché in quella cultura maschilista era impensabile essere privati del diritto del piacere a pagamento, indipendentemente dallo schieramento politico di appartenenza; viceversa, era molto amata dalle donne, che spesso le scrivevano per ringraziarla, o per descriverle le condizioni disperate in cui erano costrette a lavorare, tra violenza e ricatti. Ma nel libro si ricordano anche le altre battaglie di Lina, che fu l’unica senatrice donna della seconda legislatura ’53-’58: solo negli anni Settanta le donne, anche grazie a lei, hanno potuto entrare in magistratura e nelle forze dell’ordine. Ottenne anche l'eliminazione del concetto burocratico di “figlio illegittimo”, facendo cancellare dalle carte d’identità la dicitura “figlio di n.n.” se il bambino non aveva un padre, quasi che la madre non contasse abbastanza. Lottò anche per vietare il licenziamento delle donne incinte o in procinto di sposarsi.

Una delle cose più importanti che dobbiamo a Lina Merlin risale però a molti anni prima, quando fu una delle 21 donne dell’assemblea Costituente (l’unica veneta). Venne assegnata al gruppo che si sarebbe occupato di formulare i diritti inderogabili degli italiani, scrivendo quello che diventerà l’articolo 3 della Costituzione, tra i principi fondamentali. Anche qui, era l’unica donna. Inizialmente l’articolo doveva essere “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, ma Lina impose un emendamento: tutti i cittadini devono avere pari dignità sociale "senza distinzione di sesso". I colleghi lo davano per scontato, sostenendo che “cittadini” comprendeva sia gli uomini che le donne, ma lei riuscì a farlo esplicitare. Potrà sembrare banale, ma anche in virtù di questo negli anni successivi ci si è potuti riferire a quell’articolo per tutte le battaglie sul diritto di famiglia e di uguaglianza sul lavoro: “Già questo è un merito inossidabile” conclude Zanetti.

Intervista di Enzo Biagi

Il convegno di mercoledì è organizzato dal centro per la Storia dell'Università di Padova  con il contributo dell’Università di Padova e del Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali ed è un omaggio doveroso a questa donna piccola e minuta che diventava un gigante politico quando si parlava di giustizia sociale.

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