SCIENZA E RICERCA

L'incredibile caso dell'uomo che non riesce a “vedere” i numeri

È un caso più unico che raro quello di RFS, un uomo affetto da una insolita forma di degenerazione neurale che gli impedisce di identificare i numeri, ma non le lettere o i simboli. L'uomo ha accettato di sottoporsi a diversi test, e il suo caso è stato seguito, per 8 anni, da un team di neuroscienziati della Johns Hopkins University, che hanno scelto di chiamarlo RFS per tutelare la sua privacy e non rivelare la sua identità.

È stato verso la fine degli anni Sessanta che l'uomo iniziò a sviluppare diversi sintomi, come mal di testa, amnesia, tremori e difficoltà a muoversi. I medici ci misero diversi anni per scoprire che RFS soffriva di sindrome corticobasale, una malattia che uccide le cellule cerebrali causata da un grave danno a due aree del cervello: la corteccia e i gangli della base.

Il più singolare dei sintomi è senza dubbio l'impossibilità, per questo paziente, di riconoscere i numeri, pur essendo in grado di svolgere complessi calcoli matematici a mente. Questo deficit incredibilmente specifico gli impedisce di riconoscere, in particolare, le cifre dal 2 al 9. Perché questo non valga per lo 0 e l'1, gli studiosi non sono in grado di dirlo con certezza, anche se il motivo potrebbe nascondersi nella loro somiglianza a delle lettere.

Per questo motivo, nel 2011, il team di scienziati della Johns Hopkins University ha elaborato un sistema per sostituire ogni numero con una lettera sul computer su cui RFS lavorava.

In un articolo recentemente pubblicato su Pnas, Teresa M. Schubert, David Rothlein e Trevor Brothers, che sono tra gli scienziati che hanno lavorato con RFS, riportano i risultati del loro studio ed esprimono diverse considerazioni sulla relazione tra percezione e consapevolezza.

Nell'articolo, gli autori respingono l'ipotesi che i problemi di RFS abbiano un'origine psichiatrica, e il consulto con uno specialista ha contribuito a escludere la possibilità. Sembra che la metamorfopsia selettiva di cui soffre l'uomo, infatti, sia dovuta a una compromissione dei processi percettivi e cognitivi.

RFS non vede consapevolmente i numeri. Guardandoli scorrere su uno schermo, infatti, ha mostrato agli scienziati, con una comprensibile frustrazione, di non riuscire a distinguere altro che chiazze disomogenee.

I neuroscienziati sono rimasti inoltre sorpresi di scoprire che RFS non riusciva a riconoscere i numeri neanche tenendo tra le mani una stampa in 3D delle singole cifre. Al tatto ne riconosceva i bordi e la forma, ma guardandola non riusciva comunque a distinguerla correttamente.

Per questo motivo, gli studiosi hanno iniziato a pensare che il suo non fosse solo un malfunzionamento visivo ma un deficit nell'interpretazione di ciò che vedeva.

Quando al paziente venivano mostrati dei volti incorporati dentro lettere, questi era in grado di riconoscerle entrambe, ma quando le forme dei visi venivano inserite in numeri, ecco che, nuovamente, RFS non era in grado di vedere altro che macchie.

Sottoponendo però l'uomo all'elettroencefalogramma, la sua attività cerebrale mostrava un'onda caratteristica per il riconoscimento dei volti, chiamata N170, in entrambi i casi. Questo vuol dire che, nonostante la sua percezione consapevole fosse impedita dalla presenza dei numeri, il suo cervello stava comunque identificando un volto.

Il fatto che RFS fosse in grado di riconoscere le lettere ma non i numeri, sostiene inoltre l'ipotesi che il cervello operi meccanismi specifici per elaborare i numeri. Studiare il suo caso, poi ha dato anche agli scienziati la possibilità di studiare l'origine della consapevolezza cosciente.
In altre parole, sembra che la relazione tra elaborazione cognitiva e coscienza non sia così scontata, dato che il cervello del paziente in questione sembra essere in grado di svolgere delle attività di cui lui non è consapevole.

Se il cervello di RFS era in grado di riconoscere i numeri ed elaborare dati senza che lui ne fosse consapevole, viene spontaneo chiedersi allora in che modo l'attività neurale, che è comunque innescata dagli stimoli che provengono dal mondo esterno, possa avvenire senza che ci sia consapevolezza visiva.
Davvero è possibile che il cervello riconosca ed elabori informazioni dal mondo esterno mentre noi ne siamo incoscienti?

Per ora non è possibile sapere se e come gli studi sulla relazione tra elaborazione cognitiva e consapevolezza continueranno, perché la salute di RFS è peggiorata, impedendogli di sottoporsi a nuovi esami.

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