SCIENZA E RICERCA

L'oasi della ricerca nel deserto dell'Arabia Saudita

Un’oasi per la ricerca, un punto di incontro tra il mondo occidentale e quello arabo: così è visto il Kaust, King Abdullah University of Science and Technology, un istituto universitario privato, aperto nel 2009 in Arabia Saudita e fortemente voluto dal defunto re Abdullah bin Abdulaziz Al Saud. Collocato sulla costa del mar Rosso, tra acqua e deserto, il Kaust si pone l’obiettivo di diventare una delle strutture di ricerca più avanzate al mondo, compiendo così un importante passo verso la modernizzazione del paese. 

Con un investimento iniziale di dieci miliardi di dollari, il Kaust mette in primo piano della sua offerta didattica e di ricerca temi legati al futuro del pianeta, come alimentazione, acqua, energia, soprattutto rinnovabile, e sviluppo. La struttura accoglie tre dipartimenti, dedicati ad ambiti scientifici e ingegneristici, e diversi centri di ricerca che promuovono approcci innovativi, cercando di attrarre talenti internazionali.

Essendo un’università piuttosto giovane, il Kaust si fonda su valori che tendono ad allinearsi ai cambiamenti sociali mondiali, in contrasto con il resto del paese: tra questi c’è l’apertura all’istruzione e ai programmi di ricerca a entrambi i generi, conquistando così il posto come prima università in Arabia Saudita ad essere mixed gender e senza obblighi religiosi.

Un ponte, come lo definiscono gli stessi ideatori del progetto, tra popoli e culture: secondo i dati riportanti dal Kaust, il 65% degli studenti e ricercatori proviene da paesi al di fuori dell’Arabia Saudita. Tra questi c’è anche Veronica Colombo, alumna dell’università di Padova, che ha trascorso 4 mesi nell’istituto lo scorso anno. “Il gruppo di ricerca in cui sono stata si occupava di nanotecnologie e materiali: abbiamo studiato delle tecniche per disperare nanotubi di carbonio, materiali molto piccoli e costosi - spiega Veronica-, utilizzati in una vasta gamma di settori. Questi nanotubi sono poco comuni in Europa, visto l’elevato prezzo, la difficoltà nel produrli e al tempo stesso utilizzarli”.

Oltre all’esperienza all'interno del dipartimento, Veronica ha deciso di tornare nello stesso anno al Kaust per altri due mesi, con lo scopo di approfondire il fenomeno della catalisi. In questa occasione, ha collaborato direttamente con un centro di ricerca presente nella struttura: “Le decisioni relative alla ricerca, che vengono prese nei diversi ambiti, sono coordinate dall’alto, c’è un team che si occupa proprio di come gestire questa attività. Ogni gruppo di ricerca lavora individualmente ma in alcuni casi, per accorciare i tempi, si chiede aiuto ad altri centri per analisi o valutazioni”.

Sono presenti 19 aree di ricerca, indirizzate per lo più alla risoluzione delle sfide globali, con una marcata propensione verso l'interdisciplinarietà. Particolarmente interessanti sono le pubblicazioni legate all’ecosistema locale: tra le varie realtà spicca il Mar Rosso. Nelle ricerche e progetti a medio lungo termine, i ricercatori del Kaust si sono concentrati principalmente sulla geomorfologia del fondale marino, sulla biodiversità e resistenza dei coralli alle alte temperature e livelli di salinità, sullo sviluppo di energia eolica a ridosso delle coste e sull’inquinamento, soprattutto di materiale plastico

Anche la tecnologia gioca un ruolo importante all’interno di questa realtà: tra le diverse strumentazioni, l’università ospita anche il super computer Shaheen, il più potente in tutto il Medio Oriente: il sistema, giunto alla sua seconda progettazione, concentra la propria attività principalmente su questioni relative all’ambiente, alle bioscienze, alla scienza e ingegneria dei materiali, alla matematica applicata e alle scienze computazionali.

Per quanto riguarda le pubblicazione di articoli, il Kaust sta aumentando le collaborazioni a livello mondiale con università e istituti. Nel 2016 e nel 2017, infatti, l’università saudita ha raggiunto la prima posizione nel Qs world university ranking per quanto riguarda le citazioni per facoltà, un metro di giudizio che corrisponde al numero totale di citazioni di documenti provenienti da un’istituzione in un periodo di 5 anni moltiplicato per il numero di membri di una determinata facoltà, sia insegnanti che ricercatori.

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