SOCIETÀ

L’Unione sopravviverà alla crisi da coronavirus?

Il 2020, già annus memorabilis per l’Unione europea, alle prese con due sfide di rilevante incidenza per la sua tenuta e i suoi sviluppi, quella posta dalla Brexit e quella del grande dibattito pubblico che dovrebbe svolgersi in seno alla “Conferenza sul futuro dell’Europa” con i suoi possibili esiti di riforma, è diventato, drammaticamente, un annus horribilis, per via di una terza e assai più dura sfida, quella posta dal flagello di una nuova ‘peste nera’, a suo modo: la pandemia di coronavirus.

Un evento che non ha precedenti recenti nella storia europea (anche se fa tornare alla memoria quelli di tempi lontani, con analoghi sentimenti di paura, dolore e smarrimento). E tuttavia si tratta di un evento legato da un filo rosso con quelle altre sfide che l’Unione si trova ad affrontare; per il motivo che, ancor più di queste, ne tocca il cuore, colpendo direttamente e individualmente la salute e la vita dei suoi cittadini.

Si può giusto partire da qui, per notare subito quanto può essere pesante il costo della ‘non Europa’, specialmente in termini di danno d’immagine causato agli occhi della gente da scene di morte, di sofferenza e desolazione, in una Unione che non solo difetta di competenze proprie in materia di sanità pubblica, ma anche del presupposto stesso per un effettivo coordinamento delle politiche (nazionali) in materia (che può avvenire solo su base volontaria da parte dei singoli stati membri), e che non può che essere rappresentato da un vero spirito di solidarietà e da una condivisione strutturata di risorse (incluse quelle finanziarie) e di capacità per far fronte alla minaccia comune e alle sue conseguenze distruttive per la vita sociale ed economica, non da ultimo.

Infatti, l’aspetto economico della crisi non è meno importante di quello sanitario, da un punto di vista sociale, non solo per via del suo impatto su stili di vita (includendovi la liberta di movimento), ma anche per via degli effetti a catena in campo monetario (finanza pubblica, banche e accesso al credito), produttivo (imprese), occupazionale e del consumo.

Non a caso, la presidente Christine Lagarde, neopresidente della Bce, dopo un primo passo falso (con una sua dichiarazione frettolosa con la quale gelava i mercati finanziari sostenendo che non è compito della Bce preoccuparsi di intervenire per “ridurre gli spread”), ha saggiamente corretto il tiro, con un editoriale a sua firma apparso sul Financial Times (e ripreso come su  altri quotidiani di tutta Europa) dove, sottolineando il rischio che a causa della pandemia di coronavirus “l’attività economica della zona euro calerà considerevolmente”, viene affermato con forza il ruolo della banca centrale dell’Unione, di fronte a questa emergenza, in termini inequivoci: “Le politiche sanitarie e fiscali devono essere in prima linea.

La politica monetaria ha insieme con esse un compito vitale.  La politica monetaria deve mantenere liquido il settore finanziario e garantire condizioni di finanziamento a sostegno di tutti i settori dell'economia. Ciò vale ugualmente per individui, famiglie, imprese, banche e governi”. Fino ad arrivare a concludere con un richiamo all’impegno della Bce “a fare la sua parte per sostenere ogni cittadino dell'area euro in questo momento di estrema difficoltà”, che si chiude con l’ulteriore affermazione che: “la Bce è al servizio del popolo europeo”!

Buone notizie, quindi, da Francoforte, sull’onda di una dichiarazione così esplicita (anche se con un po’ di enfasi retorica, peraltro giustificata dalle circostanze) che, almeno nelle intenzioni, sembra collocare l’Unione in una sua propria ‘modalità federale’; con uno sguardo lungimirante, in sintonia con l’idea di unire la politica monetaria con quella fiscale, in vista di quella sovranità democratica europea necessaria alla sua credibilità istituzionale, a base di un bilancio comune europeo, senza il quale l’euro continuerà a rimanere una moneta incerta e instabile (senza una qualche forma di statualità che ne faccia da supporto e garanzia).

In questa prospettiva, sotto la pressione della crisi sanitaria, sembra ottenere maggiore consenso anche l'idea di Eurobond per aiutare gli sforzi comuni da realizzare a livello nazionale e dell'Unione per superare l'emergenza e rilanciare l'economia, in tutti i paesi dell'UE più o meno colpiti dall’epidemia con il suo carico di vittime e danni economici e sociali, presenti e futuri.

Tutto ciò conduce però in una sola direzione: quella indicata dall’esigenza di ridisegnare l’architettura politico-istituzionale dell’Unione e relativa sfida rappresentata, al riguardo, dalle ambiziose aspettative manifestate sia dalla Commissione che dal Parlamento europeo, concernenti il lancio della “Conferenza sul futuro dell’Europa. Stando a queste aspettative, la Conferenza è chiamata a promuovere la partecipazione dei cittadini (e degli attori della società civile, organizzazioni, movimenti, associazioni ambientaliste, etc.), allo scopo di sostenere un “nuovo slancio per la democrazia”, in ragione del quale i cittadini europei “dovrebbero svolgere un ruolo guida e attivo” (secondo le parole del presidente Ursula von der Leen, contenute nel programma della nuova Commissione).

Invero, la Conferenza sembra essere focalizzata sia sulle politiche dell'UE (cosa fa/dovrebbe fare l'Unione) sia sulle istituzioni dell'UE (cos’è/dovrebbe essere l'Unione). Ma se c’è una lezione che può essere rapidamente appresa dall'emergenza sanitaria, è che le politiche, intese a loro volta come competenze e procedure, devono essere attuate correttamente ed efficacemente sulla base di un insieme istituzionale di potere governativo, centrato democraticamente in termini di credibilità e sostenibilità politica e finanziaria (sovranità democratica europea).

In conclusione.

Quali potranno essere i risultati della Conferenza e, soprattutto, se e in quali modi si potrà svolgere nelle sue varie fasi come originariamente previste, stante l’emergenza sanitaria e la sua durata fino a quando non sarà definitivamente superata, è difficile prevedere.

Di certo tuttavia, specialmente in esito alle conseguenze e alla percezione che questa emergenza lascerà nella vita e nell’opinion delle popolazioni europee, le principali questioni a base della Conferenza e le soluzioni prospettabili, insieme con la possibilità di metter mano a riforme capaci di “promuovere la democrazia e i valori europei e garantire un funzionamento più efficiente dell’Unione e delle sue istituzioni”, saranno il vero banco di prova su cui verificare se l’Unione sopravviverà alla pandemia riguadagnando slancio e vigore, oppure si chiuderà ancor più in una sorta di quarantena che finirà per consumarne il corpo e lo spirito.

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