CULTURA

Martone porta Capri e la rivoluzione in Laguna

Il fascino di Capri, i suoi colori, il suo mare, rappresentano il quadro perfetto per l’ultimo film di Mario Martone, presentato alla Mostra del cinema durante l’ottava giornata.

Martone è il terzo e ultimo regista italiano in gara quest’anno e, contrariamente agli altri due (Minervini e Guadagnino) ha scelto di ambientare il suo Capri-Revolution entro i confini nazionali. Probabilmente questa scelta gli permetterà di rappresentare l’Italia (e le sue bellezze) all’estero, forse anche agli Oscar. Non ci sono dubbi a riguardo, la bellezza dell’isola è la vera protagonista della pellicola, sebbene sia rappresentata più nei suoi aspetti rurali rispetto a quello che potremmo vedere oggi visitando Capri.

La trama parla di una Capri nel 1914, con l’Italia in procinto di entrare in quella che sarà la Prima guerra mondiale. Nell’isola trovano rifugio alcuni giovani del nord Europa che si organizzano in una comune. Per loro l’isola è un luogo ideale e tranquillo in cui dedicarsi alla ricerca nella vita e nell’arte, stretti attorno al loro “capo” Seybu, un pittore ora dedito alla meditazione e allo sviluppo di un rapporto con la natura.

L’isola, però, ha una propria forte identità, incarnata nel personaggio di Lucia, la capraia interpretata da Marianna Fontana. Lucia, è una giovane donna dal temperamento deciso che si oppone fin da subito alle decisioni che altre persone prendono per lei. Sarà inevitabile che la donna incontri Seybu e i suoi ideali di libertà, e che vi aderisca completamente.

trailer ufficiale de Capri-Revolution - 01 Distribution

Alla base del film l’esperienza del pittore Karl Diefenbach, che tra il 1900 e il 1913 creò a Capri una comune. Nel film, però, il tutto è stato elaborato liberamente, partendo proprio spostando l’orizzonte temporale, e dal fatto che il protagonista Seybu non è solo un pittore, ma piuttosto un artista performativo. Da esperienze come quella di Capri, e come quella (citata anche nel film) di Monte Verità in Svizzera, deriva il fenomeno collettivo degli anni Sessanta e Settanta, noto come cultura hippie.

Il film chiude la trilogia di Martone sulla storia italiana, iniziata con Noi credevamo (2010), e proseguita con Il giovane favoloso (2014). Una trilogia che, spiega lo stesso regista, non è stata studiata, ma si è creata facendo: un film è nato dall'altro. Dal primo film è nata l'idea di parlare di Leopardi, quindi da Il giovane favoloso, e dal suo finale affidato a La ginestra, è nato Capri-Revolution con l'obiettivo di interrogarsi su progresso e natura, proprio come la lirica leopardiana.

“La mia trilogia si è andata facendo”, spiega Martone. “Non ho immaginato i tre film all'origine, un film è nato dall'altro. Ho capito che Leopardi poteva essere una voce importante da ascoltare oggi mentre facevo Noi credevamo. Il giovane favoloso si conclude con 'La ginestra', in cui Leopardi si interroga su progresso e natura, che sono i temi di Capri-Revolution”. “C'è un filo che lega i tre film: hanno tutti protagonisti giovani e ribelli, e nascono dal desiderio di raccontare un'Italia che non è doma e sente la spinta a cambiare”.

Il film, nonostante la durata eccessiva che lo ha penalizzato, ha un’ulteriore freccia dorata da scoccare: la colonna sonora. Come dice il detto “squadra che vince non si cambia”, Martone ha chiamato Sascha Ring, più noto come Apparat, a comporre le musiche di tutto il film. Il regista e il musicista tedesco avevano già collaborato ne Il giovane favoloso, con cui Apparat vinse il premio Piero Piccioni proprio a Venezia nel 2014. Ad aiutare Apparat nella composizione dei brani Philipp Thimm, un polistrumentista con cui collabora da molti anni. La colonna sonora, quindi, è elettronica, una scelta audace ma in sé ricca di significati: alla tradizionale e antica cultura di Capri si contrappone il vento di cambiamento simboleggiato dalla comune, dalla guerra, ma anche dai suoni. 

Capri-Revolution mette a confronto mondi diversi. il mondo contadino da cui proviene Lucia, l'ideologia del medico del paese e la comune. Mario Martone

Riguardo al finale, Mario Martone rivela le sue intenzioni di affidare, insieme allo sguardo di Lucia verso il mare, la visione verso il futuro alle donne. Dopotutto Capri-Revolution mette a confronto dei mondi che sono profondamente diversi: quello contadino di Lucia, in cui non si legge e non si studia, quello del medico del paese, in cui si crede solo alla scienza, e la comune, in cui non ci sono regole. In questo senso l'isola diventa la metafora del mondo, e in questo mondo così ristretto si sopravvive solo attraverso il confronto.  Dopotutto il messaggio che sta alla base del film è molto profondo e costruttivo, l'unico problema è che il regista abbia dovuto spiegarlo.

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