CULTURA

Massimo Polidoro ad Harvard per studiare il rapporto tra scienza e illusionismo

Sei mesi da visiting scholar invitato dalla filosofa Naomi Oreskes, nel Dipartimento di Storia della scienza dell’Università di Harvard. Massimo Polidoro, saggista, giornalista, divulgatore scientifico, attivo su diversi canali social, nonché autore di molteplici libri, è appena giunto a Boston con un preciso scopo: approfondire il ruolo dei prestigiatori e degli illusionisti nelle indagini e nelle ricerche sulle affermazioni paranormali e pseudoscientifiche.

Autore di numerosi libri, tra cui l’ultimo è “La scienza dell’incredibile. Come si formano credenze e convinzioni e perché le peggiori non muoiono mai” (Feltrinelli, 2023), Polidoro è segretario nazionale del del CICAP ("Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze") fondato da Piero Angela a fine anni ‘80 e fondatore del CICAP Fest, festival scientifico che si svolgerà, per la sua sesta edizione, a Padova dal 13 al 15 ottobre prossimo. 

Piero Angela è stato per Massimo Polidoro un mentore speciale, prima che un amico e un collega. A lui infatti Polidoro deve l’inizio del suo percorso professionale e la prima esperienza americana: Angela l'ha infatti mandato, ancora giovanissimo, negli Stati Uniti per un anno di studio e apprendistato con il noto illusionista e investigatore di misteri James Randi. Questa esperienza diventa importante quando al suo rientro, Piero Angela fonda il Cicap nel 1989 e chiede a Polidoro di aiutarlo nello sviluppo della nuova organizzazione. In anni più recenti, poi, lo stesso Polidoro ha fondato e avviato il CicapFest, festival scientifico che tornerà a Padova dal 13 al 15 ottobre prossimo per la sua sesta edizione. 

Un ritorno sul luogo del primo interesse scientifico

Ora, quasi 30 anni dopo quel primo lungo viaggio americano, Massimo Polidoro torna negli Stati Uniti per un altro periodo di studio di 6 mesi. “Vado a portare all'ennesima potenza tutto quello che ho fatto in questi anni” racconta Polidoro al Bo Live, “Il lavoro che ho fatto in tutti questi anni sul rapporto che c'è tra la scienza e l'illusionismo e la pseudoscienza.” Nel corso del ‘900 chi si trovava ad avere a che fare con persone che affermavano di avere facoltà paranormali, soggetti manipolatori e ingannatori, rischiava di lasciarsi incantare e trarre in inganno. Se non fosse stato per l’intervento di alcuni personaggi molto esperti del mondo dell’illusionismo, di quella che chiamiamo magia, che avevano sì una grossa competenza e capacità di creare illusioni, ma che allo stesso tempo erano capaci di riconoscerle, questi meccanismi e queste tecniche avrebbero potuto causare davvero molti danni. Chi conosce bene come si crea l’illusione sa anche come smascherarla. E le storie sono davvero molte e affascinanti, ci dice Polidoro. 

Il problema rimane attuale, naturalmente. Ed è anche per questo che Polidoro trova un terreno comune con il lavoro di ricerca della filosofa Oreskes. Perché ancora oggi capita che si leggano articoli, come ad esempio uno recentemente pubblicato dal New York Times, aggiunge lo scrittore, che magnificano in tono del tutto acritico le capacità di un personaggio come Uri Geller, sedicente sensitivo e piegatore di metalli, più volte smascherato da James Randi e altri esperti. La questione interessante che sfugge a molti, non solo a un pubblico profano ma perfino talvolta a chi lavora in ambito scientifico, è che c’è una differenza tra un comportamento eticamente discutibile e addirittura dannoso, come quello di chi afferma di avere veri poteri paranormali, e quello di chi fa intrattenimento puro e onesto ammettendo in modo trasparente di creare una illusione magica. La sfida intellettuale è proprio quella di guardare, osservare e cercare di capire cosa c’è dietro questa illusione, qual è il trucco, il meccanismo. E dunque distinguere tra una pratica etica e una truffa che può anche causare dei danni. 

Il rapporto tra scienza e illusionismo, oggi ancora più affascinante

Le sfumature sono molte e proprio a Harvard, continua Polidoro, ci sono state delle storie bellissime su questi temi. Qui ha studiato medicina William James, che però si è poi dedicato alla psicologia ed era attirato dalla ricerca psichica di quegli anni, diventando anche il presidente della Society for Psychical Research nel 1894. Ed è a Harvard che un gruppo di ricercatori partecipava alle sedute spiritiche di una medium di Boston famosissima per l'epoca. Si chiamava Margery ed era la moglie di un chirurgo molto noto. Si trattava dunque di una signora benestante, non guadagnava dalle sue sedute ma affermava di avere reali poteri psichici. La rivista Scientific American decise di mettere in palio un premio in denaro e formò una commissione che potesse o confermare questi poteri o smascherare la medium. A questa commissione partecipò anche Houdini, che capisce i trucchi e smaschera la medium. Si tratta di un caso clamoroso che ha avuto anche una enorme eco mediatica e dunque, per Polidoro, una ragione in più per andare negli archivi e recuperare questa e molte altre storie.

Quanto conta poi, nel ragionare sul rapporto tra scienza e illusionismo, lo sviluppo delle conoscenze scientifiche? Oggi conosciamo molto meglio come il nostro cervello reagisce a una serie di stimoli esterni e capiamo meglio il meccanismo della visione così come le nostre reazioni di fronte a informazioni inaspettate. Più riusciamo a capire come funziona la nostra mente, ci spiega ancora Polidoro, più le ricerche ci illuminano sulle capacità ma anche sui limiti del nostro cervello. E dunque sempre più dobbiamo tenerne conto anche nella ricerca e nello studio scientifico. Perchè è facile farci ingannare dal desiderio di voler trovare una conferma a una ricerca, e quindi dal confirmation bias, e magari finiamo con il fare una selezione dei dati per andare esattamente in quella direzione. Ma è proprio analizzando questi meccanismi che possiamo capire come dare un contributo alla ricerca scientifica autentica tralasciando strade che non danno alcun risultato solido. 

Infine, una delle sfide rimarrà però senza dubbio quella di raccontare i risultati di queste ricerche in un contesto, come quello attuale, che tende a essere sempre più difficile, polarizzato, dove addirittura capita che il metodo scientifico sia brandito quasi come elemento di scontro e non terreno di ragionamento e dialogo. E infatti, conclude Polidoro, il suo tentativo è sempre quello di far capire che la scienza non è quella torre d'avorio che esclude tutti i non eletti. Al contrario è necessario ribadire il carattere dell'umiltà della scienza in sé come forma di conoscenza. Al di là dei personalismi, questo dovrebbe essere l’approccio alla conoscenza: per definizione un modo umile che si spinge sempre a verificare, a cercare ulteriori elementi di comprensione e che accetta anche di essere smentito in caso di nuove evidenze. Il conflitto costante e la polarizzazione continua non sono utili a far capire le cose. 

E dunque, armato di tanta curiosità, Massimo Polidoro è pronto a tornare a scavare in quello che è stato il suo primo campo di studio, proprio 30 anni fa, quello al quale si è dedicato nel primo viaggio. Molte cose sono cambiate, ci dice in conclusione, e quello che sembrava un ambito molto particolare di studio e di interesse oggi è considerato più legittimo e interessante, perché ci rivela moltissimo su come funziona davvero la nostra mente. “Non vedo l'ora di immergermi in quegli archivi straordinari,” aggiunge salutandoci “Vedremo. Lasciamo spazio all'incertezza.”

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