SCIENZA E RICERCA

Mauro Ferrari si dimette in polemica da ERC

Non hanno destato sorpresa le dimissioni di Mauro Ferrari, l’italiano che solo tre mesi fa aveva assunto la presidenza dell’ERC, il Consiglio Europeo delle Ricerche. Non è esagerato dire che erano persino attese all’interno della prima agenzia dell’Unione Europea esplicitamente dedicata alla ricerca scientifica di frontiera. Tra la direzione dell’ERC e l’italiano che, però, viene dagli Stati Uniti dove si è affermato come uno dei leader nel campo delle nanotecnologie. 

Tutto sommato questo divorzio è un bene per entrambi (Ferrari e ERC), perché troppo diversi tra loro per cultura e obiettivi. Ma vediamo quali sono le due motivazioni principali addotte, anche sulla stampa, dall’italiano. La prima è che lui voleva riconvertire tutto il sistema ERC alla ricerca applicata per battere il SARS-CoV-2, il coronavirus che sta dilagando nel mondo. Su questa prima e specifica motivazione ritorneremo tra poco. 

Prendiamo ora in considerazione la seconda, che ha un carattere più generale, decisamente politico. Ma lasciamo la parola a Ferrari stesso, così come ha scritto su Il Corriere della Sera: «Devo però dire che per ora sono rimasto estremamente deluso dall’approccio anti-pandemia del sistema Europa. Lo sono per l’assenza di coordinamento sanitario tra gli Stati, per l’opposizione a programmi di solidarietà nei riguardi dei paesi più colpiti, per le politiche unilaterali riguardo alle frontiere e la mancanza di programmi scientifici sinergici e a largo raggio».

Il j’accuse non poteva essere più chiaro e fondato. L’Europa sta andando incredibilmente in ordine sparso allo scontro con SARS-CoV-2. Evidentemente i leader dei 27 paesi dell’Unione (ma aggiungiamo anche il Regno Unito che ne è appena uscito) non ricordano la storia (leggendaria) degli Orazi e dei Curiazi. Quando l’ultimo e il più furbo dei fratelli Orazi fece appunto in modo che i tre gemelli avversari andassero al duello separatamente, invece che tre contro uno. E separatamente i Curiazi persero. 

Mauro Ferrari sembra concordare con chi sostiene che l’Unione Europea si sta liquefacendo davanti al virus. E chissà se, a pandemia conclusa, di lei resterà qualcosa di significativo. Quello che colpisce lo scienziato – e non solo lui – è la mancanza sia di un minimo di coordinamento che di un minimo di solidarietà tra gli stati. Un’analisi che era stata sostanzialmente condivisa da Ursula von der Leyen, leader della Commissione, che proprio per queste mancanze aveva chiesto scusa nei giorni scorsi all’Italia e alla Spagna. 


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Dunque, più che condivisibile questa seconda motivazione, di carattere squisitamente politico, avanzata da Mauro Ferrari per giustificare le sue dimissioni. Anche se poco attinenti alle funzioni dell’agenzia che presiedeva, l’ERC.

Veniamo, dunque, alla prima motivazione. Ferrari dice avevo un progetto, ma mi sono trovato contro tutta la direzione dell’ERC che non ha voluto cambiare passo e missione dell’agenzia e non ha voluto aderire alla mia chiamata alle armi contro il coronavirus secondo linee strategiche top-down, decise a Bruxelles (sede dell’ERC) e. La colpa, secondo l’italiano, risiederebbe nello spirito burocratico del corpaccione dell’agenzia europea. Per questo sono stato completamente isolato, ha detto e scritto, e, dunque, ecco le mie dimissioni.

Ma le cose stanno davvero così?

Per capirlo dobbiamo spiegare, sia pure in maniera sintetica come e perché nasce l’ERC. L’agenzia nasce nel 2004 con un forte carattere di autonomia con lo scopo, come scrive APRE (l’Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea) di finanziare i ricercatori di eccellenza dell’Unione ma anche di paesi che non sono nell’Unione, che intendono svolgere attività di ricerca di frontiera. In pratica ogni ricercatore propone un suo progetto di ricerca, in tutto il ventaglio delle discipline, e compete con altri. I migliori progetti vengono premiati con ricchi finanziamenti, da spendere in un centro scelto dal ricercatore stesso. Il processo è dunque bottom-up (dal basso in alto), libero e fortemente competitivo. Senza un obiettivo apriori. 

Quello che Mauro Ferrari proponeva era, dunque, una svolta a U della missione e della prassi dell’ERC. Il che avrebbe significato sottrarre risorse (circa due miliardi di euro l’anno) alla ricerca di frontiera europea e, sostanzialmente, curiosity-driven per dirottare i fondi verso un progetto unico, finalizzato e deciso dall’alto.

Vi è da dire che l’Unione Europea ha progetti di questa natura. Cosa sono, infatti, i progetti-bandiera, come quello sul grafene o sul cervello umano, se non progetti finalizzati anche ben finanziati (un miliardo di euro ciascuno)? 

L’idea di Mauro Ferrari è, dunque, degna di ogni rispetto. E andrebbe perseguita, ma forse è meglio realizzarla fuori da ERC. Quanto al fatto che le sue dimissioni fossero in qualche modo attese e anche auspicate, ecco la risposta dei suoi colleghi dell’ERC apparsa sul sito ufficiale dell’ERC .

In breve: a Ferrari si contesta il fatto che non ha capito ERC, la sua logica, la sua missione. Intriso com’è della cultura scientifica e organizzativa americana (peraltro degnissime) si è mosso non solo come un elefante in un negozio di cristalleria, ma anche come un elefante che non ha capito che si trovava in un negozio di cristalleria. 

Così ha (avrebbe) portato avanti progetti in prima persona e non frutto di decisioni collettive, lo ha (avrebbe) fatto senza avvertire gli organi dirigenti, ha (avrebbe) disertato molti riunioni, ha (avrebbe) speso molto tempo negli USA continuando a seguire le sue pregresse piste di ricerca, invece che dedicarsi interamente a ERC. Molte di queste iniziative hanno (avrebbero) avuto anche risvolti di tipo commerciale che sono consuetudine negli Stati Uniti, ma in contrasto con lo stile di ERC.  Insomma, non si sarebbe creato un minimo di feeling tra il nuovo presidente e gli altri scienziati (che lo stesso Ferrari considera di livello eccellente) dell’agenzia europea.

Insomma, come abbiamo detto, il divorzio era inevitabile. E, tutto sommato, è un bene tanto per Ferrari che per ERC. Mentre restano sul tappeto le sue proposte. Quelle strettamente scientifiche: perché l’Unione europea non lancia un grande progetto di ricerca – un progetto bandiera – sul coronavirus? E quelle politiche: non sarebbe il caso che l’Unione cessasse di andare in ordine sparso contro SAR-CoV-2? Perché oggi come al tempo dei Curiazi che va in ordine sparso in battaglia quasi certamente ne esce sconfitto.

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