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Siamo certi che i nostri figli, le nostre figlie – ma anche molti adulti – siano consapevoli dei rischi che si corrono durante un rapporto sessuale non protetto? Delle infezioni che si potrebbero contrarre da partner occasionali? Proprio per rispondere alla disinformazione che colpisce tutte le fasce di età, nel corso dell’ultimo congresso nazionale tenutosi nei giorni scorsi, la Società interdisciplinare per lo studio delle malattie sessualmente trasmissibili (SIMaST) ha presentato un nuovo strumento con cui potersi informare, un opuscolo disponibile online in cui si parla di prevenzione, rischi e possibili terapie. Il documento, realizzato in collaborazione con diversi specialisti dell’Istituto superiore di Sanità (Iss), della Asl Città di Torino e della Marina militare, risponde anche all’andamento epidemiologico degli ultimi anni che vede una tendenza all’aumento di queste patologie, soprattutto tra i più giovani.
“In generale – spiega Alessandra Latini, responsabile del Centro per le malattie sessualmente trasmesse dell’istituto San Gallicano di Roma – con il termine ci si riferisce a patologie come la sifilide, la clamidia, la gonorrea, l'infezione da HIV”. Sono più di 30 i batteri, virus e parassiti che possono essere trasmessi attraverso i contatti sessuali (vaginali, anali e orali) e alcuni anche da madre a figlio durante la gravidanza, il parto e l'allattamento. La trasmissione, inoltre, può avvenire attraverso il contatto con liquidi organici infetti, attraverso la cute, le mucose e il sangue.
Nel nostro Paese nel 2022 le persone che hanno contratto la gonorrea sono state circa 1200, rispetto alle 820 del 2021. Per quel che riguarda la sifilide, si è passati dai 580 casi del 2021 ai 700 del 2022 con un aumento dunque del 20%. Stesso discorso vale per la clamidia: 800 i casi registrati nel 2019, contro i 993 del 2022.
Intervista completa ad Alessandra Latini, istituto San Gallicano di Roma. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Massimo Pistore
Alla base dell’aumento dei casi
“Negli ultimi anni stiamo osservando un incremento di tutte queste infezioni – argomenta Latini – e ciò è verosimilmente dovuto a un cambiamento nei comportamenti che sono diventati più liberi: i metodi di barriera (il condom nello specifico) non sempre vengono utilizzati; app e siti di incontri permettono più velocemente alle persone di incontrarsi; l’uso di sostanze ricreative rendono le persone più disinibite anche ad avere rapporti non protetti. Non esiste dunque una motivazione unica, ma una serie di concause alla base di un fenomeno che non riguarda solo l’Italia, ma tutto il mondo”.
Anche la resistenza ai farmaci può rappresentare un ostacolo per ridurre l’impatto delle malattie sessualmente trasmissibili a livello globale. Discorso che vale, del resto, anche per altre patologie. Latini spiega che esistono linee guida con indicazioni specifiche sui medicinali da impiegare in terapia, ma spesso a trattare l’infezione non è personale sanitario specializzato, quanto piuttosto medici o mediche che non si occupano regolarmente di queste malattie: “È possibile dunque che i trattamenti non siano mirati e che questo comporti un abuso di antibiotici non specifici, che a lungo termine potrebbero causare una resistenza al trattamento”. E anche l’automedicazione, che è sempre più frequente, può portare a questi risultati.
Sifilide, una malattia dall’“evoluzione subdola”
Tutte le infezioni sessualmente trasmissibili se ben curate si risolvono e possono essere banali, ma se trascurate e non diagnosticate sono tutte gravi. Sicuramente la sifilide, avendo un’evoluzione subdola, può evolvere in una forma molto severa: “Questa patologia tra tutte è quella che può dare manifestazioni sistemiche a lungo termine, cardiache, neurologiche, quindi è una malattia seria, internistica che deve essere trattata adeguatamente”.
Si tratta di una patologia, causata dal batterio Treponema pallidum, che inizialmente potrebbe anche passare inosservata. “La sifilide ha tre fasi cliniche: prima dell'avvento della terapia antibiotica, era possibile l'evoluzione di tutte e tre le fasi. Oggi grazie alla penicillina, l'antibiotico di prima scelta per questa infezione, possiamo osservare invece solo la forma primaria e la secondaria. La forma primaria si manifesta, ovviamente dopo un rapporto a rischio, con un'ulcera che può essere piccola e non dolente, e che si localizza preferenzialmente nelle aree genitali, ma anche nel cavo orale. Guarisce nell’arco di poco tempo e il paziente può non accorgersene”. Sebbene la lesione sparisca, la malattia se non trattata continua a fare il suo corso.
“Alla forma primaria segue, dopo poche settimane o al massimo due mesi, la forma secondaria che si manifesta con un esantema roseolico nel tronco e talora a livello palmo-plantare. A questo punto è difficile non notarla, anche perché si confonde con un'altra malattia infettiva, come la rosolia o il morbillo, oppure con una reazione allergica a qualche antibiotico o terapia”. Solo se la malattia non viene mai curata può presentarsi molto tempo dopo il contagio, dai 10 ai 30 più tardi, e interessare a quel punto qualsiasi organo (fase terziaria).
Latini spiega che la terapia di prima scelta dunque è la penicillina che può essere impiegata per trattare la sifilide fin dalle prime fasi. Nei pazienti allergici ai betalattamici come la penicillina, invece, può essere somministrata la doxiciclina.
Ci sono farmaci, ma non (ancora) vaccini
Se dunque i farmaci per trattare la sifilide esistono, altrettanto non può dirsi per i vaccini. Proprio per contribuire allo sforzo collettivo in questa direzione, è stato recentemente pubblicato su The Lancet Microbe uno studio che prende in esame l’epidemiologia molecolare di Treponema pallidum. Tra novembre 2019 e maggio 2022, sono stati arruolati 233 pazienti su 2802 esaminati, provenienti da Cina, Colombia, Malawi e Stati Uniti. Sono state incluse persone di età pari o superiore a 18 anni con conferma di laboratorio della sifilide. E sono state delineate le caratteristiche cliniche e genomiche dell'infezione da Treponema pallidum del lignaggio SS14 e del lignaggio Nichols nelle diverse popolazioni. Secondo gli autori, servono ulteriori analisi della variabilità del batterio all'interno dei ceppi circolanti in tutto il mondo.
“È un lavoro molto interessante che può fornire uno spunto di discussione sulla possibilità di realizzare un vaccino. Lo sviluppo di un vaccino per la sifilide è stato finora un obiettivo difficile da raggiungere, e ad oggi ancora non esiste, nonostante la comunità scientifica ci stia lavorando da molto tempo. La difficoltà dipende dal fatto che il Treponema pallidum, il batterio responsabile della sifilide, è estremamente variabile e ha caratteristiche molto complesse”.
Si tratta di un lavoro che ancora una volta, secondo Alessandra Latini, ricalca la cultura della ricerca delle origini della sifilide. Molti studi come questo hanno cercato di valutare le diversità geografiche del genoma del batterio. Per lungo tempo si è ritenuto che la malattia fosse stata importata nel nostro continente da Cristoforo Colombo di ritorno dall’America. Questa ipotesi in realtà non è mai stata dimostrata, dato che in Europa ci sono segni della presenza della malattia già prima del XV secolo, pur in una forma non così aggressiva come quella posteriore al 1490.
La sessualità merita di essere vissuta serenamente
Al momento, dunque, l’unica misura di prevenzione contro la sifilide resta il preservativo. “Ai giovani – conclude Latini – dico di avere una vita sessuale ragionata, quindi di evitare incontri occasionali e se questi avvengono di averli protetti. La sifilide, la clamidia, la gonorrea, anche l’Hiv sono infezioni che si possono prevenire efficacemente con un condom, sebbene anche i rapporti orali possano essere pericolosi. Dunque avere coscienza, non perdere completamente il controllo, non bere eccessivamente, non assumere sostanze ricreative e soprattutto usare il condom, quando si hanno rapporti intimi, può aiutare a evitare le conseguenze negative della sessualità che comunque merita di essere vissuta serenamente”.