SCIENZA E RICERCA

Il “Nobel dell’acqua” al professor Andrea Rinaldo

Andrea Rinaldo, professore di costruzioni idrauliche all’università di Padova e direttore del Laboratorio di ecoidrologia dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna (EPFL), si è aggiudicato lo Stockholm water prize, il premio per gli studi sull’acqua più prestigioso al mondo. Socio di alcune importanti accademie scientifiche, come l’accademia dei Lincei, la National Academy of Engineering e la National Academy of Sciences, nonché erede orgoglioso della storica tradizione padovana di ingegneria idraulica, il professor Rinaldo è il primo italiano ad aver ottenuto questo importante riconoscimento, equiparabile a un Nobel per l’acqua, per i suoi studi sul rapporto tra reti fluviali, popolazioni e salute.

Dai lavori teorici, agli studi sperimentali condotti in laboratorio, fino alle ricerche sul campo, l’attività scientifica del professor Rinaldo si inserisce nel filone di ricerca dell’ecoidrologia, che indaga il rapporto tra l’acqua dei fiumi e le comunità vive, siano esse umane, animali, vegetali o persino di quegli agenti patogeni il cui ciclo vitale è legato all’acqua. “Si tratta di una disciplina relativamente nuova basata su strumenti e conoscenze provenienti dall’ingegneria, dall’ecologia e da altre discipline scientifiche”, ha raccontato Rinaldo a Il Bo Live. “Oggi l’ecoidrologia è un campo di studi con una conformazione ben definita da un corpus di letteratura scientifica sempre più robusto”.

L'intervista completa al professor Andrea Rinaldo, vincitore 2023 dello Stockholm water prize. Montaggio di Barbara Paknazar

Gli studi di Rinaldo si basano, in particolare, sul concetto di corridoio ecologico, che il professore spiega a partire da un caso studio esemplificativo: “Verso la fine degli anni Ottanta, qualche nave cargo proveniente dall’Europa dell’Est attraversò i grandi laghi dell’America del Nord dove diffuse inavvertitamente le larve di un mollusco originario dell’Ucraina, chiamato zebra mussel. Le larve, trascinate dalla corrente, iniziarono a riprodursi e causarono notevoli danni ecologici all’intera rete fluviale del Mississippi/Missouri. In casi come questi, in cui le acque fanno da substrato all’interazione tra diverse specie viventi, il fiume assolve la funzione di un corridoio ecologico perché i meccanismi di trasporto che si verificano in un punto impattano sull’equilibrio dell’intero sistema”.

Lo studio dei sistemi fluviali come corridoi ecologici è funzionale anche alla comprensione di un’altra relazione approfondita dal professor Rinaldo: quella tra acqua e salute umana. I controlli ecologici delle reti fluviali consentono infatti di indagare i meccanismi di trasmissione di alcuni agenti patogeni. Il lavoro di Rinaldo si è concentrato sulle dinamiche idrologiche coinvolte nel ciclo vitale di due malattie in particolare, la bilarziosi (anche chiamata schistosomiasi) in Burkina Faso e il colera epidemico ad Haiti.

“La bilharziosi è una malattia cronica e debilitante originata da un parassita che, quando riesce a entrare nell’intestino degli esseri umani, genera delle uova che vengono espulse tramite le feci e le urine. Nei contesti in cui le condizioni igienico-sanitarie sono inadeguate, queste uova vengono reintrodotte nel sistema fluviale e possono infettare un ospite intermedio, ovvero alcune chiocciole di acqua dolce; queste, a loro volta, rilasciano nell’ambiente delle spore che possono penetrare nella pelle degli esseri umani innescando da capo il meccanismo patologico appena descritto. In situazioni come questa, la rottura del ciclo della malattia può avvenire solo su base idrologica, nel caso specifico: mettendo temporaneamente in secca il fiume. Le chiocciole, infatti, possono sopravvivere per un mese e mezzo al massimo in un ambiente privo di acqua. Dopodiché, una volta liberato il letto del fiume dalla loro presenza, si può far ripartire il corso d’acqua”.

L’intervento umano può essere tanto la soluzione quanto la causa dei meccanismi di trasmissione dei patogeni su base idrologica. Infatti, come racconta il professor Rinaldo, “in Burkina Faso è stato realizzato un enorme piano di irrigazione e trattenimento dell’acqua basato su una sistema di dighe che raccolgono l’acqua durante la stagione delle piogge – la cui durata è molto breve – e la convogliano nei canali di irrigazione. Questa rete capillare di irrigazione massimizza la produzione agricola che, dal punto di vista economico, si riflette nella crescita del PIL del paese. Tale indicatore non tiene conto però degli enormi costi sociali e ambientali di questo modello di sviluppo: il sistema di infrastrutture appena descritto, infatti, espande l’habitat dell’ospite intermedio della bilharziosi, aumentando di conseguenza l’incidenza della malattia, che colpisce prevalentemente le fasce più povere della popolazione – esacerbando, quindi, disuguaglianze preesistenti. La costruzione di queste dighe e canali apporta inoltre un grave danno al capitale naturale perché provoca una perdita irreversibile di biodiversità”.

L’analisi resa dal professor Rinaldo si basa sull’idea che il pensiero economico e quello ambientalista si sviluppino oggi in costante conflitto, per cui la difesa del cosiddetto capitale naturale interferisce con la crescita del capitale economico, e viceversa. Per valutare la ricchezza di un paese siamo infatti abituati a servirci di indicatori economici, tra cui il PIL, che però non permette di stimare il valore delle perdite di patrimonio naturale.

L’inestimabilità del capitale naturale ci spinge a considerarlo, erroneamente, come qualcosa degno di essere sacrificato in vista di un guadagno economico”, osserva il professor Rinaldo. “Eppure, la verità è che nessuna economia può durare in eterno danneggiando il capitale naturale, decimando le foreste, distruggendo gli ambienti terrestri e marini e rovinando l’estetica del paesaggio. Un esempio di questa dura realtà è il destino ormai segnato degli ecosistemi naturali della laguna di Venezia”.

Nessuna economia può durare in eterno danneggiando il capitale naturale Andrea Rinaldo

D’altro canto, attribuire un prezzo a quei beni immateriali e materiali (come aria, acqua, suolo e biodiversità) che vengono garantiti dagli ecosistemi naturali sembra un’impresa impossibile. È qui che entrano in gioco gli studi di ecoidrologia, che tentano proprio di tracciare una valutazione quantitativa dei servizi degli ecosistemi resi dalle reti idrauliche. Per servizi ecosistemici si intende, nel campo delle scienze ambientali, quei benefici elargiti gratuitamente agli esseri umani dalla natura e che riguardano, ad esempio, la disponibilità di prodotti alimentari, la respirabilità dell’aria e persino la bellezza dei paesaggi. “Le scienze dell’acqua possono fornire strumenti e conoscenze utili a riconoscere, finalmente, il valore dei servizi ecosistemici e a rendere la loro difesa parte integrante dei piani di sviluppo economico”, afferma Rinaldo. La valutazione di tali servizi può essere compiuta, ad esempio, quantificando la presenza di organismi, specie e popolazioni nelle aree fluviali e studiando le loro interazioni con i diversi ambienti naturali.

Il professor Rinaldo richiama inoltre l’attenzione sul significato etico della ricerca nel campo dell’ecoidrologia, il cui obiettivo dovrebbe essere anche quello di evitare che l’acqua diventi strumento di distribuzione delle disuguaglianze. “Durante la mia esperienza sul campo ho purtroppo osservato che in certi luoghi del mondo, principalmente nei paesi dell’Africa subsahariana, l’accesso all’acqua pulita in quantità adeguata è riservato a pochi privilegiati; allo stesso tempo, però, anche in questi luoghi tutti i cittadini sono messi nella condizione di potersi permettere un telefono cellulare. Alla luce di situazioni come queste, ritengo sia fondamentale ripensare completamente il modello di giustizia distributiva delle risorse idriche. Le conoscenze necessarie per affrontare questa impresa oggi esistono, e non è scusabile non avvalersene”.

L’equa distribuzione dell’acqua è un problema particolarmente rilevante in un periodo di crisi idrica come quello che stiamo attraversando. “La siccità è un fenomeno idrologico che può avere una durata prolungata e che dev’essere compreso anche alla luce delle nostre conoscenze riguardo al cambiamento climatico”, commenta il professor Rinaldo. “Si può tentare di prevedere l’andamento di questo fenomeno nel tempo costruendo modelli climatici, i quali però non sono in grado di fornirci vere e proprie previsioni, bensì possibili scenari. È fondamentale, piuttosto, riconsiderare il nostro approccio alla gestione delle risorse idriche su larga scala ripensando il nostro rapporto con l’acqua e il territorio e considerando, in particolare, la relazione tra uso del suolo e qualità e quantità della risorsa idrica nei corsi d’acqua e nei bacini”.

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