SCIENZA E RICERCA

Non solo dinosauri. Anche gli squali nel novero delle grandi estinzioni di massa

L’estinzione di massa più famosa della storia è quella che spazzò via dalla faccia della Terra i dinosauri e molti altri animali, circa 66 milioni di anni fa. Prima di questa, se ne verificarono altre quattro. E adesso ne è appena stata scoperta una nuova, che però sembra aver coinvolto solo gli squali. Come annunciato su Science, nel Miocene, precisamente 19 milioni di anni fa, sparì per sempre oltre il 70% delle specie di squali allora presenti.

A portare alla luce il destino in cui si sono imbattuti questi predatori marini sono state l’oceanografa e paleontologa dell’Università di Yale Elizabeth C. Sibert e l’ittiologa Leah D. Rubin. «Abbiamo scoperto questa estinzione quasi per caso» ha sottolineato Elizabeth Sibert, «stavamo esaminando i sedimenti prelevati dai fondali dell’oceano Pacifico, in due siti distanti migliaia di chilometri l’uno dall’altro. Volevamo semplicemente studiare l’abbondanza di pesci e di squali nel corso di 85 milioni di anni, solo per farci un’idea di quale fosse la normale variabilità a lungo termine. Ma ci siamo accorte di un calo improvviso di resti di squali intorno ai 19 milioni di anni fa».

Esaminando i campioni di sedimenti, le due scienziate si sono concentrate sull’analisi dei denti fossili degli squali e dei loro dentelli dermici: le squame che ricoprono interamente il corpo degli squali. Hanno descritto più di 1300 dentelli dermici fossili, con un diametro inferiore ai 500 micron, e li hanno catalogati in 88 gruppi diversi, in base alla forma, per avere un’idea della varietà e dell’abbondanza delle specie presenti. Ben presto però si sono accorte di un declino improvviso e molto rapido di questi minuscoli reperti. In particolare i sedimenti corrispondenti a 19 milioni di anni fa, segnavano un vero e proprio spartiacque: se fino a quella data nei sedimenti erano presenti 88 gruppi diversi di denti e dentelli, negli strati corrispondenti ai periodi successivi e quindi più recenti, invece, solo 9 gruppi erano “sopravvissuti”. In altre parole, 20 milioni di anni fa, gli squali che pattugliavano gli oceani del mondo erano 10 volte di più rispetto a oggi.

Dunque nel Miocene, 19 milioni di anni fa gli squali se la sono passata davvero male: dev’essere successo qualcosa di irreparabile, un’estinzione. E stando alle stime fatte da Sibert e Rubin, all’epoca si estinse circa il 70% delle specie di squali esistenti e l’intera popolazione mondiale di squali diminuì di oltre il 90%. A pagare lo scotto maggiore, poi, furono le specie che vivevano in mare aperto, rispetto a quelle di acque costiere.

I numeri sono paragonabili all’estinzione che 66 milioni di anni fa coinvolse specie marine e terrestri, tra cui i dinosauri. Con due grandi differenze: la prima è che questa appena scoperta, a quanto ne sappiamo, ha coinvolto un solo gruppo animale. E la seconda grande differenza è che se per i dinosauri conosciamo la causa – il famoso asteroide – in questo caso invece brancoliamo ancora nel buio.

Sibert e Rubin ancora non hanno scoperto cosa fu a provocare questa grande estinzione di squali, ma escludono grossi stravolgimenti del clima o calamità. «In questo periodo geologico non è noto per alcun cambiamento importante nella storia della Terra» ha ribadito Sibert, «eppure ha completamente rivoluzionato l’idea di quello che significa essere un grande predatore che vive in mare aperto».

Quello che è certo è che da questa moria avvenuta 19 milioni di anni fa, gli squali non si sono mai più ripresi. Le specie di squalo che conosciamo oggi, infatti, iniziarono a diversificarsi entro i 2-5 milioni di anni dopo l’estinzione, ma rappresentano solo una piccola parte delle migliaia di forme viventi agli inizi del Miocene.

E oggi questi predatori marini sono nuovamente minacciati di estinzione per via della pesca: dal 1970 a oggi il numero di squali nel mondo è diminuito del 71% tra catture accidentali, pesca legale e illegale. Catturati, privati delle pinne – utilizzate per servire una “prelibata” zuppa di pinne di squalo – e ributtati in mare a morire dissanguati e soffocati.

«L’attuale stato di declino delle popolazioni di squali è certamente motivo di grande preoccupazione e questa scoperta ci aiuta a conoscere meglio le dinamiche di popolazione degli squali negli ultimi 40 milioni di anni», ha chiarito Rubin. Ulteriori ricerche potrebbero confermare se la scomparsa degli squali abbia indotto le popolazioni rimanenti a modificare le loro preferenze di habitat: a evitare l’oceano aperto, spostandosi verso le coste. E potrebbero anche aiutarci a spiegare perché le popolazioni di squali non si sono riprese dopo l’estinzione che li ha colpiti di 19 milioni di anni fa. Ma soprattutto «potrebbero aiutarci a comprendere quali ripercussioni potrà avere il drammatico declino di questi grandi predatori marini a cui stiamo assistendo oggi» ha concluso Rubin.

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