Foto: Reuters/Jon Nazca
Ogni giorno 44.400 persone in tutto il mondo sono state costrette, nel 2017, ad abbandonare le loro case a causa di persecuzioni, conflitti o violenze generalizzate. Un autentico record, che conferma un trend ormai consolidato. I refugees, come vengono definiti nel gergo del diritto internazionale, stanno drammaticamente aumentando. Erano 10.000 al giorno nel 2003. Sono saliti, in media, a 15.000 al giorno tra il 2006 e il 2011, poi hanno subito un’impennata senza precedenti a partire dal 2011, fino al record assoluto del 2017. Forse solo nell’immediato dopoguerra c’era stato un tale flusso di migranti forzati.
La causa, oggi, va attribuita di certo al conflitto siriano. Ma non solo.
Sono questi i dati salienti del Global Trends. Forced Displacement in 2017 appena pubblicato dall’Unhcr, l’Agenzia della Nazioni Unite che si occupa, per l’appunto, di rifugiati. 44.400 persone che ogni giorno per tutto il 2017, in media ovviamente, sono state costrette a fuggire per trovare un qualche riparo altrove, significa 16,2 milioni di nuovi refugees in un solo anno.
Tra loro 11,8 milioni – pari al 72,8% del totale – sono internally displaced: significa che lo hanno trovato, il riparo, nei confini del loro stesso paese. Dunque tre su quattro dei migranti forzati non hanno manifestato – per volontà o impedimento – alcuna tendenza ad andare all’estero. Non sono a casa, ma restano vicini alle loro case. Nella speranza di ritornarvi.
Al contrario, 4,4 milioni di migranti forzati – il 27,2% del totale, poco più di uno su quattro – hanno trovato riparo fuori dai confini nazionali. Il 52% sono bambini o comunque adolescenti al di sotto dei 18 anni.
Lo scorso anno 5 milioni di migranti forzati sono invece tornati alle loro case. Tra questi 667.400 erano persone che avevano trovato rifugio all’estero. Cosicché oggi nel mondo tra vecchi e nuovi migranti forzati ci sono 68,5 milioni di persone costrette a vivere lontano dalle loro case per guerre e/o persecuzioni e/o violenze di qualsiasi genere. Tra loro, 40,0 milioni sono internally displaced (il 58,4% del totale) mentre 25,4 hanno trovato riparo fuori dai loro confini nazionali.
La mappa dei principali paesi di partenza e quella dei principali paesi di accoglienza ci aiuta a inquadrare meglio il problema.
13,5 milioni dei nuovi migranti forzati (il 53,1% del totale) vengono da soli 5 paesi dilaniati da guerre civili, alcune delle quali con forti influenze straniere. Forse con un’opera di forte diplomazia le cause delle migrazioni forzate potrebbero essere superate.
Non meno significativa è la mappa dei paesi che hanno accolto i migranti forzati che hanno lasciato il loro paese.
Otto paesi accolgono 11,1 milioni di migranti forzati. La Turchia si conferma il paese che ne ospita di più: si tratta, principalmente, di migranti provenienti dalla Siria. Poi ci sono il Pakistan (migranti provenienti dall’Afghanistan) e l’Uganda (migranti provenienti dal Sud Sudan). Ebbene, tra i principali paesi di accoglienza ce n’è uno solo europeo: la Germania. Che accoglie tanti migranti forzati quanti il Libano. Persino qualcuno in meno. Ma la Germania fa 83 milioni di abitanti e, dunque l’incidenza dei rifugiati sulla popolazione è dell’1,2%. Mentre il Libano di abitanti ne fa 4,2 milioni e l’incidenza dei rifugiati sulla popolazione è pertanto del 23,8%.
Tutti questi numeri ci dicono che il problema dei migranti forzati è drammatico e generale. E che l’Europa fa la sua parte, ma non è affatto una “fortezza assediata”.
E, tuttavia, non ci sono solo i migranti forzati che vanno via da casa inseguiti da guerre e violenze e persecuzioni. Ci sono anche altri migranti, che vanno via per motivi ambientali. E sono addirittura di più dei refugees, perché, secondo un altro rapporto dell’UNHCR, nel 2016 i nuovi migranti a causa di disastri ambientali (terremoti, vulcani, inondazioni, siccità e quant’altro) sono stati ben 24,2 milioni.