SOCIETÀ

La PA italiana deve pagare 53 miliardi di euro di debiti commerciali

La mala burocrazia costa alle piccole e medie imprese italiane fino a 31 miliardi di euro all’anno, la Pubblica Amministrazione è indebitata e, salvo un recupero in extremis di circa 23 miliardi da parte del governo, con la prossima Legge di Bilancio potrebbe aumentare l’Iva.

Vista così, l’Italia per le imprese sembrerebbe un paese ostile e non ci sono mini-bot che tengano. A questo bisogna aggiungere che la pubblica amministrazione ha 53 miliardi di euro di debiti commerciali.

Una cifra pubblicata nella “Relazione annuale 2018” presentata dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco e che piazza il nostro Paese in una situazione economica non certo di primo livello.

Secondo le stime della Banca d’Italia quindi, l’ammontare dei debiti commerciali della PA italiana è di 53 miliardi, 4 in meno dell’anno precedente. Cifre che però bisogna prendere con le pinze in quanto il numero, come riferito dalla CIGIA di Mestre, “si basa su indagini statistiche, condotte sulle imprese, e dalle segnalazioni di vigilanza da cui emergono dei risultati che, secondo gli stessi estensori delle stime, sono caratterizzati da un elevato grado di incertezza”.

Ciò che però non è incerto è quello che esce dai dati Eurostat. L’Italia è il Paese con più debiti commerciali in relazione al proprio prodotto interno lordo. Nonostante il miglioramento, dovuto anche all’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria, l’Italia rimane uno stato in cui la pubblica amministrazione è fortemente indebitata con le aziende.

Per fare degli esempi concreti la Grecia ha un indebitamento di quasi la metà in percentuale del proprio PIL rispetto all’Italia. A noi si avvicina solamente la Croazia con una percentuale del 2,8 %. I Paesi più virtuosi, da questo punti di vista, invece sono Cipro, Lettonia, Lituania e Paesi Bassi.

C’è poi un ulteriore parametro da tenere in considerazione: quello della lentezza dei pagamenti. Come riportato nella relazione della Banca d’Italia, “si può valutare che anche nel 2018 circa la metà del totale delle passività commerciali sia connessa con il ritardo nei pagamenti delle Amministrazioni pubbliche rispetto alle scadenze contrattualmente previste”.

Ritardi che, secondo i risultati dello European Payment Report 2019 di Intrum, sono indubbiamente in calo rispetto al 2017, ma rappresentano ancora una problematica da non sottovalutare. Secondo l’indagine infatti tre imprese italiane su dieci (30%) intervistate nel 2018 dichiarano che i pagamenti in ritardo causeranno problemi di liquidità.

In Italia l'articolo 33 del d. lgs. n. 33/2013 obbliga tutte le pubbliche amministrazioni a pubblicare indicatori di tempestività, annuali e trimestrali, dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture. Analizzando i dati rilasciati dal MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) vediamo come, anche in questo caso, ci sia stato un miglioramento rispetto ai tempi medi di ritardo relativi alle fatture del 2017 (10 giorni) e del 2016 (16 giorni).

Andando più nel dettaglio ed affidandoci ai dati che escono da Siope+, cioè la piattaforma che è gradualmente divenuta obbligatoria per le PA dal 2017, in cui dovrebbero (il condizionale è d’obbligo e poi spiegheremo il motivo) essere caricate tutte le informazioni relative ai pagamenti, notiamo come le più “lente” a pagare siano le province con 41 giorni, seguite dai comuni e dalle città metropolitane che in media, rispettivamente, ci impiegano 34 e 33 giorni per pagare.

Analizzando i comuni invece vediamo una sostanziale uniformità tra le varie grandezze. I comuni con più di 60mila abitanti e quelli tra i 10mila ed i 60mila ci impiegano mediamente 42 giorni, quindi pagano con un ritardo di 8 giorni sui limiti di legge.

Un po’ meglio va ai comuni più piccoli. Quelli sotto ai 10mila abitanti mediamente pagano in 35 giorni, cioè con un solo giorno di ritardo sui limiti di legge. Come già accennato questo dato esce dal sistema Siope+, un sistema che però per ora ci permette di valutare solamente dal 1 aprile al 31 dicembre 2018 per i comuni più grandi, al 1 luglio al 31 dicembre per i comuni intermendi e dal 1 ottobre al 31 dicembre per i comuni più piccoli.

Ragionando per regioni invece, vediamo come la meno virtuosa sia la Basilicata, con un tempo medio di pagamento di 103 giorni, cioè le fatture vengono pagate mediamente 73 giorni dopo il limite consentito. La regione più virtuosa d’Italia invece è la Toscana che in media paga dopo 16 giorni, cioè ben dentro i limiti di legge.

Parlando di comuni invece, notiamo che, mentre Sassari, Verona e Bolzano pagano in meno di 20 giorni dal ricevimento della fattura, ci sono città come Andria, Alessandria, Sesto San Giovanni e Casoria che ci impiegano tutti più di 100 giorni, rispettivamente 122, 120, 115 e 112. La province invece, con la premessa che non tutti i dati del 2018 sono disponibili, non presentano eccessive differenze. Tra i fanalini di coda troviamo la provincia di Verbano Cusio Ossola con i suoi 143 giorni e quella di La Spezia, che in media ci mette 144 giorni a pagare una fattura.


Il miglioramento quindi, come abbiamo visto, c’è stato, e le motivazioni si trovano anche nella direttiva UE/2011/7, che ha obbligato l’Italia a ridurre i tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra enti pubblici e aziende private a superare di norma i 30 giorni, eccetto alcune tipologie di forniture, ad esempio quelle sanitarie, che possono raggiungere i 60 giorni. Come riporta il MEF “il rispetto di queste scadenze è un fattore di cruciale importanza per il buon funzionamento dell’economia nazionale e rientra nel rispetto delle direttive europee in materia di pagamenti dei debiti commerciali, su cui la Commissione Europea effettua un puntuale e rigoroso controllo”.

SIOPE+

La piattaforma Siope+ quindi facilità di molto il lavoro effettuato dal MEF. Per ora però, fino a fine 2018, le PA iscritte erano 22.200 per un volume di fatture di 28,2 milioni di euro. Su Siope numericamente ci sono circa gli stessi iscritti all’indice delle PA, cioè l'indice dei domicili digitali delle Pubbliche Amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA), gestito dall'Agenzia per l'Italia Digitale. Come si può notare dall’elenco completo delle PA rilasciato dall’Istat, però gli enti pubblici sono in numero decisamente superiore rispetto ai registrati, segno che per avere una totale e chiara trasparenza su questi temi la strada da fare è ancora lunga e forse bisognerebbe prima concentrarsi su questi dati che preannunciare una misura, i mini-bot, che è stata immediatamente bocciata senza possibilità di appello dal governatore della Bce Mario Draghi che li ha analizzati dicendo: "O creano nuovo debito, o sono una moneta illegale".

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