SOCIETÀ

Pensare le foibe, 80 anni dopo

80 anni fa, a partire dal disfacimento dello Stato italiano dopo l’8 settembre, iniziava il dramma delle foibe nella Venezia Giulia e nella Dalmazia. Una prima avvisaglia (gli eccidi più consistenti ci saranno a partire dal 1945, dopo il ritiro dei tedeschi) del dramma che avrebbe coinvolto i territori che Raoul Pupo nei suoi fondamentali lavori chiama la “frontiera adriatica”, da secoli luoghi d’incontro e di scontro tra nord e sud, est e ovest. Una vicenda perennemente al limite tra la convivenza più o meno pacifica e il conflitto aperto che è stata narrata dallo storico con il libro Adriatico amarissimo (Laterza 2021), che nel titolo riprende un’espressione coniata da Gabriele D’Annunzio. “Una lunga storia di violenza”, come recita il sottotitolo, che viene narrata dalle prime azioni degli irredentisti, represse dalla polizia asburgica e combattute dagli altri movimenti nazionali (in particolare croato e sloveno) e che termina con l’eradicazione quasi totale della secolare presenza italiana dai territori passati alla Jugoslavia dopo il secondo conflitto mondiale.

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

Una ferita a lungo coperta e ignorata ma che negli ultimi trent’anni è tornata prepotentemente all’attenzione nel dibattito pubblico e negli studi storici, a partire soprattutto dall’istituzione nel 2004, con la legge 92 del 30 marzo, del giorno del ricordo, “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Da allora ogni anno il 10 febbraio – giorno in cui nel 1947 furono firmati i trattati di pace di Parigi – è un appuntamento importante e al tempo stesso particolarmente delicato della nostra vita pubblica: tanto più oggi, in cui spetta a un nuovo governo celebrarlo per la prima volta.

Il giorno del ricordo ha innanzitutto una valenza memoriale di riconoscimento delle sofferenze subite da un numero molto elevato dei nostri connazionali che persero la loro Patria, la loro terra d'origine e furono costretti dopo la seconda guerra mondiale a fuggire in Italia” spiega a Il Bo Live Raoul Pupo, già docente di storia contemporanea presso l’università di Trieste. Oltre a questo però il giorno della memoria può diventare l’occasione per di ripercorrere le vicende tormentate di una zona che nel periodo che va dalla fine dell’Ottocento alla metà del Novecento “è diventato un vero e proprio laboratorio della contemporaneità, nel quale si sono scatenate, purtroppo per chi ci viveva, alcune delle grandi dinamiche della grande storia europea”.  Nell’arco di una settantina d’anni davvero nulla è stato risparmiato a chi viveva in quei luoghi: dalla guerra al nazionalismo, dal fascismo al comunismo passando per il nazismo, che hanno riempito di lager e di cimiteri alcune delle più belle isole dell’Adriatico, dagli spostamenti forzati di popolazione agli stragismi (come nell’eccidio di Vergarolla): “studiare queste vicende è una chiave di lettura per capire grandi passaggi da grande storia europea”, ribadisce lo storico.

Con il giorno del ricordo però ogni anno tornano anche le polemiche, con le ricorrenti accuse reciproche di strumentalizzazione. Con il tempo si riuscirà un giorno ad arrivare a una memoria condivisa? “Condivisa certamente no – risponde Raoul Pupo –; le memorie sono soggettive e non si possono scambiare l'una con l'altra. Si può invece arrivare a riconoscere il fatto che in una terra mista esistono diverse memorie, tutte legittime anche se confliggenti, al rispetto e alla riconciliazione delle memorie. Questo è esattamente quello che hanno fatto prima nel 2010 i presidenti d'Italia, Slovenia e Croazia, poi nel 2020 presidenti di Italia e Slovenia, i quali sono recati assieme in alcune dei luoghi memoriali più difficili come la foiba di Basovizza e il monumento ai fucilati sloveni. Luoghi di memorie divise e antagoniste, che per una volta sono stati utilizzati come i spazi di incontro e di riconciliazione nel ricordo comune dei morti di tutti”.

Conferenza "Le foibe, l’esodo e la catastrofe dell'italianità adriatica. Storia e memoria di un confine difficile", Padova 6 febbraio 2023

Un'indicazione forte per il futuro nella prospettiva della cittadinanza comune europea, soprattutto in un momento in cui invece la guerra è tornata di nuovo prepotentemente in Europa e che dall’Ucraina minaccia di espandersi a ovest, verso una frontiera adriatica che oggi sembra pacificata. “L’area balcanica può essere ancora sede di focolai molto gravi di tensioni: rapporti tra Serbia e il Kosovo, ma anche la situazione in Macedonia sono di crisi che sono state sedate ma non risolte” conclude lo studioso, che invece è più ottimista per quanto riguarda i nostri vicini: “Per quanto riguarda le frontiere attuali tra Italia, Slovenia e Croazia direi invece che al momento non c’è assolutamente pericolo”. E noi vogliamo credergli, nella speranza che per nessuno l’Adriatico non torni mai più ad essere amarissimo.

Per saperne di più

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012