François Truffaut sul set. Foto: Contrasto
Il 6 febbraio François Truffaut avrebbe compiuto 90 anni. È ancora un autore molto amato (come testimoniano le molte riprese dei suoi film) e praticato (come testimoniano le molte pubblicazioni ancora in uscita). Non succede per molti altri autori, magari originali, chi – per esempio – mantiene il ricordo di Fassbinder? È lecito allora chiedersi le ragioni di questa persistenza truffautiana. Sono molte, ne scegliamo in breve solo alcune.
Ci ha insegnato che c’è compatibilità tra genere e autore; detto altrimenti che si può raccontare una storia seguendo alcune regole e metterci dentro elementi della propria poetica. E i generi possono essere molto diversi, dal “giallo” (cinque film, tra cui Tirate sul pianista e La sposa in nero), al melodramma (Adele H una storia d’amore o La signora della porta accanto), alla commedia. L’identico o il simile nel diverso.
Lo sapevamo (l’amato Hitchcock, tanto per dire) anche da altre discipline, l’ha ribadito una volta per tutte. E non devi, su questo o altri fronti, avere nessun timore di confrontarti con diversi linguaggi; puoi, insomma, narrare una storia in prima persona (come sul capolavoro di esordio, I quattrocento colpi, sul tema caro dell’infanzia) o rifarti a un testo letterario senza nessun pegno di dipendenza (dieci dei 21 film girati). Lo sapevamo, l’ha confermato definitivamente.
Ma Truffaut ha fatto un passo in più; detto in formula: non esiste l’infilmabile, si può trarre un film da qualsiasi testo: da una relazione scientifica (Il ragazzo selvaggio) o da una diario (Adele H.), forme lontane dalla tradizione del rapporto fra storie scritte e cinema.
E dietro questa complessa rete di forme truffautiane, ci sono personaggi che ritornano? Spesso sono portatori di grandi passioni, e sono sempre personaggi femminili. Che sanno andare “fino in fondo”, sapendo che c’è uno scotto da pagare, magari la morte (Jules e Jim o La signora della porta accanto) o la perdita dell’identità (lo straordinario finale di Adele H.). Siamo lontani dalla mediocrità dei sentimenti, dal grigio colore dell’esistente.