SOCIETÀ

Le periferie raccontate con i fumetti

Raccontare la ricerca attraverso i fumetti non è cosa completamente nuova; meno comune è che a ricoprire il ruolo di autori/fumettisti siano gli stessi i ricercatori. Sta anche in questo l’originalità di Quartieri. Viaggio al centro delle periferie italiane, appena pubblicato da Becco Giallo, casa editrice padovana specializzata nell’applicare il linguaggio grafico a contenuti dal forte carattere sociale e culturale.

Il libro raccoglie cinque racconti ambientati nei quartieri periferici di altrettante città italiane: San Siro a Milano, Arcella a Padova, Bolognina a Bologna, Tor Bella Monaca a Roma e lo Zen di Palermo. Zone spesso associate al degrado e che lasciano su chi ci vive un forte stigma sociale, ma che nelle pagine del volume mostrano anche un’insospettabile vitalità, rivelandosi i laboratori in cui si costruisce la società di oggi con i suoi valori e la sua estetica, luoghi fondamentali per la costruire la propria identità personale e per stabilire relazioni sociali forti.

Lo spunto per il libro nasce dalle ricerche dei curatori del volume: Giada Peterle, geografa culturale e docente di geografia letteraria presso l’università di Padova, e Adriano Cancellieri, sociologo urbano allo Iuav di Venezia. “Da tempo mi occupo delle rappresentazioni letterarie e narrative delle città e dei quartieri”, spiega a Il Bo Live Giada Peterle, che negli ultimi tempi ha iniziato a interessarsi per il suo lavoro anche al racconto grafico (come spiega in un recente articolo pubblicato sulla rivista Living Maps Review). “In fondo tra cartografia e fumetti ci sono molte somiglianze. Entrambi consistono in un incontro tra parole e immagini, inoltre sia all’utente di una mappa che al lettore di fumetti è richiesto di essere in qualche modo interattivi, di interpretare cioè i segni grafici in maniera originale e creativa”.

Nel 2018, durante la collaborazione con l’allora istituendo Museo di Geografia dell'Università di Padova, Peterle inizia a concentrare la sua attenzione sul quartiere padovano dell’Arcella, venendo in contatto con Adriano Cancellieri, che è anche coordinatore master U-rise sulla rigenerazione urbana e innovazione sociale. Nasce così in entrambi l’idea di una Graphic novel che comunichi le intense dinamiche di uno dei quartieri più popolosi e caratteristici della città attraverso un linguaggio diverso, progetto che poi viene condiviso con altri ricercatori in tutta Italia, sfruttando la rete transdisciplinare nata intorno a Tracce Urbane, rivista italiana di studi urbani, e alla rivista di fumetti Stormi.

Invece di ragionare sul concetto di periferia abbiamo messo al centro quello di quartieri, che ci sembrava più fertile – continua Peterle –. L’idea è di andare oltre le etichette per osservare questi spazi come arene sociali in cui agisce una serie di forze, positive e negative, che meritano di essere raccontate anche con una prospettiva dal basso, partendo dalle storie personali e dalle relazioni sociali. Che raccontano comunità vive, dense e complesse, anche difficili a volte, ma che hanno dentro sé una serie di energie che non sempre vengono registrate dal racconto ufficiale”.

Dai racconti emerge il ruolo fondamentale delle donne, vere protagoniste dei processi di socializzazione

Spesso nel libro emergono alcune caratteristiche comuni tra le realtà considerate: il passaggio difficile da un passato industriale a un presente dominato dalla crisi, l’impatto dell’immigrazione, prima interna e poi esterna, la multietnicità e multiculturalità come tratti salienti e caratteristici rispetto alle aree ‘bene’ della città. Ma anche la grande fame di spazi comuni e di incontro, l’importanza degli istituti scolastici come luoghi di socializzazione prima ancora che di educazione e soprattutto il ruolo fondamentale delle donne, vere protagoniste dei processi di socializzazione, di presa di coscienza e di rivendicazione da parte delle comunità in cui operano.

Le figure femminili, sia migranti che italiane, emergono in questi contesti come energia positiva e propulsiva nella costruzione del futuro – conclude la studiosa –. Lo abbiamo visto ad esempio nel capitolo sul quartiere San Siro a Milano, in cui le madri dei bambini che frequentano una scuola con un’altissima percentuale di studenti stranieri si sono organizzate perché si rendono conto che è proprio questa caratteristica a rendere speciale l’ambiente in cui crescono i loro figli, e che il multiculturalismo può essere un valore e non un disvalore come spesso viene raccontato: è anzi il laboratorio in cui nasce la città del futuro”.

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