UNIVERSITÀ E SCUOLA

Pezzi da museo: il clima che cambia

Quest'estate abbiamo deciso di intraprendere un viaggio alla scoperta dei musei dell'università di Padova, che possono essere una meta interessante per i turisti che visiteranno la città ma anche per tutti quei cittadini che, approfittando della bella stagione, possono riuscire a ritagliarsi qualche ora libera dalle incombenze quotidiane.
Sulla scia di questo spirito di scoperta, cominciamo dal Museo di geografia e dai suoi reperti.

La geografia è il punto di raccordo tra scienza e favola, perché quando si esplora ci si trova davanti a storie più interessanti delle favole stesse: non è un caso se il museo è stato diviso nelle tre sezioni "Esplora", "Misura", "Racconta", che sono le tre mosse che permettono di raccogliere e analizzare i dati e di rendere conto della complessità del nostro mondo anche a scopo divulgativo.

Nel museo, diretto da Giada Peterle e curato da Giovanni Donadelli, sono esposti globi e atlanti antichi, documenti, rocce, carte e plastici storici, strumenti di misura e tutto il materiale raccolto dal 2013 al 2015 a partire da dalla collezione che Giuseppe Dalla Vedova ha riunito nel tempo perché, quando nel 1867 aveva iniziato la sua carriera universitaria, si era trovato privo di carte, globi e di tutti quei mezzi che gli avrebbero permesso di insegnare geografia come faceva prima alle superiori, sfruttando questi strumenti senza limitarsi a una più classica lezione frontale.

Nella sezione "Misura" troviamo proprio gli strumenti di misurazione che hanno portato, tra le altre cose, a comprendere meglio il cambiamento climatico. La sala è intitolata a Luigi De Marchi, autore della voce "clima" nell'Enciclopedia Treccani, che negli anni Venti del Novecento ha coordinato la prima Commissione Internazionale per lo studio dei cambiamenti climatici. Il curatore del museo, Giovanni Donadelli, ci racconta la sua storia e ci mostra alcuni strumenti per le misurazioni atmosferiche, perché per studiare un fenomeno complesso come quello in oggetto c'è bisogno di dati precisi, misurati con strumenti adatti.

Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Elisa Speronello

Nel video facciamo anche la conoscenza del barotermoigrografo, che misura la pressione atmosferica e la riporta per mezzo di un pennino su un cilindro di carta avvolto attorno a un tamburo caricato a molla. Il processo può continuare in autonomia per una settimana, senza l'intervento di un essere umano che cambi il rotolo di carta. La parte superiore del macchinario, invece, è l'igrografo, uno strumento che registra le variazioni dell'umidità atmosferica. Piccola nota di colore: per procedere alla misurazione venivano utilizzati dei capelli, e venivano date indicazioni precise su come questi dovevano essere trattati (per fare un esempio, dovevano essere biondi e venivano sgrassati con l'etere). Più era alto il livello di umidità, più il capello si allungava e la variazione veniva registrata con una punta scrivente.

Ma niente paura, conclude Donadelli, perché nessuna donna viene maltrattata o rapata al Museo di geografia: prendendo in prestito le parole di Edoardo Vianello, in questo caso non è un capello, ma un crine di cavallo!

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