SOCIETÀ

I prezzi dei cereali aumentano ancora: conseguenze anche sull'allevamento

Poco dopo lo scoppio della guerra in Ucraina erano circolate delle dichiarazioni di esponenti di alcune istituzioni internazionali che ipotizzavano una crisi di produzione del cibo. Alla base di queste preoccupazioni c’erano le mancate produzioni di Ucraina e Russia, la prima impossibilitata a produrre per vie del conflitto sul proprio territorio, la seconda estromessa dai principali mercati attraverso le sanzioni. 

Alcune settimane fa, nel ricostruire la dipendenza dell’Italia e dell’Europa dalla produzione agricola di questi due paesi, avevamo evidenziato come gli effetti diretti sarebbero stati meno preoccupanti di quanto riportato dai media, almeno per quanto riguarda la nostra situazione nazionale e quella continentale sul fronte dell’approvvigionamento di cereali. Questo non significa che la guerra non abbia degli effetti per altri paesi, come l’Egitto e la Turchia, che dipendono maggiormente dalle esportazioni russe. 

All’inizio di maggio ISMEA, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare che monitora il settore della produzione agricola per conto del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali italiano, ha reso disponibili i dati sui prezzi fino al mese di aprile. È evidente un ulteriore aumento dei prezzi dei cereali o un consolidamento su valori che sono in generale tendenzialmente più alti di due anni fa e in qualche caso proprio da record.

 

Anche in questo nuovo rilascio di dati, ISMEA sottolinea come la guerra abbia aggiunto pressione al mercato. Ma la situazione era già resa complicata da altri fattori, come per esempio la siccità che sta colpendo il continente nordamericano, in particolare il Canada, importantissimo produttore di frumento duro. 

 

L’effetto sugli allevamenti

In Italia, le previsioni più preoccupanti riguardavano il settore dell’alimentazione animale. E i nuovi dati confermano che l’effetto si comincia a sentire. I dati ISMEA presentati al Poultry Forum 2022 che si è svolto a Rimini mostrano una crescita dei costi della produzione di pollame e uova. A incidere, come per molte altre attività industriali, è l’aumento dei costi dell’energia. A cui va aggiunto un sensibile aumento dei prezzi delle materie prime per l’alimentazione animale. Rispetto ad aprile 2021, il prezzo del mais è aumentato del 59%, la soia del 15% e l’orzo del 90%.

 

Per capire l’importanza di questi aumenti, bisogna ricordare che sia per l’allevamento di animali per il consumo della carne, sia nel caso della produzione delle uova, il peso del costo dell’alimentazione si aggira sul 60% del totale.

Un aumento del costo dell’alimentazione ha quindi effetti importanti sul prezzo finale dei prodotti. Per quanto riguarda le uova, per esempio, il prezzo di 100 pezzi (l’unità di misura che si usa nel settore) è passato dagli 11,57 euro di aprile 2021 agli oltre 14 euro di aprile 2022.

 

 

La variazione mese su mese da gennaio 2021 a oggi mostra come anche in questo caso, allo stesso modo che per l’aumento dei prezzi dei cereali, la crescita sia iniziata ben prima dell’inizio della guerra. Per gli analisti di ISMEA, il settore delle uova è quello più preoccupante nel comparto agricolo. Va ricordato, infatti, che le filiere per la produzione della carne di pollo e delle uova sono separate e hanno, come mostra il dettaglio dei costi, esigenze specifiche. Inoltre, l’andamento del mercato della prima non è necessariamente legato all’andamento del mercato delle seconde. Così, a livello mondiale si sta assistendo a un generale aumento di domanda della carne di pollo, complice una maggiore richiesta dal mercato cinese, ma non c’è un corrispondente aumento di richiesta di uova. Questo significa che è possibile per chi produce carne “scaricare” una parte di questi aumenti di costi su un prodotto molto richiesto, il cui mercato permette di assorbire al momento questa situazione. Non è così per le uova, il cui mercato è appunto meno dinamico e un aumento del prezzo del prodotto potrebbe essere deleterio.

 

Il prossimo futuro

Siamo ormai verso l’estate e per questo motivo il rapporto ISMEA si sbilancia a fare alcune previsioni sull’andamento dei raccolti. Detto che al momento, per quanto riguarda gli approvvigionamenti e le scorte non si registrano elementi fuori dalla norma, queste previsioni - avvertono - vanno comunque prese con molta cautela. Per quanto riguarda il frumento duro, nonostante le siccità, la produzione mondiale è prevista in aumento del 20% rispetto alla stagione precedente. La produzione di frumento tenero, invece, potrebbe per la prima volta negli ultimi quattro anni conoscere una flessione (-0,5%) e le cause sono da rilevare soprattutto in fattori climatici sempre più problematici. Anche il mais è previsto in calo (-1,1%) sul fronte della produzione, ma va registrata una previsione di un forte calo delle scorte (-7%), che potrebbe avere effetti nei prossimi anni. L’aumento dei prezzi della soia, invece, farà sì che la superficie coltivata aumenterà del 2% a livello globale, con un conseguente aumento record dei raccolti: +9,8%.

La complessità delle filiere agricole, sia sul fronte dei cereali che dell’allevamento, mostra come siano interconnessi diversi aspetti della nostra economia globalizzata. La guerra in Ucraina, e in generale tutte le guerre, hanno effetti sulla produzione e i mercati. Ma queste analisi mostrano anche come un elemento ricorrente di preoccupazione siano le condizioni climatiche che di anno in anno diventano più difficili da affrontare per gli imprenditori agricoli. La guerra ha brevemente posto sotto l’obiettivo mediatico il tema del costo della produzione di cibo. Ma, vista l’importanza che ha, la copertura mediatica degli effetti del cambiamento climatico sull’agricoltura è sempre troppo poca.

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