SOCIETÀ

Gli effetti sul mercato agroalimentare della guerra in Ucraina

Nelle scorse settimane ha fatto molto discutere la dichiarazione del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, secondo la quale il conflitto in Ucraina porterà a una crisi nel settore del cibo. Lo ha ribadito anche Michael Fakhri, consulente delle Nazioni Unite sul cibo, che ha parlato di “aumento globale della malnutrizione e delle carestie". Per capire che rischi corre la catena globale della produzione del cibo, e quali sono i potenziali effetti sul settore italiano, guardiamo ai dati per cercare di capire quanto pesino Russia e Ucraina nella produzione agricola mondiale.

Quota del mercato agroalimentare di Russia e Ucraina

Il conflitto in corso sta mettendo in difficoltà entrambi i paesi coinvolti in maniera diretta. Ovviamente, il peso è sicuramente sentito molto di più dal paese invaso. Con il prolungamento della guerra, per quanto riguarda l’Ucraina si cominceranno a sentire i problemi della mancata o limitata semina di primavera. All’inizio di aprile queste preoccupazioni espresse dal World Food Program sono state riportate anche dai media, a cominciare dal Guardian.

Sul fronte del mercato mondiale dell’agroalimentare, quindi allargando lo sguardo oltre la produzione per il consumo interno, i due paesi hanno comunque pesi importanti a livello mondiale, soprattutto in alcuni settori. Lo raccontano i dati elaborati da ISMEA, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare che monitora questo settore per conto del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali italiano. Complessivamente per l’area ex-sovietica, le importazioni di prodotti agroalimentari sugli scambi mondiali superano di poco il 3%, mentre nell’export la quota è leggermente maggiore, 3,7%. In entrambi i casi, la Russia è il peso maggiore e copre circa il 2%. Sono quindi soprattutto le sanzioni, che comprendono un blocco delle esportazioni dalla Russia, a giocare un ruolo.

 

Il granaio d’Europa

Russia e Ucraina hanno comunque un ruolo centrale nel settore della produzione di cereali. Lo ricorda anche l’adagio secondo cui proprio l’Ucraina sarebbe stata il “granaio d’Europa” e dell’Impero zarista. In questo settore, i due paesi hanno un peso importante nella produzione di grano tenero, comprendo complessivamente quasi il 15% della produzione mondiale.

In questo settore di produzione, la Russia con i suoi 75 milioni di tonnellate prodotte pesa comunque come mezza Unione Europea, che è il maggior produttore mondiale con 130 milioni di tonnellate. Per questa posizione di grande produttore, oltre il proprio fabbisogno interno, l’Unione Europea non dovrebbe risentire troppo degli effetti dell’esclusione di Russia e Ucraina dal mercato del grano tenero.

In termini di approvvigionamenti, i paesi che maggiormente dipendono da Russia e Ucraina per il grano sono Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran. Questi quattro paesi, secondo quanto raccontano i rapporti delle Nazioni Unite riportati dal Guardian, importano dai due paesi in guerra circa il 60% del proprio fabbisogno interno.

Ruolo diverso, invece, hanno Russia e Ucraina nel settore del grano duro, quello che noi italiani utilizziamo per la produzione della pasta. Si tratta di un mercato globale comunque molto più piccolo, 30 milioni di tonnellate prodotte a fronte di 750 milioni per il grano tenero nell’ultimo anno, e nel quale i due paesi in guerra non compaiono tra i dieci principali produttori al mondo.

Da questi numeri raccolti e pubblicati da ISMEA, si capisce che il recente aumento del prezzo nel nostro paese non è direttamente legato alla guerra in Ucraina. Si tratta di un effetto indiretto. Come riportava il Corriere della Sera il 28 febbraio, un ruolo importante è dato dall’aumento dei prezzi dell’energia. Ruolo più importante nel determinare l’aumento del prezzo del grano duro è sicuramente la siccità che ha colpito la produzione canadese, che come si vede dal grafico sulle esportazioni ha più dimezzato la propria quota di mercato nell’ultimo anno.

Il grafico con l’andamento del prezzo dei principali cereali consumati in Europa mostra chiaramente che c’è una crisi del prezzo, soprattutto per il grano duro, che è cominciata prima della crisi in Ucraina. Situazione che la guerra non può certo aiutare a migliorare, ma che non mette in difficoltà l’industria molitoria italiana.

La situazione dell’Italia

Per quanto riguarda il nostro Paese, oltre al grano duro e al grano tenero, ci sono altri effetti meno evidenti ma importanti che la crisi ucraina ha aperto nel settore agroalimentare.

 

Coldiretti segnala che l’Ucraina è uno dei principali produttori di oli di semi, in particolare di olio di semi di girasole. Oli che, sempre secondo le rilevazioni di Coldiretti, hanno visto i prezzi aumentare del 23,6%.

Un altro settore in cui l’Italia potrà vedere rapidamente una combinazione di effetti della guerra e delle sanzioni che bloccano le esportazioni è quello dell’alimentazione degli animali da allevamento. L’Ucraina è un importante produttore di mais e di soia, utilizzati per la produzione di mangimi. Con effetti che possono colpire la produzione di latte, carne e uova italiani.

 

Altri effetti

Gli effetti della guerra sono anche indiretti. Dal 5 marzo, per esempio, Ungheria e Bulgaria, preoccupate dalle potenziali difficoltà di approvvigionamento, ha bloccato le proprie esportazioni di cereali. È l’equivalente degli scaffali vuoti al supermercato dovuti alla paura. Lo abbiamo visto durante i mesi più duri della pandemia e qui lo vediamo applicato da due governi per paura delle conseguenze della guerra. 

Allargando per un attimo lo sguardo dal settore strettamente dei prodotti alimentari, ISMEA sottolinea la rilevanza della Russia nella produzione ed esportazione dei fertilizzanti. La Russia, infatti, è il primo esportatore a livello globale di fertilizzanti con 6,1 miliardi di euro nel 2020 (13% del totale export mondiale). “Tuttavia,” si legge nel loro rapporto, “l’Italia è un mercato di destinazione della Russia poco rilevante, posizionandosi in quarantottesima posizione tra gli acquirenti, con poco più di 24 milioni di euro acquistati nel 2020 (il 5% circa degli acquisti nazionali di fertilizzanti nel 2020)”. Ciononostante, a livello internazionale, anche questo effetto mostra la complessità della sistema di produzione agroalimentare mondiale.

Rispetto ai valori dello scorso anno grano tenero e mais hanno già superato la quota record di 400 euro per tonnellata, con aumenti compresi tra il 30 e il 40 percento. Ma questa tendenza potrebbe peggiorare per l’effetto combinato dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle conseguenze dirette e indirette della guerra.

 

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