SCIENZA E RICERCA

Dinosauri. Fascinazione senza tempo

Il successo di film come Jurassic Park, uscito trentadue anni fa - ora nuovamente al cinema con l'ennesimo capitolo del franchise Jurassic World - conferma una passione che resiste e attraversa il tempo. "I dinosauri ci affascinano e continuano a farlo di generazione in generazione [...] Ci poniamo la domanda: cosa succedeva milioni di anni fa? Cosa avveniva nel passato del passato? La nostra specie non esisteva nemmeno e, a dirla tutta, se ci equipariamo all'intera vita della Terra siamo praticamente dei neonati. Quel contatto che pare impossibile a un primo pensiero, però, grazie alla paleontologia, non lo è affatto". Il passato del passato: è questa la preistoria. È lontanissima eppure è accessibile, grazie a un costante lavoro di studio e ricerca sul campo. Nel libro A caccia di dinosauri (Rizzoli, 2022) a raccontarlo è Federico Fanti, paleontologo, geologo, docente all'Università di Bologna - con un laboratorio attivo nella divulgazione di temi legati alla paleontologia dei vertebrati - e National Geographic Explorer. Al ritorno dalla sua ultima campagna di scavo, l'abbiamo intervistato. Con lui abbiamo parlato di ricerca, trasmissione di conoscenza, fascino eterno dei dinosauri e di quanto studiare il passato risulti fondamentale per leggere il presente e costruire il futuro. 

"Sono appena rientrato dal primo lotto delle campagne di scavo che, quest'anno, mi riportano nell’area in cui lavoro da più tempo, il Canada. La provincia interessata è quella dell'Alberta, al confine con gli Stati Uniti, uno dei più ricchi giacimenti fossili del pianeta. Sono ormai ventidue anni che torno regolarmente in quelle zone. Lì abbiamo avviato diversi progetti: ci sono tantissimi fossili, inclusi i dinosauri, ma ci sono anche ambienti diversi registrati nelle rocce che ci permettono di osservare gli ecosistemi marini, costieri, fluviali, con molta o con poca vegetazione, rappresentativi di fasce climatiche differenti. Le successioni rocciose sono continue nel tempo e dimostrano come queste oscillazioni siano legate, per milioni di anni, agli animali stessi: questo è il tipo di lavoro che mi piace fare, non mi interessa la singola specie, piuttosto sono interessato ai cambiamenti degli ecosistemi nel tempo e, di conseguenza, anche degli organismi. Negli ultimi anni siamo riusciti a portare con noi sempre più studenti: per loro è una prima esperienza sul campo in giacimenti veramente eccezionali".

Come viene gestita l'organizzazione di queste spedizioni e come si ottengono i giusti finanziamenti per poterle avviare e sviluppare nel lungo periodo? "Ci sono tante tipologie di campagne di scavo: quelle di maggiore successo, come quest'ultima, nascono grazie ad alcune cordate. Nello specifico, io collaboro con colleghi canadesi, da Toronto ed Edmonton, con l'obiettivo di unire le forze per portare avanti campagne di scavo anche di quaranta giorni. L'obiettivo è arrivare a una programmazione degli equipaggi, che si devono dare il cambio in modo tale da riuscire a sfruttare al massimo il periodo estivo, e dell'allestimento per il campo: tende, cibo, trasporti. I finanziamenti nascono dal nostro lavoro, siamo noi ricercatori a cercarli tramite bandi di ricerca, pubblici e privati, per trovare un budget che ci permetta di sviluppare tutto il lavoro. Quando le cose funzionano bene, e quest'ultimo è un esempio positivo, si riesce a dedicare una fetta di bilancio alle borse di studio per studentesse e studenti, potendo così coprire la maggior parte delle spese per le loro trasferte. Nel quadro complessivo di una spedizione la parte logistica viene sottovalutata, in realtà è quella mentalmente più stancante, perché riguarda anche e soprattutto i permessi, che servono ogni volta che si va a scavare. Bisogna organizzare una filiera logistica complicata, di conseguenza, siamo già al lavoro per l'anno prossimo". 

Dopo la preparazione si arriva sul campo. "Anche in questo caso l'esperienza aiuta, non tanto a capire quanta fatica farai, perché quello lo scopri direttamente sul posto, ma a capire quante persone potrebbero essere necessarie per un determinato tipo di lavoro, trovando l'equilibrio tra chi ha esperienza e chi partecipa per la prima volta. Bisogna cercare di non arrivare impreparati: queste spedizioni scientifiche si basano interamente sulla capacità degli organizzatori di evitare i guai, organizzando bene tempi, risorse ed energie".

Ogni campagna di scavo è collegata alla precedente all'interno di un progetto più ampio e complesso? "Nel 90 per cento dei casi c'è una consequenzialità: andiamo già in luoghi che conosciamo, che monitoriamo o dove sappiamo esserci la concreta possibilità di portare a casa dei risultati. Si torna in zone produttive e si dedica una parte del tempo a cercare qualcosa di nuovo. In Canada, in un'area molto grande, dove torniamo regolarmente per finire lavori iniziati uno, due o tre anni prima - uno scavo, una misurazione, un campionamento -, esiste sempre una componente di esplorazione. Altre volte, ma sono spedizioni più rare, ci si dedica alla ricerca pura in una nuova area che sembra promettente investendo tutto il tempo a cercare: possiamo trovare qualcosa oppure niente, a discrezione della sorte". 

Da quest'ultima spedizione cosa avete portato a casa? "La campagna appena conclusa è un caso classico. Abbiamo chiuso alcuni lavori, sulle successioni geologiche e gli ecosistemi, e ne abbiamo iniziati altri, frutto delle prospezioni fatte: abbiamo iniziato a scavare in un nuovo punto e, prima di lasciare il Canada, abbiamo aperto uno scavo che ora è in corso e sul quale stanno continuando a lavorare i colleghi canadesi. Nelle prossime settimane arriveranno aggiornamenti".

Hai parlato del coinvolgimento di studentesse e studenti nelle campagne di scavo: in questo senso, quanto conta la trasmissione di conoscenze e competenze? "Per me il passaggio diretto di conoscenze è fondamentale: lo è sempre stato, prima come studente, poi come docente. Per i tempi, la costanza, i colpi di fortuna e sfortuna, questo mestiere va vissuto: c'è una componente pratica che può essere trasmessa solo sul campo. Raccontarlo non è la stessa cosa, è una componente su cui non tratto, è veramente la chiave di tutto".

I dinosauri sono una pietra miliare della nostra storia, sono la nostra foto di famiglia

Anche l'Italia è un'area interessante dal punto di vista dei giacimenti? Penso alla Gola del Bottaccione, sito tra i più importanti del mondo, profondamente legato alla storia dei dinosauri, prima testimonianza dell’impatto dell'asteroide che portò alla loro estinzione. "L'Italia è un Paese incredibilmente ricco di fossili e materiale paleontologico, ma se il tema è quello dei dinosauri, di fatto, in Italia abbiamo tre o quattro località di interesse, non di più. Come per tutte le cose rare, però, ci si guadagna in prestigio: se vengono svelati i segreti dei dinosauri in un luogo dove ce ne sono pochissimi e difficilissimi da trovare, automaticamente, quella scoperta rappresenterà un pezzo unico. Nei giacimenti di Canada, Sud America, Asia ce ne sono talmente tanti che alcuni vengono lasciati indietro, si cerca la chicca tra molti dinosauri. Qui, invece, per ogni scoperta si accende immediatamente l'attenzione internazionale. Personalmente mi occupo della supervisione scientifica delle ricerche avviate al Villaggio del pescatore (Duino-Aurisina, Trieste, ndr) che, insieme a tutti gli altri giacimenti del Friuli Venezia Giulia, è una eccellenza internazionale e merita di essere conosciuto dal grande pubblico. A inizio progetto eravamo in quattro, impegnati a chiedere permessi per lo scavo. Adesso, dopo due anni di lavoro, siamo una squadra di quarantadue persone. Questo per dare l'idea di come si può accelerare di fronte a un materiale di valore, che ha bisogno di essere studiato da equipe multidisciplinari". 

La sostanza c'è, bisogna saperla valorizzare. "In Italia c'è materiale di ottima qualità, lo ribadisco. La paleontologia e i dinosauri hanno un potenziale enorme. Ma qui sorge un problema: si brucia tutto in fretta. Attorno a una scoperta si crea subito un'enorme attenzione, un'eco mediatica che esplode in un attimo e, subito, si consuma, eppure parliamo del lavoro svolto in vent'anni di attività di ricerca. È una questione aperta, che esiste da tempo e che stiamo cercando di risolvere, mitigando i risultati per dare continuità. Come per tutti gli argomenti, la costanza premia: va data una notizia alla volta, un'immagine alla volta, in un certo senso puntando sulla fedeltà del pubblico interessato a questo argomento".


Nel nostro libro La scienza nascosta nei luoghi d'Italia (Il Bo Live) un capitolo, scritto da Sofia Belardinelli, è dedicato proprio alla Gola del Bottaccione: Gubbio e i dinosauri


Uno studio recente ha analizzato i tessuti molli fossilizzati dei dinosauri offrendo spunti per indagini sul cancro, con uno sguardo al futuro della ricerca. Aggancio perfetto per introdurre l'ultima domanda: in che modo lo studio dei dinosauri, di un passato così remoto, lontanissimo da noi, può rivelarsi prezioso nella lettura del presente e in prospettiva futura? "Il punto di svolta avviene quando inizi a considerare i dinosauri e la preistoria come un pezzo dell'albero di famiglia. Quello che accade a noi, ora, malattie e cambiamenti inclusi, è già stato vissuto in passato: esiste un registro di queste esperienze. Come l'uomo sopravvive, oggi, deriva interamente da chi ha fornito gli strumenti per poterlo fare. Malattie, ferite: tutti gli organismi viventi ne soffrono. Studiare i dinosauri e la preistoria ci aiuta a comprendere perché le cose che ora ci spaventano funzionano in un determinato modo. È esattamente l'obiettivo della ricerca scientifica, grazie a cui iniziamo a capire come porre le domande giuste su determinati temi: per esempio, come sono nate e come si sono sviluppate alcune patologie nel tempo? Se consideriamo questo, possiamo trovare la chiave più utile e concreta per avere risposte. In un periodo storico attraversato da emergenze, come quello che stiamo vivendo, noi cerchiamo di capire come uscire dai guai. Studiare il passato ci aiuta a comprendere quello che accade".

Concludo chiedendoti di ritornare all'inizio e spiegarmi perché i dinosauri continuino ad affascinarci così tanto, indipendentemente dall’età: è una passione che non si esaurisce al termine dell'infanzia. "È un tarlo che si innesta da bambini, è una delle prime cose che affascina e incuriosisce. Dopodiché, anche crescendo, da adulti, capiamo che effettivamente non erano solo storie contenute nei libri quelle che leggevamo da piccoli, ma è qualcosa di reale, concreto, tangibile, che possiamo ritrovare. Non è fantascienza. Tendiamo a inserire i dinosauri nel calderone delle cose immaginifiche ma non c'è niente di inventato: erano qui, sotto casa tua, ma in un tempo diverso. I dinosauri sono letteralmente una pietra miliare della nostra storia, sono la nostra foto di famiglia. Quando lo capisci, forse, per un attimo, resti sorpreso e ti chiedi: è tutto vero? La risposta è sì".


Una selezione di studi recenti

Di dinosauri si è scritto e si scrive tantissimo. La ricerca non smette di rivelarci dettagli. "Circa 100 milioni di anni fa, 23 chilometri a ovest di quella che oggi è Denver, grandi gruppi di dinosauri maschi simili a Tyrannosaurus rex si riunirono per danzare, contorcersi e scalciare", si legge su Science, in apertura di un articolo dedicato a uno studio che condivide nuove prove relative ai rituali di accoppiamento. "Immagini aeree ad alta risoluzione, acquisite da droni, documentano tracce di teropodi non aviari (Ostendichnus) durante le esibizioni di accoppiamento lungo due livelli stratigrafici della Dakota Sandstone del Cretaceo superiore (Cenomaniano) a Dinosaur Ridge, Colorado, negli Stati Uniti". Ed è solo una delle ultime ricerche, diventate presto notizie, che nutrono l'interesse nei confronti dei rettili preistorici estinti. 

I ricercatori dell'Università dell'Alberta, a Edmonton, in Canada, hanno pubblicato uno studio in cui vengono condivisi indizi relativi a una struttura di tessuto molle precedentemente sconosciuta nella regione delle guance di molte specie di dinosauri: "La scoperta approfondisce la nostra comprensione dell'anatomia dei dinosauri e mette in luce i limiti degli attuali metodi di ricostruzione di parti dell'anatomia dei dinosauri che non possono essere ben conservate", spiegano.

Ancora, uno studio durato 25 anni, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature, ha permesso di ricavare informazioni sui primi dinosauri partendo dalle preferenze alimentari. “Ricostruire chi ha mangiato cosa, in passato, è un vero lavoro da detective. Esaminare cosa mangiavano gli animali e come interagivano con il loro ambiente ci permette di comprendere ciò che ha reso possibile il successo dei dinosauri”. Parola di Martin Qvarnström dell’Università di Uppsala, in Svezia, tra gli autori di Digestive contents and food webs record the advent of dinosaur supremacy. Possediamo più informazioni sull’estinzione rispetto a quelle sulle origini dei dinosauri, ovvero i processi che ne determinarono l’evoluzione e il successo: questo studio si concentra proprio su quest’ultimo aspetto, prendendo in considerazione l’evoluzione nel periodo del Triassico superiore e un’area specifica poco esplorata della Polonia meridionale. I ricercatori hanno creato un quadro completo degli ecosistemi durante i periodi Triassico e Giurassico - da circa 230 a 200 milioni di anni fa - combinando le informazioni relative ai coproliti con i dati climatici e le informazioni di altri fossili: piante, segni di morsi, vomito, impronte e ossa. I paleontologi dell'Università di Uppsala, in collaborazione con altri ricercatori da Norvegia, Polonia e Ungheria, hanno esaminato centinaia di campioni per visualizzare nel dettaglio le parti nascoste delle feci fossilizzate, i cosiddetti coproliti. Identificando resti di cibo non digerito, piante e prede, hanno ricreato la struttura degli ecosistemi nel periodo in cui i dinosauri iniziarono la loro storia da leader partendo proprio dalla capacità di adattamento anche e soprattutto dal punto di vista alimentare. Una dieta diversificata e la capacità di adattamento si rivelarono cruciali per la loro sopravvivenza durante i cambiamenti ambientali del tardo Triassico. Studiando gli ecosistemi del passato - precisano i ricercatori - possiamo comprendere come la vita riesca ad adattarsi e prosperare in condizioni ambientali mutevoli. 

Partendo dal loro successo evolutivo, da veri leader preistorici, i dinosauri non smettono di “mostrarsi” e fornire informazioni e tracce preziose che attraversano il tempo. In Gran Bretagna è stata scoperta una via giurassica con centinaia di impronte: i ricercatori delle università di Oxford e Birmingham hanno scoperto una distesa di fondo di cava con impronte di dinosauri che creano molteplici piste. Risalenti al Giurassico medio (circa 166 milioni di anni fa), le piste formano parte di un'enorme "autostrada dei dinosauri" e includono impronte del predatore Megalosaurus e di dinosauri erbivori di grandi dimensioni.

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