SCIENZA E RICERCA

Il primo grande innesco di ossigeno potrebbe essere stato favorito da eruzioni vulcaniche

Il grande evento ossidativo che tra i 2,5 e i 2,4 miliardi di anni fa ha modificato radicalmente l’atmosfera terrestre è stato preceduto, circa 100 milioni di anni prima, da picchi transitori di ossigeno di cui finora non si conosceva la causa.

Recentemente uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Pnas e condotto dalle università di Washington e del Michigan, insieme ad altri atenei, ha suggerito che lo sviluppo di queste prime concentrazioni significative di ossigeno potrebbe essere stato favorito da eruzioni vulcaniche di grande portata e dal successivo rilascio di sostanze nutritive, in particolare il fosforo, nelle acque dei fiumi da parte delle rocce magmatiche.

A trarne vantaggio - ha spiegato la prima autrice Jana Meixnerová, studentessa di dottorato all’università di Washingston - sarebbero stati i microbi che vivevano nelle zone costiere poco profonde. Sarebbe così iniziato un processo capace di innescare “una maggiore produttività biologica che avrebbe creato, come sottoprodotto, un picco di ossigeno”. Ci sono altri nutrienti che modulano l'attività biologica su tempi brevi, ma il fosforo è quello più importante sul lungo periodo". 

La fotosintesi ossigenica ha rappresentato infatti un passaggio chiave per l'evoluzione della vita sulla Terra ma gli interrogativi aperti su quale sia stato il motore di questo punto di svolta sono ancora molti.

Tradizionalmente si riteneva che i protagonisti di questa rivoluzione siano stati i cianobatteri grazie alla loro capacità di capaci di liberare nell’atmosfera e negli oceani molecole di ossigeno come risultato del processo chimico che consente di ottenere glucosio a partire da anidride carbonica e acqua. Di recente uno studio pubblicato su BBA - Bioenergetics ha però iniziato a scalfire questa visione ipotizzando che alcuni batteri avessero sviluppato le strutture necessarie per fare la fotosintesi ossigenica già 3,5 miliardi di anni fa, epoca in cui si collocano le prime forme di vita sulla Terra e in cui si pensava che esistesse solo la modalità primordiale di fotosintesi, quella anossigenica. Come spiegava qualche tempo fa Alessandro Alboresi, docente del dipartimento di Biologia dell'università di Padova, a Il Bo Live "l'ipotesi presentata dagli autori di questa ricerca è che la fotosintesi abbia preceduto la nascita dei cianobatteri e sia quindi più antica di quello che si crede". 

Rimane però ancora da chiarire, almeno parzialmente, il motivo per cui sia stato necessario così tanto tempo prima che l'atmosfera terrestre e gli oceani si arricchissero di ossigeno in modo massiccio e permanente. Come detto il punto di svolta è avvenuto circa 2,5 miliardi di anni fa. Ma perché proprio allora? E cosa è accaduto in prossimità (sebbene parliamo sempre di milioni e milioni di anni) di quel momento?

L'ipotesi che la grande ossigenazione sia stata preceduta da episodi antecedenti, seppure caratterizzati da una certa transitorietà, aveva già trovato riscontro anche in altri studi condotti in passato. In questa direzione era andato un articolo pubblicato su Pnas nel 2018: gli autori avevano analizzato campioni di rocce provenienti dall'Australia occidentale riscontrando un graduale cambiamento nel selenio e negli isotopi dell’azoto, sostanze usate come indicatori per la presenza di ossigeno.

Andando ancora più indietro nel tempo in un lavoro pubblicato su Science nel 2007 un team internazionale di scienziati, di cui facevano parte diverse università statunitensi, aveva individuato "la presenza di piccole quantità di O2 nell'ambiente più di 50 milioni di anni prima dell'inizio del grande evento di ossidazione". Anche in questo caso lo studio si era basato sull'analisi di rocce sedimentarie estratte dalla parte occidentale dell'Australia, in particolare dal bacino geologico di Hamersley.

Queste ricerche precedenti non avevano però potuto spiegare il motivo dell'aumento e della diminuzione di ossigeno prima che diventasse un elemento fisso nell'atmosfera e, in generale, si riteneva che la maggior parte dei cambiamenti nell'atmosfera primitiva dipendesse da processi geologici o chimici. Le nuove scoperte attribuiscono invece un ruolo decisivo ai processi magmatici planetari sostenendo che siano stati in grado di facilitare l'evoluzione della vita sulla Terra e gli autori dello studio sottolineano anche come questa scoperta possa avere delle implicazioni sulla ricerca di eventuali forme di vita al di fuori del nostro pianeta.

Abbiamo chiesto al professor Andrea Marzoli, docente del dipartimento Territorio e sistemi agro-forestali dell'università di Padova, di illustrarci gli aspetti principali dello studio pubblicato su Pnas per comprendere la metodologia utilizzata dagli autori e i risultati più importanti a cui sono giunti.

Il professor Marzoli commenta lo studio pubblicato su Pnas che indica un forte legame tra i processi magmatici planetari e l'evoluzione dell'atmosfera terrestre. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

Il grande evento di ossigenazione è stato preceduto da picchi transitori di ossigeno

"La composizione dell’atmosfera e degli oceani - introduce il professor Andrea Marzoli, esperto di vulcani e docente del dipartimento di Territorio e sistemi agro-forestali dell'università di Padova - è cambiata in modo significativo nel corso della storia della Terra e in particolare la prima metà è stata caratterizzata dall’assenza di ossigeno. Lo studio pubblicato di recente su Pnas ci racconta come ci siano state delle modificazioni nella composizione dell’atmosfera e degli oceani terrestri nel periodo archeano". 

I limiti temporali del periodo archeano vanno tra 4 miliardi e 2,5 miliardi di anni fa, all'interno del tempo geologico del Precambriano. "Era un ambiente in cui non solo ovviamente non si poteva respirare ma anche le reazioni chimiche erano controllate da queste condizioni anossiche: il ferro e lo zolfo, ad esempio, erano in uno stato non ossidato. Circa 2,5 miliardi di anni fa c’è stato un grande evento di ossigenazione e da quel momento in poi l’atmosfera e gli oceani terrestri sono passati da condizioni anossiche a condizioni progressivamente più ricche di ossigeno. Questo ha permesso lo sviluppo degli organismi che utilizzano l’ossigeno per vivere", ricorda il professor Marzoli.

"L’evento di ossigenazione è legato allo sviluppo dell’attività biologica, alla fotosintesi e allo sviluppo di organismi che hanno poi contribuito alla produzione di ossigeno e al suo accumulo in atmosfera e negli oceani. La sua datazione risale a 2,49 miliardi di anni fa ma circa 100 milioni di anni prima, o anche più, ci sono stati dei momenti contraddistinti da piccoli picchi di ossigenazione che sono durati relativamente poco tempo ma sono stati i precursori del cambiamento successivo".

Concentrazioni di mercurio come prova di un significativo vulcanismo

I ricercatori hanno individuato la causa di questi picchi di ossigeno in un significativo vulcanismo. La posizione precisa di quei vulcani e campi di lava è sconosciuta ma il coautore dello studio Roger Buick, professore di Scienze della terra e dello spazio all'università di Washington, ha affermato che "esistono grandi campi di lava dell'età giusta nell'India moderna, in Canada e altrove". 

La nuova analisi mostra un picco di mercurio qualche milione di anni prima del temporaneo aumento dell'ossigeno e secondo gli studiosi la spiegazione risiede proprio nelle eruzioni vulcaniche.

"Gli autori di questo lavoro hanno preso in esame uno di questi picchi di ossigeno precedenti al grande evento di ossigenazione. Attraverso analisi del mercurio hanno messo in relazione questi picchi con un’intensa attività vulcanica che avrebbe prodotto un’ossigenazione dell’atmosfera e degli oceani da un lato attraverso l’alterazione delle rocce vulcaniche che erano appena state emesse e dall’altro tramite l’immissione negli oceani di fosforo che è un nutriente importante per la biosfera", approfondisce il professor Marzoli.

Il motivo per cui gli autori si sono basati sul mercurio è che si tratta di un elemento che viene emesso sulla superficie della Terra e negli oceani da attività vulcanica. "In particolare quando ci sono grandi eventi magmatici, come quello che ha portato alle estinzioni di fine Permiano o fine Triassico, ci sono sempre dei picchi di mercurio particolarmente elevati che testimoniano la presenza di intenso vulcanismo. I ricercatori hanno così interpretato i picchi di mercurio riscontrati alla fine del periodo archeano come evidenze di un grande evento vulcanico. Il forte aumento di mercurio precedo di poco i primi accumuli transitori di ossigeno che anticipano il drastico cambiamento successivo", conclude il docente del dipartimento Tesaf dell'università di Padova.

La prima autrice Jana Meixnerová, sintetizzando le conclusioni che è possibile trarre dallo studio pubblicato su Pnas, ha affermato che dopo le eruzioni vulcaniche "la fresca roccia basaltica si sarebbe dissolta lentamente, rilasciando nei fiumi il fosforo, un nutriente essenziale". 

La completa comprensione di eventi geologici così remoti richiederà ancora un intenso sforzo di ricerca ma è sicuramente affascinante pensare come quegli eventi magmatici che nel corso della storia del nostro pianeta sono stati responsabili di ripetute estinzioni di massa abbiano anche favorito passaggi chiave per lo sviluppo della vita. 

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