SOCIETÀ

Putin, zar di nome e di fatto?

Nessuna traccia di stanchezza: Putin vuole restare lì dov’è da 20 anni, al comando dello stato più grande del mondo, in barba a qualsiasi regola. Perché non c’è legge che non possa essere modificata, né Costituzione che non possa essere riscritta. Col consenso del popolo, ci mancherebbe. Così, a furia di sentirsi chiamare “Zar”, Vladimir Putin ha mosso le sue pedine in Parlamento (ne ha in abbondanza) per presentare e discutere una riforma costituzionale che davvero potrebbe trasformarlo nel nuovo sovrano di Russia, poco più di cent’anni dopo la caduta di Nicola II, e con lui della dinastia dei Romanov. Pochi giorni fa la Duma, la camera bassa del Parlamento russo, ha approvato in seconda lettura un testo presentato un paio di mesi fa dallo stesso Putin nel quale si ipotizzava il passaggio da una Repubblica presidenziale a una semi-parlamentare, senza intervenire sul limite dei mandati presidenziali. E infatti ci si chiedeva quale ruolo Putin avesse immaginato di ricoprire nel futuro assetto. Poi è arrivato un emendamento (uno dei 390 presentati alla Duma) a firma della deputata Valentina Tereshkova, prima donna ad aver viaggiato, nel 1963, nello spazio (qui la sua storia). Emendamento che prevede di resettare una tantum il limite massimo di mandati presidenziali (due), la cui durata è stata recentemente portata da 4 a 6 anni. 

Nell’emendamento Tereshkova si legge: «La norma non impedisce alla persona che ha ricoperto o che ricopre la carica di Presidente della Federazione Russa, al momento dell’entrata in vigore della modifica, di partecipare come candidato alle elezioni presidenziali». E Putin s’è perfino tolto la soddisfazione di dichiararsi contrario: «La Russia ha esaurito la sua quota di rivoluzioni», ha dichiarato con solennità, per poi però esprimere la sua disponibilità a sostenere la riforma «a patto che il Parlamento decida di approvare l’emendamento» e se poi «sia la Corte Costituzionale, sia il popolo russo, daranno luce verde». Il voto alla Duma è finito con 382 voti a favore, nessun contrario e 44 astenuti. Ora il testo, prima di diventare legge, dovrà essere approvato dal Consiglio Federale (la Camera alta), avere l’ok dei Consigli regionali e infine ottenere il voto favorevole del popolo, in un referendum indetto per il 22 aprile (ma la data non è ancora certa). Se tutto questo accadrà (e c’è da scommetterci che accadrà) Vladimir Putin avrà la possibilità di ripresentarsi per altri due mandati presidenziali: l’attuale scadrà nel 2024: dunque ha strada libera per altri 12 anni al potere, fino al 2036, quando di anni ne avrà 84. Nella classifica dei leader russi più longevi si piazzerebbe ben oltre Stalin, alle spalle del solo Pietro il Grande (42 anni) e a pari merito con Ivan il Terribile (36 anni). 

«Un colpo di stato», ma Mosca vieta gli assembramenti

L’opposizione non l’ha presa benissimo. Ilya Yashin, attivista del partito liberale, non ha usato perifrasi: «Putin vuole rimanere al potere fino alla fine della sua vita. Vuole più poteri, la subordinazione diretta di tutti i rami del potere. In sostanza, è un colpo di stato». Sulla stessa linea Leonid Volkov, braccio destro di Alexei Navalny, principale esponente dell’opposizione a Putin, che ha così commentato: «Il 10 marzo 2020, verrà inserito nei libri di storia come la data di un tentativo di colpo di stato». Quanto al referendum che dovrebbe confermare la nuova norma, un altro consigliere di Navalny, Vladimir Milov, ha detto di «non aspettarsi che la squadra di Navalny organizzerà una vigorosa campagna prima del voto». Come dire: la partita è già persa, inutile giocarla. Amare le parole finali dello stesso Navalny: «A me la Costituzione dà il diritto di candidarmi, ma non posso. Putin invece non potrebbe, ma potrà».

Secondo il politologo liberale Kirill Rogov, intervistato da ilfattoquotidiano.it, «Putin voleva in ogni caso restare e garantirsi costituzionalmente la sua futura permanenza al potere, però temeva probabili proteste a Mosca nel caso avesse annunciato di non lasciare. Ma un assist gli è arrivato proprio dalla diffusione del coronavirus: «La situazione ha suggerito che è un buon momento per vietare ufficialmente gli assembramenti di massae portare avanti questa operazione». Infatti l’immediata reazione dell’opposizione, con la richiesta di organizzare una protesta di massa sotto al Cremlino (erano previste 50mila persone) è stata vietata con un decreto dal sindaco di Mosca che limita a 5mila persone gli assembramenti (alla faccia del pericolo di contagio). 

Perestrojka cancellata. E un voto condizionato

I sostenitori di Putin, naturalmente, festeggiano: «La proposta del presidente di sottoporre a votazione nazionale questi emendamenti è una decisione molto saggia e, allo stesso tempo, molto coraggiosa», è la dichiarazione, diffusa dal New York Times, di Konstantin Dolgov, senatore russo. «Una decisione che conferma veramente l’adesione del nostro presidente alle basi democratiche fondamentali dello sviluppo del nostro paese e della nostra società». Mentre un editorialista di Komsomolskaya Pravda ha scritto: «La perestrojka viene cancellata. La vita va avanti. Grazie Dio». Ma attenzione a enfatizzare troppo il ruolo del “salvatore”. Il suo portavoce, Dmitry Peskov, ha tenuto a precisare: «Il culto della personalitàdi Vladimir Putin è qualcosa con cui Vladimir Putin è fortemente in disaccordo. Non gli piace, non è d’accordo».

E i russi cosa ne pensano? Secondo la politologa Ekaterina Schulmann, interpellata dal Financial Timesappena il 25% della popolazione, secondo un recente sondaggio, è pronta a votare sì al referendum. Mentre il 64% degli interpellati ha dichiarato di non sapere bene di cosa si tratta: «Appare evidente che la maggior parte degli elettori non ha capito gli emendamenti, mal definiti, mal formulati, indecifrabili», li ha definiti Schulmann. «Poi però hanno iniziato a ricevere suggerimenti mirati da parte di gruppiche hanno promesso al governo di far votare le persone in cambio dell’accettazione delle loro richieste». In pratica favori. Qui in Italia si potrebbe equiparare al voto di scambio.

Ma al di là delle varie considerazioni, della qualità dei singoli emendamenti costituzionali (tra i quali il divieto di matrimoni gay, istituzionalizzando la definizione di “unione di un uomo e di una donna”, oppure l’inserimento formale della “fede in Dio”), resta aperta la “lettura” della mossa dello zar. Secondo Franco Venturini, editorialista del Corriere della Sera, le previsioni economiche per il futuro della Russia (e non solo) sono «…talmente nere da non consentire un cambio di timoniere a metà del guado». Mentre Giuseppe Agliastro, sulla Stampa, scrive: «Le 24 pagine di emendamenti presentate da Putin al Parlamento rispecchiano i valori conservatori che il Cremlino promuoveusando il Patriarcato di Mosca come strumento di propaganda. La Russia si contrappone così all’Occidente e ai valori liberali, già definiti obsoleti da Putin». E’ comunque la vittoria, travolgente, dei conservatori. Come spiega l’oligarca Konstantin Malofeev, imprenditore e direttore dell’Aquila Bicipite, una società non governativa russa, monarchica, che fiancheggia Putin ed è vicina alla Chiesa ortodossa russa: «I cambiamenti costituzionali sono miele per le nostre orecchie e ci stanno portando nella giusta direzione: verso una monarchia costituzionaleNessuno sarà in grado di tenere unita la Russia come fa Putin, dopo la presidenza di Putin. Ecco perché sta cambiando il sistema del potere statale». 

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