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Fino ad oggi, l’Unione Europea si è presentata alla comunità internazionale come campionessa di sostenibilità. La prima legislatura Von der Leyen ha dato un forte impulso alle politiche ambientali, presentando, durante i primi mesi di lavoro della Commissione, tra il 2019 e il 2020, una serie di misure raccolte sotto il Green Deal europeo.
Tra i principali obiettivi che l’Unione Europea si è posta vi è quello della completa decarbonizzazione della propria economia: con il pacchetto di misure “Fit for 55”, l’UE mira a ridurre le proprie emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, e di azzerarle (net zero) entro il 2050.
Tra le misure comprese in questo pacchetto, diverse azioni interessano il settore dei traporti, che contribuisce in modo abbastanza sostanziale alle emissioni climalteranti del continente: secondo i dati dell’IEA (l’Agenzia Internazionale per l’Energia) relativi al 2022, i trasporti hanno causato il 29,4% delle emissioni europee, attestandosi a seconda fonte di emissioni dopo la produzione di energia elettrica e termica.
Il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione riguarda tutti gli Stati membri dell’Unione, che sono vincolati al rispetto dei traguardi e all’attuazione di misure adeguate per realizzarli. L’Italia, come gli altri Paesi, ha recepito le direttive e i regolamenti che compongono il piano “Fit for 55” e ha iniziato ad elaborare misure che regolano, tra l’altro, il percorso di decarbonizzazione dei trasporti pubblici e privati, che comprende la transizione verso la mobilità elettrica (con il totale superamento dei veicoli a combustione interna a partire dal 2035, nello scenario più ottimistico), il sempre maggior ricorso a forme di mobilità dolce e la creazione di un sistema di trasporto pubblico integrato e sostenibile.
Le misure del PNRR per la mobilità sostenibile
Buona parte delle risorse per supportare la transizione del settore dei trasporti verso la decarbonizzazione e la sostenibilità proviene dai fondi europei convogliati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Infatti, un’intera missione del PNRR (la numero 3, “Infrastrutture per la Mobilità sostenibile”) è dedicata al rinnovo o alla realizzazione di infrastrutture per la mobilità sostenibile. Secondo la piattaforma di monitoraggio del PNRR OpenPolis, l’importo degli investimenti in questo ambito è di 23,74 miliardi di euro, pari al 12,21% di tutti i fondi del Piano. La maggior parte degli interventi è destinata all’ammodernamento e al potenziamento della rete ferroviaria regionale e ad alta velocità dal Nord al Sud Italia, mentre una piccola percentuale (circa 1 miliardo di euro) è destinata sia al miglioramento dell’efficienza energetica e ambientale e al rinnovamento logistico dei porti italiani, sia alla digitalizzazione della gestione del traffico aereo.
Sempre nell’ambito del PNRR, contribuiscono agli obiettivi europei di decarbonizzazione anche alcuni interventi inclusi nella missione 2 (“Rivoluzione verde e transizione ecologica”) e nella missione 7 (istituita a seguito del recepimento del pacchetto REPowerEU). Nello specifico, all’interno della missione 2 sono finanziati diversi interventi che mirano a realizzare progetti di mobilità sostenibile in ambito urbano e locale, come la sostituzione dei mezzi pubblici inquinanti con veicoli a basse o zero emissioni, la realizzazione di piste ciclabili, il potenziamento della rete dei servizi di trasporto pubblici (metro, tram, autobus) e la costruzione di infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici.
Il quadro europeo
Pur dando un forte impulso alla promozione della mobilità sostenibile, le risorse del PNRR non sono sufficienti perché l’Italia si allinei con gli obiettivi comunitari di decarbonizzazione. Nell’ambito del pacchetto Fit for 55, infatti, nel 2023 la Commissione europea ha adottato due importanti regolamenti: il regolamento 851/2023, che prevedeva entro il 2035 la riduzione del 100% delle emissioni di CO2 di autovetture e mezzi commerciali nuovi rispetto ai livelli del 2021; e il regolamento 857/2023 sulla condivisione degli sforzi tra gli Stati membri, che aggiorna gli obiettivi vincolanti di riduzione annuale delle emissioni per ogni Paese in diversi settori, tra cui il trasporto su gomma. Il nuovo obiettivo è la riduzione delle emissioni del 40% entro il 2030 rispetto al 2005 (-55% rispetto al 1990). Purtroppo, la seconda Commissione Von der Leyen, insediatasi a dicembre 2024, sembra voler “ammorbidire” il primo dei due regolamenti qui citati: a fine febbraio 2025, infatti, la Presidente della Commissione ha dichiarato che la revisione degli obiettivi di riduzione delle emissioni per le nuove automobili al 2035 verrà anticipata, e ci si atterrà al principio della “neutralità tecnologica” – concetto che rimanda alla non esclusione di alcune tecnologie, come il gas naturale e i biocarburanti, dal percorso di decarbonizzazione. In occasione della presentazione del Clean Industrial Deal, Von der Leyen ha anche annunciato che presenterà un emendamento che dovrebbe modificare la formula per calcolare le multe da applicare ai produttori di auto che non si atterranno ai limiti di emissione tracciati dalla normativa: se, fino ad ora, si prevedeva una multa di 95 euro per grammo di CO2 eccedente rispetto al limite imposto ogni anno, con la nuova proposta l’eccesso sarebbe calcolato su un periodo di tempo di tre anni, riducendo così in modo significativo il rischio di superamento.
Altre misure in Italia
Ad ogni modo, la direzione delle politiche comunitarie sembra, per ora, non essere radicalmente cambiata: si punta a ridurre in modo sostanziale i veicoli a combustione interna sia favorendo la loro sostituzione con vetture ibride o elettriche, sia promuovendo il ricorso ai trasporti pubblici e a forme di mobilità dolce.
A questo scopo, l’Italia ha introdotto diverse misure negli ultimi anni: una su tutte è il famoso ecobonus, inaugurato nel 2019 e recentemente rifinanziato, che consiste in un contributo per l’acquisto di auto elettriche, ibride, o a motore termico con basse emissioni, ciclomotori e motocicli, e vetture commerciali elettrici e a idrogeno.
Negli ultimi anni, sono state stanziate diverse risorse per lo sviluppo di forme di mobilità e micromobilità dolce (basata su veicoli a basso impatto ambientale o sull’attività fisica) attraverso la concessione di bonus per l’acquisto di veicoli adatti e per la costruzione di infrastrutture adeguate, soprattutto nelle grandi città.
Piani nazionali per la decarbonizzazione dei trasporti
La mobilità sostenibile è il secondo degli otto ambiti di intervento del Piano Nazionale per la Transizione Ecologica (PTE), che Antonio Massariolo ha analizzato nella serie “Sostenibilità di carta” de Il Bo Live. Secondo la visione delineata nel Piano Nazionale per la Transizione Ecologica, la mobilità “è destinata a cambiare radicalmente nei prossimi decenni”, e sarà una mobilità “sostenibile, sicura e intelligente”.
In Italia, il percorso che ci separa da questo obiettivo è ancora lungo: per diverse ragioni, gran parte della popolazione (90%) si sposta in auto, e solo il 6% degli spostamenti avviene via treno; inoltre, anche il trasporto delle merci avviene ancora in gran parte su gomma. Il PTE si rifà non solo agli investimenti in corso di realizzazione nell’ambito del PNRR, ma guarda anche a quanto dovrà accadere tra il 2030 e il 2050 per raggiungere gli obiettivi europei: secondo il documento, i carburanti fossili dovranno essere completamente sostituiti “con elettricità da rinnovabili, idrogeno e biocarburanti […] per veicoli leggeri e pesanti, ma anche navi e aerei”; la mobilità elettrica dovrà rappresentare almeno il 50% del settore dei trasporti, diventando maggioritaria nel settore dell’auto. Inoltre, nel trasporto di passeggeri e merci dovrà diventare prevalente il trasporto su rotaia rispetto a quello su gomma. Tutti questi interventi dovranno poi essere integrati, soprattutto in ambito urbano, da una capillare mobilità dolce, resa accessibile da una solida rete infrastrutturale.
Il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), pubblicato nella sua versione definitiva a luglio 2024, include la “mobilità a basse emissioni” e la “riduzione della domanda di mobilità” tra gli elementi della decarbonizzazione. Quest’ultimo elemento richiederà soprattutto il rafforzamento del trasporto pubblico locale e il suo efficientamento dal punto di vista energetico e infrastrutturale.
A regolare con chiarezza i passaggi verso la concretizzazione della mobilità sostenibile nel Paese vi è un altro documento: il Piano Strategico Nazionale Mobilità Sostenibile (PSNMS), citato anche nel PNIEC. Il documento, approvato per la prima volta nel 2019 e che avrebbe dovuto essere aggiornato ogni tre anni (ma del primo aggiornamento, che avrebbe dovuto essere realizzato nel 2022, non c’è traccia), ha aumentato la capacità del cosiddetto “Fondo mezzi” per il rinnovo del parco mezzi del trasporto pubblico locale e regionale a 250 milioni di euro l’anno dal 2020 al 2033, cifra poi rimodulata con uno stanziamento complessivo per le regioni di 2200 milioni di euro per il periodo 2019-2033 per acquistare autobus “ad alimentazione alternativa” e per la realizzazione delle relative infrastrutture, e di 1287 milioni di euro per le città con popolazione superiore a 100.000 abitanti per la realizzazione di “progetti sperimentali e innovativi di mobilità sostenibile”.
I PUMS: Piani Urbani della Mobilità Sostenibile
Tutti i principi e gli obiettivi tracciati nel variegato quadro normativo qui delineato hanno poi bisogno di una messa a terra a livello locale. È a questo punto che entrano in scena i PUMS: si tratta dei Piani che ogni comune deve mettere a punto per la realizzazione, a livello locale, delle misure che permetteranno al Paese e dunque, indirettamente, all’Unione Europea di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità nel medio e nel lungo periodo.
Secondo l’Osservatorio PUMS, che è patrocinato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ad oggi in Italia esistono 214 PUMS, di cui 50 adottati, 93 approvati e 71 in fase di redazione. Secondo il Report PUMS pubblicato a dicembre 2024 dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, vi è “un’ampia adozione dei PUMS tra gli enti locali”: il 97% delle Città metropolitane e il 93% dei comuni con più di 100.000 abitanti ne risultano dotati. Tuttavia, poco più di due terzi dei PUMS valutati dal tavolo tecnico del Ministero (principalmente quelli delle Città metropolitane) sono risultati coerenti con le Linee guida nazionali.
Il divario tra le dichiarazioni e gli obiettivi, da un lato, e la loro attuazione, dall’altro, sembra dunque ancora abbastanza ampio. È importante che la transizione verso una mobilità sostenibile non rimanga solo un insieme di documenti, ma si traduca in interventi pratici che affianchino i cittadini a cambiare le proprie abitudini e accelerino l’abbandono, in ambito logistico e commerciale, delle modalità di trasporto più inquinanti.