SCIENZA E RICERCA

Quanto, come, dove, quando e perché varia il numero di farfalle monarca?

Nel numero di maggio 2020 di “Le Scienze” si può leggere in italiano un recente interessante articolo del giornalista scientifico americano Gabriel Popkin sulle popolazioni messicane di farfalle monarca, una specie migratoria intergenerazionale di cui qui si è già parlato in più occasioni. L’autore riflette soprattutto su un blocco cruciale di domande: negli ultimi decenni il numero totale di individui è davvero in diminuzione tanto che la specie è a rischio di estinzione e, eventualmente, il calo da quando o da cosa è causato e dove si verifica? Lo spunto nasce dall’opinione di Karen Oberhauser, una docente ecologista americana secondo la quale nella vasta area di pini del Michoacan a nord-ovest di Città del Messico che ogni anno ospita le farfalle all’inizio (o alla fine?) della migrazione i singoli individui erano circa 300 milioni nell’inverno del 1996-1997 e appena 100 milioni circa dieci anni più tardi. Lo studio da lei pubblicato nel 2012 sull’avventuroso straordinario percorso migratorio attribuiva il tracollo alla rarefazione delle piante (le asclepiadi) su cui le farfalle adulte depongono le uova e che per i bruchi neonati risultano l’unica fonte di cibo. Le piante erano morte a causa soprattutto di un pesticida diserbante usato in molti campi coltivati degli otto stati del Midwest (sulla rotta tra il Messico e il Canada) fra i quali il Minnesota (dove lei insegnava).

Popkin, dopo aver riassunto alcune conoscenze scientifiche emerse nell’ultimo secolo e mezzo sull’ammirevole annuale maratona migratoria di generalmente quattro generazioni di farfalle monarca (arrivano milioni di pro-pronipoti delle partenti e ritornano ulteriori generazioni successive), conferma il riconoscimento unanime del calo della popolazione invernale e illustra le differenti opinioni sulle cause. Dal suo testo emergono implicitamente le grandi difficoltà nelle valutazioni quantitative e motivazionali di ogni fenomeno migratorio, anche quando si tratta di una ciclicità stagionale, connesse al dover studiare su più fronti contemporaneamente ecosistemi davvero diversi e tanto distanti, nei quali convivono in precario mutevole equilibrio innumerevoli specie vegetali e animali, alcune delle quali molto concatenate alla storia e all’evoluzione di una singola specie. La migrazione delle specie connette la biodiversità degli ecosistemi, se è ciclica determina e muta l’evoluzione della biodiversità insieme di più ecosistemi e talora globale.

In Messico iniziano e finiscono la maggior parte delle popolazioni di farfalle monarca. Popkin scrive che la migrazione “inizia” lì, che in Messico svernano. O “finisce” lì e in Messico amano vivere la maggior parte del tempo? La questione non è di lana caprina. Bisogna assumere il punto di vista della sopravvivenza e riproduzione biologica della (loro) specie, rispetto alle informazioni genetiche e alle relazioni sociali, pure in funzione della temperatura, della nutrizione e dei cambiamenti climatici più o meno contingenti e locali. Occorre considerare che in Messico le farfalle monarca hanno differente “natura”, un singolo individuo sopravvive anche fino a otto mesi (quasi in letargo), non solo le tradizionali 3-4 settimane degli individui delle altre (precedenti e successive) generazioni che sono a lungo in viaggio volante e infine “risiedono” in estate fra sud del Canada e Stati Uniti del nord. Per gli umani le morte stagioni e quelle vive, le mezze e le intere, le passate e le presenti sono suddivisioni astronomiche e meteorologiche ed elaborazioni culturali. Cosa sono per gli animali o per le piante? Provare a ragionarci (da umani sapienti) implica dotarsi di svariate conoscenze e ricorrere a molteplici discipline.

In quale dei tanti ecosistemi incontrati nel loro peregrinare per circa seimila chilometri ogni anno si stanno verificando i maggiori squilibri (dal punto di vista della sopravvivenza e riproduzione dei lepidotteri) durante questi ultimi decenni? Teniamo fra l’altro presente che sono esistite o esistono in altre parti del mondo altre piccole popolazioni delle colorate farfalle monarca e che un gruppo rilevante sverna in California e non in Messico, anche per quest’ultimo si è verificato un forte calo quantitativo, con evidenza legato a cause diverse dal pesticida. Popkin sottolinea che vari scienziati hanno segnalato come passi per il Midwest solo il 38% delle farfalle monarca dirette in Messico. Altri hanno individuato fluttuazioni quantitative della popolazione complessiva di farfalle monarca in luoghi differenti del percorso migratorio. Picchi e avvallamenti del numero, come tutte le altre dinamiche storicamente determinate che descrivono la biologia degli individui e della specie, vanno esaminati alla partenza, durante tutto il percorso nei diversi biomi (sia in movimento aereo sia nelle soste riproduttive terrestri), infine all’arrivo, comparate nel tempo e nello spazio. Nel 2014 furono contate solo sul suolo degli Stati uniti più di diecimila stazioni di passaggio per le farfalle monarca, anche se fossero meno le caratteristiche del loro fenomeno migratorio, sopravvivenza e impatti, conteggi di immigrati e riemigranti, e così via, riguardano centinaia di variabili habitat sparsi in decine di ecosistemi biodiversi.

Leggendo l’articolo di Popkin abbiamo avuto limpida conferma di quanto sia complicato indagare su un fenomeno diacronico e asimmetrico come quello migratorio, di quanto sia indispensabile mantenere un’attenzione all’unicità del fenomeno e, insieme, ai complessi profili necessariamente multidisciplinari dell’indagine. Il testo è utile, seppur incompleto, parla soprattutto dei percorsi e dei transiti negli Usa, non tiene conto dei contributi di alcune discipline scientifiche e, in particolare, di notevoli studi genetici in corso, accenna solo al Santuario messicano e, soprattutto, è stato scritto prima dell’omicidio di Homero Gómez González a gennaio 2020. Quasi cinque mesi fa, prima della pandemia Covid-19, abbiamo già fatto qui riferimento all’omicidio che ha provocato la morte dell’uomo messicano che aveva promosso e diretto proprio la conservazione del “Santuario” delle farfalle. A giugno 2020 non vi sono purtroppo ancora novità sul fronte della verità e della giustizia per Homero. Si è pure affievolito il movimento internazionale di sostegno alla sua causa.

In tutti gli studi dell’ultimo trentennio era emersa come abbastanza certa la tendenza al ribasso della dimensione della popolazione invernale delle farfalle monarca, riscontrata comunque nella residenza messicana, diminuzione non sempre costante anno dopo anno ma molto evidente dei numeri complessivi tra il 1993 e il 2019, pare proprio a causa della perdita di densità di foreste e piante nettarifere. Le coperture forestali più dense ospitano più colonie di farfalle: la deforestazione persistente da decenni e l’uso recente del suolo per piantagioni illegali (forse più avocado che droghe) stavano e stanno mettendo a repentaglio la vita di milioni di quei lepidotteri. A questo si opponeva Homero Gómez, per questo è stato probabilmente ucciso a inizio 2020. Poi è scoppiata la pandemia Covid-19, un fenomeno globale che ora ha spostato il suo epicentro nelle Americhe, con impatto su tutte le attività umane e su tutte le modalità umane di interferire col fenomeno migratorio delle altre specie (a nostra volta l’umano migrare con qualche grado di libertà si è ridotto drasticamente, come noto).

Le farfalle monarca meritano un’attenzione internazionale, scientifica e civile. Quante, come, quando, dove, perchémigrano è un fenomeno biologico evoluto in decine di migliaia di anni e che ora sta ancora cambiando, molto a causa di attività antropiche. Nel contempo, da decenni viene studiato da scienziati di tutto il pianeta, incuriosisce e meraviglia centinaia di milioni di esseri umani, piccoli e grandi. Il fenomeno migratorio ha in Messico lo snodo cruciale (primus inter pares). Tante compagnie di viaggio mondiali organizzano specifici tour considerandola un’attrattiva importante di quel paese (il periodo di osservazione va da novembre a marzo), registi e documentaristi arricchiscono i filmati di sempre nuove indimenticabili immagini (affascinante la recente puntata di PBS Nature della serie "Spy in the Wild" registrata poche settimane fa). Al centro di una regione forestale di mezzo milione di ettari ricoperta di pini, querce e conifere locali chiamate Oyamels, l’area interessata è stata dichiarata nel 1980 zona protetta della fauna, poi "area naturale protetta per la migrazione, l'ibernazione e la riproduzione della farfalla Monarca", infine riserva speciale della biosfera, nel 2008 inserita tra i patrimoni dell'umanità dell’Unesco. Decine di milioni (ancora) di farfalle vi si radunano in colonie per mantenersi al caldo e quando la temperatura raggiunge il giusto livello, gli individui si librano in volo tutti insieme generando uno spettacolare balletto. Nei mesi scorsi le ha accompagnate un colibrì-drone per non disturbarle e proteggerle anche dai rotori in movimento (attraverso alcune griglie). Dotato di telecamera, il colibrì tecnologico si è avvicinato allo sciame, come mai prima. All’inizio sembra filmare alberi belli e tradizionali, senza niente di eccezionale, poi ci si accorge lentamente che quelle che percepiamo come foglie sono in realtà farfalle colorate in procinto di librarsiE di iniziare a ballare. Poi di migrare. Nonostante tutto.

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