SCIENZA E RICERCA

"Ripensare l'anoressia", le radici biologiche della malattia

Rethinking anorexia: Biology may be more important than culture, new studies reveal, un recente articolo pubblicato sulla rivista Science e firmato da Jennifer Couzin-Frankel, apre nuovi scenari nello studio dell’anoressia nervosa, raccogliendo diversi studi, condotti negli ultimi anni negli Stati Uniti, secondo i quali l’anoressia avrebbe anche radici biologiche. Si legge: “Sebbene anche i fattori ambientali abbiano sicuramente un ruolo, gli scienziati stanno ora scoprendo le profonde radici biologiche della malattia”. Studi e posizioni a cui si contrappongono quelli di altri ricercatori di opinione contraria: dunque "rimane uno scisma profondo, con molti professionisti preoccupati che la biologia stia ricevendo più attenzione di quanto meriti".

"Si ritiene che l'anoressia nervosa colpisca poco meno dell'1% della popolazione statunitense - si legge su Science - Circa il 10% delle persone colpite muore, il più alto tasso di mortalità di qualsiasi condizione psichiatrica dopo l'abuso di sostanze. Con le attuali cure, circa la metà degli adolescenti si riprende, e un altro 20-30% viene aiutato. Sebbene i fattori sociali abbiano certamente un ruolo importante, gli scienziati stanno scoprendo le profonde radici biologiche della malattia". Per essere studiati e approfonditi questi nuovi scenari necessitano di finanziamenti che ancora scarseggiano: "Molti ricercatori ritengono che il finanziamento che lo studio sull'anoressia riceve sia incredibilmente basso, considerati i suoi oneri. Gli scienziati temono che l'anoressia sia sottofinanziata in parte a causa della radicata convinzione che le sue radici siano culturali. Ma è sempre più evidente che al centro ci sia la biologia".

Centrali risultano gli studi della psicologa clinica Cynthia Bulik, che gestisce centri per i disturbi alimentari all'Università della Carolina del Nord, a Chapel Hill e all'Istituto Karolinska, la quale contesta l'idea secondo cui i pazienti riuscirebbero a sfruttare la forza di volontà per superare la fame: "I miei pazienti hanno detto, per anni, che quando muoiono di fame si sentono meglio [...] E se la loro biologia li spingesse a evitare il cibo?". Insieme ad Alix Timko, psicologa all'ospedale pediatrico di Philadelphia, Bulik fa parte di un gruppo di ricerca impegnato nell'approfondimento delle radici biologiche dell'anoressia.

Lori Zelter, neuroscienziata dello sviluppo alla Columbia University, ha indagato la malattia partendo dallo sviluppo del cervello dei topi cercando di identificare i circuiti di alimentazione che aumentano la suscettibilità all'obesità in età adulta. Circa 10 anni fa, Zeltser vince un bando per un finanziamento sulla ricerca di base sui disturbi alimentari, proprio grazie alla sua ricerca. Il suo percorso viene raccontato da Jennifer Couzin-Frankel: "Per aggiornarsi sull'anoressia, si rivolge alla letteratura, agli studi di ricercatori in Svezia e Minnesota basati sul confronto dei tassi di anoressia in gemelli identici, un approccio comune per indagare l'ereditarietà di tratti complessi e malattie. Questi studi hanno mostrato che il 50% - 60% del rischio di sviluppare l'anoressia è dovuto ai geni, il che significa che il Dna è un potente motore. Al contrario, gli studi familiari suggeriscono che l'ereditabilità del cancro al seno è di circa il 30%, e quella della depressione è di circa il 40%. Sono rimasta scioccata, ha affermato Zeltser. Il lavoro sulla genetica cattura la sua attenzione. Un farmaco antipsicotico, l'olanzapina, che causa un importante aumento di peso come effetto collaterale, ha avuto poco o nessun effetto sul peso quando è stato testato in persone con anoressia. Zeltser crede che qualcosa nella biologia delle persone abbia impedito che l'olanzapina provocasse l'aumento di peso. Questo non è solo controllo (mentale)". E qui l'articolo di Science fa riferimento alla frattura sopracitata, spostandosi sulla posizione di Margo Maine, psicologa impegnata per anni nella cura di persone con disturbi alimentari, che separa nettamente le radici biologiche da quelle culturali ("If I had to choose nature versus nurture in the development of anorexia and other eating disorders, I would choose nurture"), e aggiunge: "I disturbi alimentari sono principalmente femminili, in parte perché il genere è un'esperienza culturale".

A commentare l’articolo di Science è Angela Favaro, docente di Psichiatria, direttrice della Clinica psichiatrica e della Scuola di specializzazione in Psichiatria del dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Padova, attiva nell'equipe padovana del Centro regionale per la cura dei disturbi alimentari.

Oltre lo stigma

"Questo articolo è molto interessante perché riassume i più recenti avanzamenti della ricerca scientifica nel cercare di capire le cause dell’anoressia nervosa - commenta Favaro - L’autrice sostiene che sia arrivato il momento di ripensare o meglio riconcettualizzare l’anoressia nervosa come una malattia le cui cause sono sia genetiche che ambientali, e non più solo come una malattia "sociale". L’articolo tocca, quindi, un punto molto importante e ben conosciuto dagli studiosi che stanno cercando di capire le cause dell’anoressia nervosa: si tratta dello stigma legato a questa malattia. Per stigma intendo quelle convinzioni radicate sia nell’opinione pubblica che, talvolta, negli operatori sanitari e nei clinici, che considerano l’anoressia nervosa un fenomeno legato a pressioni sociali e non una vera e propria malattia. Si tratta di uno stigma che a livello di opinione pubblica è spesso condiviso con il resto della psichiatria, ma che per l’anoressia nervosa sopravvive non solo a livello di opinione pubblica, ma anche a livello di esperti del settore. Non molti anni fa si diceva che la 'colpa' dell’anoressia nervosa fossero i genitori, e in particolare una madre troppo invadente e un padre troppo assente. Poi l’anoressia nervosa è stata considerata per lungo tempo una malattia della classe sociale abbiente, una malattia legata alla 'moda' della magrezza, e così via. Ovviamente questi aspetti che pure possono avere un qualche ruolo nella patogenesi dell’anoressia nervosa, non possono da soli spiegare una malattia con una mortalità e un tasso di cronicità e disabilità così alte. E, soprattutto, non riflette quello che la ricerca scientifica sta scoprendo negli ultimi anni".

Radici biologiche

"Tra i clinici spesso prevale l’idea che affermare che una malattia abbia una base genetica o biologica sia uguale a dire che anche le cure devono essere solo 'biologiche' e temono che questo porti molti pazienti a non impegnarsi nel trattamento - spiega Favaro - Ma la ricerca scientifica ha portato a capire che l’anoressia nervosa è una malattia con una importante componente genetica che ne determina l’insorgenza. Le ultime ricerche pubblicate su Nature Genetics - anche il nostro gruppo di ricerca ha contribuito a questo lavoro - hanno mostrato che non solo vi è una predisposizione genetica per gli aspetti psichici della malattia, ma anche per gli aspetti fisici. Ossia vi è anche, in questi pazienti, una predisposizione alla magrezza e una alterazione del metabolismo che aumenta il rischio di ricadute anche dopo intensi periodi di riabilitazione. Queste informazioni, se date nel modo corretto, non scoraggiano i pazienti, ma al contrario possono portare i pazienti e le loro famiglie a sentirsi meno in colpa e più consapevoli di dover combattere una malattia che è anche biologica".

Lo studio ha appurato che i fattori di rischio per ammalarsi di questa malattia non sono solo di tipo psicologico e psichiatrico, ma anche di tipo metabolico Studio sui fattori genetici coinvolti nello sviluppo dell’anoressia nervosa, Nature Genetics, luglio 2019

Studi, ricerche e (scarsi) finanziamenti

"Il nostro gruppo di ricerca ha portato all’evidenza che non solo fattori ambientali di tipo sociale aumentano il rischio di sviluppare la malattia, ma anche i fattori ambientali precoci, come le complicanze alla nascita, l’esposizione a infezioni o grave stress in gravidanza. Altre ricerche hanno osservato modificazioni di alcuni neurocircuiti - per esempio, quelli legati alla gratificazione e all'apprendimento - che spiegano la reazione emotiva e cognitiva che osserviamo nei nostri pazienti di fronte al digiuno e alla malnutrizione. Nonostante queste e molte altre scoperte scientifiche in questo campo e nonostante l’alta percentuale di persone colpite da queste malattie - l’anoressia nervosa è una delle principali cause di disabilità nei giovani-, l’autrice di questo articolo su Science mostra, utilizzando un grafico molto eloquente (i dati 2017 si riferiscono agli Stati Uniti, ndr), quanto poco sia finanziata la ricerca in questo campo a confronto con altre importanti patologie come l’alzheimer, la schizofrenia e l’autismo. A cosa è dovuto questa carenza di finanziamenti? In parte al fatto che l’anoressia nervosa è una malattia che è un po’ figlia di tutti e di nessuno… Si tratta di una malattia psichica, ma colpisce soprattutto il corpo: è psichiatrica, ma molti psichiatri non se ne occupano o non sanno come curarla. L’articolo su Science si chiede quindi quanto la carenza di finanziamenti dedicati alla ricerca delle cause dell’anoressia nervosa (e quindi anche alla scoperta di nuovi tipi, più efficaci, di trattamento) non sia legata in realtà allo stigma sociale cui anche il mondo scientifico evidentemente non è in grado di sottrarsi. Dobbiamo quindi davvero rivedere e ridefinire il concetto di anoressia nervosa e aiutare l’opinione pubblica, i clinici e il mondo scientifico a non stigmatizzare più questa malattia".

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