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In Salute. Editing genetico (e non solo) per le malattie ereditarie della retina

“Per un medico non c’è niente di più gratificante che sentire un paziente descrivere il miglioramento della sua vista dopo un trattamento. Uno dei partecipanti allo studio ha condiviso diversi esempi, tra cui essere in grado di ritrovare il proprio telefono dopo averlo perso o sapere che la macchina del caffè funziona vedendo le sue piccole luci. Questo tipo di compito può sembrare banale per chi non ha problemi alla vista, ma per un ipovedente sono progressi che possono avere un enorme impatto sulla qualità di vita”. Lo studio in questione è stato pubblicato recentemente su The New England Journal of Medicine e a parlare è uno dei suoi autori, Mark Pennesi, oftalmologo della Oregon Health & Science University che ha coordinato le ricerche. Gli scienziati hanno sperimentato una terapia basata sul sistema di editing genetico Crispr-Cas9 su pazienti affetti da amaurosi congenita di Leber, una grave forma di malattia ereditaria della retina che causa grave ipovisione e cecità fin dall’infanzia. Pur trattandosi di uno studio pilota che necessita di ulteriori approfondimenti, i risultati ottenuti provano il potenziale terapeutico della metodologia – testata in vivo, cioè direttamente nel corpo umano –  nel trattamento delle distrofie retiniche ereditarie. Una possibilità che va a sommarsi alle altre attualmente al vaglio in tutto il mondo per una classe di patologie che oggi non ha quasi alcuna possibilità di cura.   

Dell’argomento abbiamo parlato con Francesca Simonelli, professoressa di malattie dell’apparato visivo all’università della Campania “Luigi Vanvitelli” e direttrice della clinica oculistica dell’azienda ospedaliera universitaria di Napoli.

Distrofie ereditarie della retina, quali le più diffuse 

“Le distrofie retiniche ereditarie sono malattie genetiche, molto eterogenee e difficili da diagnosticare – spiega Simonelli – che includono differenti forme cliniche. Le più frequenti sono la retinite pigmentosa e la malattia di Stargardt”. Le mutazioni genetiche associate a queste patologie portano a un progressivo malfunzionamento e alla morte dei fotorecettori della retina, cioè delle cellule nervose note come coni e bastoncelli che hanno il compito di cogliere il segnale visivo e inviarlo al cervello. Ciò causa ipovisione e cecità nei casi più gravi, che possono insorgere in diverse età della vita. 

Nel caso della retinite pigmentosa, i sintomi si manifestano in genere prima dei 20 anni, principalmente con una diminuzione della capacità visiva in condizioni di scarsa luce e con un restringimento del campo visivo. “In questi casi i bambini hanno paura del buio, hanno difficoltà a vedere di notte, in penombra, a scendere le scale, in classe urtano i banchi”.

Anche la malattia di Stargardt colpisce prevalentemente la fascia pediatrica. Si caratterizza per una improvvisa diminuzione della vista in un solo occhio, e solo a distanza di cinque, sei mesi il problema si estende anche al secondo. “Si tratta di una maculopatia giovanile di difficile diagnosi, dato che al brusco calo della vista corrisponde un esame del fondo oculare anche completamente normale e ciò rende necessari test più specialistici. Per questo è importante che il pediatra o il medico di base, a cui i pazienti si rivolgono in prima battuta, una volta intercettate queste problematiche sintomatologiche, indirizzino i pazienti verso centri di riferimento per le distrofie retiniche ereditarie, dove si possiedono competenze e attrezzature per arrivare in tempi rapidi a una diagnosi”. 

Intervista completa a Francesca Simonelli. Servizio di Monica Panetto

Una sola terapia, ma altre in sperimentazione

Simonelli osserva che le distrofie retiniche ereditarie sono malattie devastanti, perché iniziano nell'infanzia e progrediscono inesorabilmente verso la grave ipovisione o cecità in età adulta. “Non esistono terapie allo stato attuale – sottolinea Simonelli – , se non per una specifica forma di retinite pigmentosa dovuta a mutazione del gene RPE65”. Si tratta della molecola voretigene neparvovec (nome commerciale Luxturna),  una terapia genica approvata dalla Commissione Europea nel 2018. In Italia è stata somministrata per la prima volta nella clinica oculistica dell’azienda ospedaliera universitaria “Luigi Vanvitelli” di Napoli e ad oggi sono già 30 i bambini trattati con ottimi risultati. 

“Il successo di questo primo trattamento ha aperto la strada alla possibilità di curare anche altre forme di distrofia retinica e oggi ci sono almeno altri sette, otto trial clinici anche di fase 3 in corso”. Approfondisce la docente: “Le terapie geniche mirano a correggere la mutazione genetica, introducendo nella retina del paziente il gene normale in sostituzione di quello mutato. Sono terapie avanzate, estremamente innovative e risolutive: vengono eseguite una sola volta nella vita, con risultati di efficacia che si mantengono nel tempo. Sono attualmente in corso per esempio trials per la retinite pigmentosa X-linked associata a mutazioni del gene RPGR, per alcune forme di amaurosi congenita di Leber, per la coroideremia e per la malattia di Stargardt. Per quest’ultima patologia, in particolare, ci sono anche studi clinici farmacologici che sembrano efficaci nello stabilizzare la progressione della patologia, ma non nel migliorare la funzione visiva come invece avviene nel caso delle terapie geniche”. Simonelli riferisce inoltre che nei prossimi mesi nella clinica oculistica di Napoli si inizierà la somministrazione di una terapia genica, nell’ambito di uno studio clinico di fase 1, su pazienti con sindrome di Usher. “La patologia associa una doppia disabilità – argomenta la docente – , la sordità alla nascita e la retinite pigmentosa nell'adolescenza: se per la sordità questi bambini hanno una soluzione, dato che oggi è possibile l'impianto cocleare, per la retinite pigmentosa non ci sono terapie. Siamo in attesa dell’approvazione finale dell’Aifa per iniziare”.

Come funziona il sistema di editing genetico

L’impiego del sistema di editing genetico CRISPR-Cas9

In questo contesto si colloca lo studio pubblicato su The New England Journal of Medicine. Come per le altre distrofie citate, anche per l’amaurosi congenita di Leber oggi non esiste alcun tipo di terapia. “Questa è la forma più grave di distrofia retinica, perché si manifesta già alla nascita o nei primi mesi di vita con una grave ipovisione o cecità”. I sintomi cui prestare attenzione sono la tendenza del bambino a stropicciare gli occhi con le mani, il movimento irregolare e involontario degli occhi detto nistagmo, l’alterazione della risposta alla luce.

Si conoscono attualmente 15-20 geni che, se mutati, sono associati all’insorgere della patologia. I ricercatori americani, nell’ambito di un trial clinico di fase 1-2 noto come Brilliance, hanno arruolato 14 pazienti, di cui 12 adulti e due bambini, affetti da distrofia retinica di Leber di tipo 10 causata dalla mutazione IVS26 del gene CEP290. A questi hanno somministrato la terapia di modifica genetica denominata EDIT-101 attraverso un’iniezione sotto la retina, in singola dose, nell’occhio con la vista peggiore: il sistema CRISPR-Cas9 corregge il gene difettoso direttamente nel corpo umano agendo sui fotorecettori, le cellule colpite dalla patologia.

Per valutare la sicurezza e l’efficacia del trattamento, gli scienziati hanno considerato quattro parametri: acutezza visiva (cioè la capacità dell’occhio di percepire e definire in maniera nitida i dettagli), test di stimolo a tutto campo adattato al buio, navigazione della funzione visiva e qualità di vita legata alla visione.  Ebbene, dopo il trattamento 11 pazienti (79%) hanno mostrato progressi in almeno uno dei quattro risultati misurati, quattro (circa il 29%) hanno registrato un miglioramento clinicamente significativo dell’acutezza visiva e sei (circa il 43%) hanno riferito un miglioramento della qualità di vita correlata alla visione. La maggior parte degli eventi avversi invece è stata lieve o moderata e tutti sono stati risolti.

Nonostante il numero di pazienti trattati sia ancora esiguo, i ricercatori ritengono che esistano le basi per proseguire con la sperimentazione: “Il profilo di sicurezza e i miglioramenti nella funzione dei fotorecettori dopo il trattamento con EDIT-101 in questo piccolo studio di fase 1-2 supportano ulteriori ricerche sull’editing genetico CRISPR-Cas9 in vivo per il trattamento delle degenerazioni retiniche ereditarie dovute alla variante IVS26 di CEP290 e ad altre cause genetiche”.

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