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In Salute. Infezioni correlate all'assistenza: importanti i sistemi di sorveglianza

Quando si parla di infezioni correlate all’assistenza ci si riferisce a complicanze che possono insorgere durante il ricovero di una persona in ospedale, ma anche in altri luoghi di cura come strutture di lungodegenza, ambulatori, residenze per anziani. Per capire quali siano le patologie più diffuse e le modalità di trasmissione, le persone maggiormente esposte al rischio di infezione, ma per comprendere anche se esistano sistemi di prevenzione e linee guida a livello nazionale e internazionale, ci siamo rivolti a Vincenzo Baldo, professore del dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità pubblica dell’università di Padova, direttore dell’unità operativa complessa Medicina preventiva e valutazione del rischio dell’Azienda ospedale - università di Padova e membro del Comitato per il controllo delle infezioni ospedaliere della stessa Azienda.  

Quando si parla di infezioni correlate all’assistenza ci si riferisce a un largo spettro di malattie che possono insorgere dopo una pratica assistenziale e in seguito a un determinato periodo dal momento del ricovero (nell'ambito dell'ospedalizzazione solitamente dopo 48 ore). Il tipo di infezione che il paziente può contrarre dipende molto spesso dalla pratica assistenziale che si va a considerare. È molto variabile a seconda dei contesti, precisa il docente, delle persone che vengono assistite ed è difficile indicare una frequenza, un tasso di insorgenza di queste patologie. “Tuttavia se si vanno a vedere i dati europei, per esempio, in ambiente ospedaliero troviamo una prevalenza, quindi un numero di soggetti che presenta la patologia, che può variare dal 5 al 7%, un numero molto rilevante. Questa prevalenza è stata misurata anche nella Regione Veneto e anche in questo caso abbiamo constatato come circa il 7% dei soggetti ricoverati possono incorrere in una infezione”.  

Intervista completa a Vincenzo Baldo del Comitato per il controllo delle infezioni ospedaliere dell'Azienda ospedale - università di Padova. Montaggio di Elisa Speronello

Continua Baldo: “Tra le infezioni più frequenti ricordiamo quelle delle vie urinarie, le polmoniti, le infezioni delle vie respiratorie, quelle che derivano dagli esiti di interventi chirurgici, più difficilmente misurabili queste perché possono insorgere anche dopo tempo dall'intervento stesso. E poi ci sono quelle più pericolose cioè le batteriemie, quindi le sepsi, le infezioni a livello ematico le quali da un punto di vista numerico sono meno frequenti, ma di maggior rilievo per il carico assistenziale e soprattutto per le problematiche cui va incontro il paziente”.

A darci qualche numero è lo Studio di prevalenza italiano sulle infezioni correlate all'assistenza e sull'uso di antibiotici negli ospedali per acuti, secondo cui nel 2016 in Italia negli ospedali per acuti, dove i pazienti vengono assistiti per brevi periodi, sono state rilevate 1.296 infezioni correlate all’assistenza in 1.186 pazienti (su un campione selezionato di 56 ospedali e 14.773 pazienti arruolati, nel corso dell’indagine condotta nel periodo di ottobre-novembre 2016). Le infezioni respiratorie, le più frequenti, sono state registrate nel 23,5% dei casi, le batteriemie nel 18,3%. Le infezioni urinarie e del sito chirurgico, invece, si sono verificate rispettivamente nel 18% e nel 14,4% dei casi. Sulle 67 tipologie di patogeni identificati, più del 45% di tutti gli isolamenti era rappresentato da Escherichia coli (13%), Klebsiella pneumoniae (10,4%), Pseudomonas aeruginosa  (8,1%), Staphylococcus aureus (8,9%) e Staphylococcus epidermidis (6,3%).

Le infezioni correlate all’assistenza implicano ovviamente conseguenze per il paziente. Potrebbero comportare un aumento dei tempi di degenza, oppure di superamento della patologia, potrebbero rendere non efficace un intervento chirurgico. “Inoltre hanno anche un costo e questo è l’altro aspetto importante, dato che si stimano dalle 450.00 alle 700.000 infezioni correlate all'assistenza all'anno in Italia, tra cui un numero di decessi molto importante. Diciamo quindi che è un peso rilevante che dobbiamo in qualche modo ridurre”.

Le modalità di trasmissione possono essere fondamentalmente di due tipi, esogena ed endogena. Nel primo caso l’infezione è trasmessa dall’esterno, attraverso l’ambiente, le superfici, le mani dell’operatore, attraverso apparecchiature o dispositivi medici. L’infezione è di tipo endogeno, invece, quando la fonte è rappresentata da patogeni già presenti all’interno del corpo. Un aspetto peculiare nella modalità di trasmissione sono dunque le mani, sottolinea Baldo. “Le mani si possono infettare, possono trasferire microrganismi e contaminare. Di conseguenza, una delle modalità più importanti per ridurre la trasmissione (di infezioni ndr) in ambito assistenziale, anche se non è nulla di nuovo, è appunto il lavaggio e l'igiene delle mani”.

Le persone che hanno necessità di ricevere un’assistenza normalmente sono maggiormente suscettibili alle infezioni. Si tratta di soggetti che potrebbero essere in terapia antibiotica, o in terapia immunosoppressiva oppure sottoposti a tecniche invasive, come un intervento chirurgico o qualsiasi altro intervento di questo genere, e ciò induce a un maggior rischio di infezione. Osserva Baldo: “In ospedale, inoltre, c’è un numero elevato di persone che seguono il paziente e vengono anche dall’esterno. Non c'è soltanto il medico, l'operatore sanitario che assiste il soggetto, ma anche i caregiver che potrebbero essere figure non strettamente correlate all’ambiente ospedaliero o all’ambiente assistenziale. E questo, quindi, aumenta il rischio”. I soggetti più esposti sono dunque quelli che presentano malattie di base importanti che possono in qualche modo aumentare non solo il rischio delle infezioni correlate all’assistenza, ma anche di tutte le altre infezioni.

“Per quanto riguarda i fattori che contribuiscono all'insorgere delle infezioni ospedaliere – continua il docente –, bisogna ricordare che esistono fattori modificabili che derivano dalla pratica assistenziale, dalla modalità con cui vengono svolte le attività e con cui è assistito il soggetto, ma ci sono anche fattori che non si possono modificare, come l'età (all'aumentare dell'età aumenta il rischio) o il sesso”.

Le donne, per esempio, sono esposte a un rischio maggiore di contrarre infezioni urinarie rispetto agli uomini per motivi anatomici. Possono esserci poi casi di pazienti con insufficienza renale o cardiaca, in cui l’attenzione deve essere posta in modo particolare alle modalità dell’assistenza, cercando di migliorare soprattutto le attività di prevenzione.

Proprio nell’ambito della prevenzione, in particolare, i metodi utilizzati sono gli stessi che vengono impiegati per evitare tutti gli altri tipi di infezione: si cerca, innanzitutto, di eliminare i serbatoi di infezione, di prevenire la trasmissione della stessa o di aumentare le difese dell’ospite. Quando si parla di pratiche assistenziali, l’obiettivo principale è proteggere il paziente, ma anche gli operatori, dato che le infezioni correlate all’assistenza potrebbero riguardare anche questi ultimi.

Baldo si sofferma su quattro aspetti di particolare rilievo nell’ambito della prevenzione: “Un pilastro è quello della pratica clinica, che significa istituire dei protocolli assistenziali terapeutici adeguati, valutare l'utilizzo corretto degli antibiotici (dato che questa è un'altra problematica importante), razionalizzare meglio l’uso di tecniche particolari”. Fondamentalmente, dunque, è necessario prestare attenzione a come vengono svolte le attività.

“In secondo luogo bisogna definire molto bene e verificare se esistono dei protocolli di controllo, relativi per esempio alla disinfezione, all'utilizzo di disinfettanti, alla sterilità, allo smaltimento dei rifiuti e alla separazione dello sporco rispetto al pulito”. Baldo, infine, sottolinea l’importanza della formazione, della promozione di comportamenti adeguati, sia nel paziente che negli operatori, e di tutti gli interventi di tipo organizzativo per cercare di pianificare al meglio il sistema di sorveglianza.

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