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In Salute. Intelligenza artificiale in medicina: buone prospettive ma studi ancora poco solidi

Alcune settimane fa esperti di tutto il mondo partecipavano al World Artificial Intelligence Cannes Festival, la più grande rassegna attualmente dedicata ai temi dell’intelligenza artificiale, di cui di questi tempi si parla molto: gli algoritmi e la possibilità di avere interfacce sempre più “intelligenti” capaci di imparare dai loro stessi errori rappresenta un’enorme opportunità per imprese e cittadini. Daniele Mont D’Arpizio, che ha seguito l’evento come inviato de Il Bo Live nella città della Costa Azzurra, ha discusso nei suoi servizi molte delle questioni che ruotano intorno all’argomento: dal ruolo dei protagonisti di questa nuova “rivoluzione” ai bias storici e sistemici che rischiano di annidarsi dentro i codici informatici; dagli aspetti etici necessariamente da considerare quando si delegano decisioni ai sistemi di intelligenza artificiale fino ai possibili ambiti di applicazione di questi strumenti. In questo senso, l’impatto maggiore, secondo Mauro Conti, coordinatore del corso di laurea magistrale in Cybersecurity all’università di Padova e presente a Cannes, è visibile oggi soprattutto in ambiti particolari come la diagnostica medica o i veicoli a guida autonoma. In questo servizio di In Salute, ci soffermeremo proprio sulle ricadute che i sistemi di AI possono avere ambito medico, discutendone opportunità e criticità con Eugenio Santoro, responsabile del laboratorio di informatica medica dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, che da anni si occupa dell’argomento.

Campi di applicazione dell’AI in medicina

“Gli ambiti di applicazione dell’intelligenza artificiale in medicina sono molteplici – esordisce Santoro –. Innanzitutto esistono i cosiddetti sistemi di Chatbot, cioè risponditori automatici, assistenti virtuali in grado di  assistere cittadini e pazienti e fornire informazioni. Questa è un'area in forte espansione, cui si fa ricorso per esempio in Inghilterra per attivare sistemi di triage che consentono di verificare la reale necessità di contattare un medico”. 

Un settore molto promettente è poi quello della diagnostica. “I sistemi di intelligenza artificiale o ancor meglio di machine learning vengono istruiti per cercare di fare diagnosi di tipo clinico. Vengono addestrati con esami e immagini generalmente radiologiche, e in molti ambiti, come quello oncologico o polmonare, consentono di identificare possibili malattie con una affidabilità che in generale è sovrapponibile a quella del medico o dello specialista di riferimento”. 

La realizzazione di sistemi computerizzati di supporto alla diagnostica clinica è stata una delle prime strade esplorate nel settore dell’AI in medicina, in particolare negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. Numerosi sono i contesti indagati dai ricercatori, tra questi la radiologia, la radioterapia, l’oftalmologia, la dermatologia, ma anche la gastroenterologia, la senologia, l’ematologia e l’infettivologia. Nel caso di tumore al seno per esempio, secondo uno studio pubblicato su Nature, un sistema di AI adeguatamente istruito ha portato a una riduzione assoluta del 5,7% e 1,2% (rispettivamente negli Stati Uniti e nel Regno Unito) nei falsi positivi e del 9,4% e 2,7% nei falsi negativi, e, nel confronto con l’operato di sei radiologi, a un aumento del 11,5% della sensibilità. 

“Sistemi di intelligenza artificiale vengono impiegati anche per sviluppare modelli di previsione, che consentono di predire determinate situazioni, così da risultare preparati dal punto di vista organizzativo”. Nell’ambito della ricerca farmacologica questi strumenti vengono usati per identificare le molecole più promettenti da sperimentare in ambito clinico tra le centinaia di migliaia disponibili. O, ancora, possono rivelarsi utili a condurre studi di tipo epidemiologico, identificando possibili relazioni di causa-effetto tra i dati raccolti e le patologie cui il paziente può andare incontro.

Intervista completa ad Eugenio Santoro, responsabile del laboratorio di informatica medica dell’Istituto Mario Negri. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Barbara Paknazar

Approvazione e regolamentazione

“Noi – prosegue Santoro – parliamo di sistemi intelligenza artificiale pensando esclusivamente all'aspetto diagnostico e tecnologico, in generale. In realtà prima di poter essere utilizzati, questi strumenti devono essere approvati da enti regolatori: l'approvazione ha bisogno di prove che siano il frutto di studi clinici solidi e che consentano di definire l’intervento condotto attraverso l’intelligenza artificiale almeno sovrapponibile all’intervento umano”. Si deve cioè verificare che i sistemi siano sicuri e affidabili dal punto di vista clinico, affinché gli enti regolatori possano approvarli come dispositivi medici. Secondo David W. Bates, docente di medicina alla Harvard Medical School, la regolamentazione degli algoritmi di AI dovrà inoltre essere molto più snella rispetto alle procedure seguite finora per regolamentare farmaci e dispositivi medici. E ciò perché le tecnologie informatiche come le app, la teleassistenza e i sistemi di intelligenza artificiale devono evolversi rapidamente. Un ente come la Food and Drug Administration, che negli Stati Uniti ha il compito di regolamentare questi prodotti, in genere impiega mesi o anni per portare a termine un ciclo di approvazione. Questo, secondo il docente di Harvard, non si adatta bene ai software che invece devono essere aggiornati frequentemente.

“Va detto – continua Santoro – che negli Stati Uniti alcuni sistemi di intelligenza artificiale sono già stati autorizzati come dispositivi medici e oggi aiutano nella diagnosi in ambito pediatrico o oncologico. Recentemente ne è stato approvato uno per la diagnosi di tumore alla prostata, e in generale altri per una serie di patologie per le quali è stata constatata l'affidabilità di questi strumenti”. Stando ai dati della Food and Drug Administration, si tratta di oltre 500 algoritmi di AI approvati negli Stati Uniti in ambito sanitario fino a gennaio 2023.

Criticità

Lo scorso anno il Ministero della Salute ha pubblicato un documento su I sistemi di intelligenza artificiale come strumento di supporto alla diagnostica, frutto del lavoro di un gruppo – di cui ha fatto parte anche Eugenio Santoro – che ha avanzato una serie di proposte operative per l’introduzione sicura dei software di AI nella pratica clinica. “Alcune delle criticità emerse che riguardano l'impiego di questi strumenti si riscontrano sul piano metodologico, poiché sebbene gli studi esistano, non sono sempre sufficientemente solidi. Si tratta soprattutto di indagini retrospettive, sono pochi quelle di natura prospettica. Ancora meno sono gli studi basati su sperimentazioni cliniche randomizzate, secondo il modello che viene utilizzato per testare i farmaci e a oggi considerato il più solido per misurare l'affidabilità e l'efficacia anche dei sistemi di natura digitale”. 

Di non secondaria importanza sono i bias (pregiudizi) algoritmici, errori dovuti ad assunzioni errate nel processo di apprendimento automatico. “Esistono tutta una serie di evidenze scientifiche in letteratura che dimostrano come questi strumenti funzionino nelle categorie di pazienti sui quali vengono sperimentati, ma non su altre: nell'identificare possibili melanomi, per esempio, sono efficaci nei pazienti di origine caucasica, perché i sistemi sono stati addestrati su questa tipologia di pazienti, ma non lo sono invece su quelli di pelle scura”. Non sempre evidentemente si riesce a coinvolgere la popolazione più rappresentativa possibile. 

Si deve inoltre considerare che il sistema di intelligenza artificiale prende decisioni spesso sconosciute anche al medico che poi dovrà vagliare e validare quelle risoluzioni, proprio perché la scelta viene fatta su algoritmi non deterministici, ma di fatto probabilistici. “Questi sono i principali problemi che ad oggi frenano l'impiego degli strumenti di intelligenza artificiale in ambito sanitario, oltre al fatto che manca ancora una regolamentazione specifica per l’ambito assistenziale. E penso più ai Paesi europei, all’Italia in particolare, rispetto ad altri contesti come gli Stati Uniti”. 

Nonostante le questioni da affrontare siano evidentemente ancora molteplici, secondo Santoro se i sistemi di intelligenza artificiale manterranno le promesse e si dimostreranno sufficientemente affidabili, potranno affiancare il lavoro del medico e aiutarlo sotto molti aspetti. “Penso per esempio alla fase di triage che potrebbe essere uno dei settori in cui utilizzare questi strumenti per individuare i casi da dirottare allo specialista di turno. In questo caso vedo grossi vantaggi, perché si riuscirebbe a coprire la mancanza di figure professionali che esistono da noi, ma mancano completamente per esempio in tante zone non sufficientemente sviluppate o nei Paesi africani dove questo genere di competenze non sono sempre disponibili”. 

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