SCIENZA E RICERCA

Per salvare gli ambienti costieri è urgente limitare il riscaldamento globale

Guardare al passato per cercare di difendere gli ecosistemi costieri, evitando che siano costretti a ritirarsi a causa dell’innalzamento dei mari proprio come accadde durante l’ultima era glaciale.

L’aumento del livello medio del mare è una delle conseguenze più gravi del riscaldamento globale e la velocità con cui procede è strettamente connessa allo sviluppo industriale. Le previsioni dell’Ipcc indicano che il livello di mari e oceani continuerà a crescere per tutto il secolo, in maniera differenziata a seconda che si riesca o meno a contenere il rialzo delle temperature entro la soglia di 1,5 °C.

Molte città delle aree costiere di tutto il mondo vedrebbero aumentare sensibilmente il rischio di inondazioni e sarebbero costrette a mettere in atto "misure di adattamento senza precedenti", il cui costo potrebbe non essere alla portata dei Paesi più poveri. Ma il fenomeno minaccia da vicino anche preziosi ecosistemi, come le barriere coralline, o le zone umide rappresentate da paludi di marea e foreste di mangrovie, ricchissime di biodiversità e fondamentali anche per la loro capacità di proteggere le coste e sequestrate elevate quantità di CO2 dall’atmosfera.

Uno studio condotto da un team internazionale di scienziati e pubblicato di recente su Nature ha analizzato la vulnerabilità e l’esposizione di mangrovie, paludi e isole coralline all’innalzamento del livello del mare, prendendo come riferimento il modo in cui questi sistemi costieri hanno risposto a momenti di forte criticità avvenuti in passato.

In particolare, i ricercatori hanno esaminato i sedimenti oceanici e le informazioni paleo-stratigrafiche relative alla fine dell’ultima era glaciale quando il rapido scioglimento dei ghiacci, soprattutto delle calotte glaciali nell’emisfero settentrionale, portò il livello delle acque a crescere con una media di un metro per ogni secolo. Oltre ad aver approfondito la documentazione geologica per comprendere cosa era accaduto a questi sistemi costieri quando erano stati minacciati dall'innalzamento del livello del mare, i ricercatori hanno  attinto a una rete globale di parametri di riferimento per le indagini sulle mangrovie e sulle paludi soggette a marea e si sono avvalsi anche di immagini satellitari per individuare i cambiamenti nell’estensione delle zone umide e delle isole coralline al variare della velocità di innalzamento del livello del mare.

Complessivamente, il team di scienziati ha valutato oltre 1500 ecosistemi costieri in tutto il mondo, tra cui 190 mangrovie, 477 paludi soggette a marea e 872 isole della barriera corallina. Il passo successivo è stato l'utilizzo di modelli per stimare la risposta di questi ecosistemi costieri all'innalzamento del livello del mare, a seconda dei diversi scenari di riscaldamento che potrebbero verificarsi entro il 2100. 

Lo studio ha mostrato che la maggior parte delle paludi e delle mangrovie legate alle maree stanno tenendo il passo con gli attuali tassi di innalzamento del livello del mare, pari a circa 2-4 mm all’anno, ma ha anche messo in guardia dal fatto che, se non riusciremo a contenere l'aumento delle temperature entro la soglia di 1.5°C, il rischio di perdita di questi importanti habitat costieri sarà elevato. 

Come ha spiegato Neil Saintilan, autore principale del lavoro e professore alla Macquarie University di Sydney, in un articolo divulgativo su The Conversation "se il tasso di innalzamento del livello del mare dovesse raddoppiare fino a raggiungere i 7 o 8 millimetri all’anno, c'è il 90% di probabilità che le mangrovie e le paludi soggette alla marea non riusciranno più a tenere il passo" ed è probabile che anche le isole coralline subiranno cambiamenti rilevanti. Questo tipping point, sottolinea Neil Saintilan, si verificherà quando quando verrà superata la soglia di riscaldamento di 2.0°C. rispetto all'era pre-industriale. Ma anche con tassi intermedi di innalzamento del livello medio del mare (coincidenti con un aumento delle temperature tra 1.5°C e 2,0°C) è probabile una vasta perdita di mangrovie e paludi tidali, aree basse inondate e prosciugate dall’acqua salata delle maree. 

Le paludi tidali, osserva il primo autore dello studio, sono meno esposte alle conseguenze dell'innalzamento del livello del mare rispetto alle mangrovie perché si trovano in regioni in cui la terra si sta alzando, riducendo il tasso relativo di innalzamento del livello del mare. Alcune località sono invece più fortemente esposte al fenomeno della subsidenza e quindi il tasso relativo di innalzamento del livello del mare è maggiore.

Ragionando sulle capacità di adattamento di questi ecosistemi, Neil Saintilan sottolinea che sebbene siano capaci (entro certi limiti) di rispondere all'innalzamento del livello del mare accumulando sedimenti e spostandosi lentamente verso l'interno, se i cambiamenti sono troppo veloci "non avranno abbastanza tempo per sviluppare sistemi radicali o intrappolare i sedimenti per rimanere sul posto, quindi cercheranno terreni più elevati spostandosi verso terra nelle pianure costiere appena allagate". Ma, a differenza del passato, "questa volta si troveranno a competere con altri usi del territorio e saranno sempre più intrappolati dietro argini costieri e barriere rigide come strade ed edifici". 

"Ogni tonnellata di anidride carbonica emessa dall'umanità alza il termostato globale, aumentando così il ritmo dell'innalzamento del livello del mare", ha dichiarato Robert Kopp, professore del dipartimento di Scienze della terra e planetarie della Rutgers School of Arts and Sciences (Stati Uniti) e tra gli autori dello studio. 

Gli intervalli di temperatura citati nella ricerca, ha osservato Kopp, sono significativi perché si riferiscono direttamente all'accordo sul clima sottoscritto a Parigi nel 2015 con i quale i governi si sono impegnati a ridurre le emissioni di carbonio al fine di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C in più rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C.

"Se l’aumento della temperatura globale fosse limitato a 2°C, gli ecosistemi costieri avrebbero una possibilità di lottare", ha affermato Neil Saintilan aggiungendo che "Il futuro degli ecosistemi costieri è nelle nostre mani" e che "se lavoriamo per riportare le mangrovie e le paludi soggette a marea alla loro estensione originaria, queste potranno aiutarci ad affrontare il cambiamento climatico".

L'innalzamento del livello del mare rischia di mettere in pericolo le piccole isole (che sono tra le realtà più colpite dagli effetti dei cambiamenti climatici) e le coste di tutto il mondo e insieme ad esse la vita di milioni di persone. Migliorare la comprensione dei cambiamenti presenti e passati collegati alle variazioni del livello del mare è fondamentale per mettere a punto adeguate strategie di adattamento. Ma bisogna anche ridurre le emissioni di sostanze climalteranti senza perdere altro tempo perché ogni decimo di grado al di sopra del limite soglia di 1,5°C di riscaldamento globale porterà ulteriori gravissimi impatti non solo sugli ecosistemi naturali ma anche sulla società e sui sistemi produttivi. 

 

 

 

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