SCIENZA E RICERCA

Sciame sismico in Veneto. Boaga: "Evento normale per l'area, ma lavoriamo sul monitoraggio"

Negli ultimi giorni l’area del trevigiano è stata interessata da ripetuti terremoti, compresi tra magnitudo 2 e 3.6 sulla scala Richter. L’epicentro della scossa sismica più forte è stato localizzato a una distanza di 5 chilometri a nord-est di Valdobbiadene e a una profondità di 11 chilometri. La cittadina veneta è stata l’epicentro anche di altre cinque scosse rilevate dall’Ingv, mentre in altri due casi il sisma ha avuto origine nei dintorni di Segusino, sempre in provincia di Treviso, e a Bagnoli di Sopra, nel padovano.

Abbiamo chiesto al professor Jacopo Boaga, del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova, come vada interpretato questo sciame sismico: negli ultimi 20 anni in Veneto non si sono registrati terremoti di magnitudo superiore a 4.4 ma la regione, come del resto l'intera penisola, è da considerarsi sismica nella sua interezza e risente della rilevante sismicità proveniente dalle zone limitrofe.

In passato inoltre il territorio veneto è stato interessato da terremoti di elevata intensità e il lavoro del Database of Individual Seismogenic Sources dell’INGV, che ha individuato su scala nazionale le zone sismogenetiche capaci di terremoti con magnitudo superiore a 5.5, ne ha identificate otto all'interno del Veneto: l'area del veronese, il Monte Baldo, Thiene-Cornuda, Thiene-Bassano, Bassano-Cornuda, Bassano-Vittorio Veneto, Montello e il Cansiglio.

Il professor Jacopo Boaga analizza lo sciame sismico avvenuto negli ultimi giorni in Veneto e illustra il progetto di potenziamento delle attività di monitoraggio. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

Lo sciame sismico

"In questi giorni - introduce il professor Jacopo Boaga, del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova - stiamo registrando parecchia attività sismica nel distretto di Valdobbiadene e Vittorio Veneto. Sono eventi di modesta entità ma avvertibili dall’uomo e per questo hanno preoccupato molto la popolazione. Si tratta di sismi del tutto normali nell’attività sismica della regione Veneto perché se osserviamo le zone sismogenetiche del territorio sono proprio le aree in cui ci attendiamo i terremoti. Valdobbiadene si colloca infatti proprio nella zona sismogenetica denominata Bassano-Vittorio Veneto e che è nota proprio per la liberazione di energia da sistemi di faglie sud-vergenti che accomodano gli stress della placca micro-adriatica che spinge verso le Alpi. Questa fascia prealpina è quella sismologicamente più attiva e sappiamo che rilascia energia sismica sotto forma di terremoti".

In particolare la zona interessata dai terremoti di questi giorni è in grado di liberare terremoti anche forti ma il docente precisa che non esiste alcuna linearità e per questo motivo eventi di piccola intensità non sono necessariamente il preludio ad un successivo maggiore rilascio di energia. "In passato questa zona sismogenetica ha liberato terremoti di magnitudo elevata. Per esempio il terremoto di Asolo del 1695 è stato molto distruttivo, con una magnitudo stimata di 6.5 e anche nel corso del diciannovesimo secolo ci sono stati altri eventi con una magnitudo intorno a 5, sempre in quella zona. Tuttavia non è assolutamente una conseguenza lineare: non significa che i terremoti piccoli avvertiti in questi giorni dalla popolazione implichino un terremoto più forte domani. Come sappiamo i terremoti non sono assolutamente prevedibili e non c’è una linearità tra quello che stiamo registrando in questi giorni e quello che potrà accadere un domani", spiega Boaga.

Il potenziamento della rete sismica del Veneto

E visto che la strada verso modelli previsionali in grado di predire in modo efficiente lo sviluppo di un terremoto è ancora lunga, il monitoraggio e la prevenzione delle conseguenze di un sisma sono aspetti fondamentali. L’università di Padova è parte di un progetto, insieme alla Regione Veneto e all’istituto di Oceanografia e Geofisica sperimentale di Trieste, finalizzato ad implementare la rete sismica del Veneto. "Quello che possiamo fare è registrare sempre meglio questi eventi, localizzarli sempre meglio nello spazio e osservare nel modo più preciso possibile i loro effetti sul territorio. Questo è il nostro compito insieme a quello di costruire in maniera antisismica e sismo-resistente. Attualmente in Veneto ci sono alcune decine di stazioni che registrano in modo continuo gli eventi tellurici del suolo. Grazie a questo progetto puntiamo di arrivare a diverse centinaia di nuovi sensori che hanno una tecnologia a basso costo: le performance sono inferiori a quelle delle comuni stazioni sismiche ma sono strumenti che costano molto poco e ci permettono di diffondere le informazioni", entra nel merito il professor Boaga.

Si tratta di strumenti che possono essere adottati e diffusi in modo capillare. "Il Veneto potrà così diventare una delle zone più monitorate in Europa, come numero di stazioni rispetto alle dimensioni della regione. Noi quindi speriamo nei prossimi anni di poter registrare sempre meglio questi eventi, avere un’informazione sempre più concreta rispetto a dove avvengono le rotture e rispetto agli effetti sul territorio. Questo consentirà di avere uno scenario del danno, preciso e localizzato, per orientare al massimo l’efficienza emergenziale del post evento", conclude Boaga.

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