SCIENZA E RICERCA

Granchi blu, formiche di fuoco, giacinti d’acqua: prevenire le "invasioni" è possibile

"Le specie aliene invasive si diffondono a un ritmo sempre più serrato, provocando impatti sempre più gravi sull'ambiente e sulla società. La loro avanzata è cominciata in sordina, con i primi spostamenti dei gruppi umani nella notte dei tempi, ma nel corso di secoli e millenni ha preso velocità come una valanga, acquisendo oggi la forza di uno spaventoso fenomeno globale. È possibile arrestare o almeno rallentare questa avanzata, o si tratta di una battaglia già persa in partenza?". 

Nel libro Specie aliene. Quali sono, perché temerle e come possiamo fermarle, pubblicato da Laterza, Piero Genovesi compie un giro del mondo alla scoperta delle "specie che chiamiamo aliene (anche dette esotiche o alloctone) [...] piante, animali o altri organismi viventi che noi umani trasportiamo lontano dai loro ambienti naturali - in maniera volontaria o accidentale - introducendoli in luoghi che non avrebbero mai potuto raggiungere, senza un aiuto da parte nostra". Responsabile per ISPRA della conservazione della fauna e del monitoraggio della biodiversità (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), Genovesi è tra i maggiori esperti del fenomeno, eccellente divulgatore, attivo nel campo della prevenzione e della gestione: ora è atteso a Padova per partecipare al Cicap Fest, il suo incontro è in programma sabato 12 ottobre, alle 12, in Aula Magna a Palazzo Bo. L’abbiamo intervistato.

Nessun luogo al mondo, neanche il più sperduto e meno alterato dall'uomo è stato risparmiato dalle specie aliene invasive, si legge nel suo libro. 

"Le profondità del mare e l’oceano aperto, per esempio, non risentono ancora degli impatti, ma - appunto - parliamo solo di impatti: la verità è che anche lì ci sono le specie aliene. Insomma, qualche margine del mondo non è stato ancora colpito dall’impatto, ma ormai gli ambienti di quasi tutto il pianeta sono toccati da questa minaccia".

Oggi si parla moltissimo di granchio blu ma la storia delle specie aliene viene da lontano, ha attraversato il tempo e riguarda tanti luoghi e specie, non solo animali. Perché tendiamo a isolare i singoli casi evitando di guardare la questione nel complesso?

"Uno dei motivi per cui ho scelto di impegnarmi nella divulgazione è proprio legato al fatto che si tende a parlare dei singoli casi, ad affrontare solo quel problema: ora il granchio blu, negli anni Novanta lo scoiattolo grigio, e ancora la formica di fuoco, la nutria, la cimice asiatica. Per trovare risposte, invece, è importante capire che i singoli casi rappresentano le diverse facce di un unico fenomeno globale, che va affrontato in maniera strutturata: se comprendiamo questo, sarà più facile mettere a punto misure efficaci di prevenzione".

Quali sono i meccanismi con cui una specie aliena può insidiare una o più specie autoctone?

"Esistono vari meccanismi d'impatto: il più evidente e con effetti più rapidi è sicuramente la predazione. Per quanto riguarda le piante, il più diffuso è quello della competizione ecologica, che si può comunque presentare anche tra animali, penso allo scoiattolo grigio americano. Il termine 'invasivo' fa pensare subito a una specie dannosa, ma in realtà si riferisce all'espansione: le piante alloctone si espandono e, per competizione, scalzano quelle autoctone. E ancora, per ibridazione, il gobbo della Giamaica ha messo in pericolo il gobbo rugginoso, un'anatra rara europea: una volta liberato, il gobbo della Giamaica ha compromesso il pool genico della specie autoctona".

Oltre all'impatto ecologico, che presuppone anche una minaccia alla biodiversità, vanno presi in considerazione gli effetti sulla salute e, in senso più ampio, su vari aspetti sociali.

"Spesso le stesse specie che causano problemi alla biodiversità hanno anche un impatto sulla salute, sulla qualità della vita delle comunità, sulla società. In Italia conosciamo bene il problema della zanzara tigre, specie aliena importata dall’Asia insieme a un carico di pneumatici, arrivata inizialmente in Liguria e poi diffusasi nel resto del Paese, trasportate da noi all’interno delle automobili. La zanzara tigre è vettore di oltre venti tra virus e arbovirus, tra cui la febbre dengue, chikungunya, west nile virus. Questo è solo un esempio degli impatti che ci possono essere sulla nostra salute, e sono di diverso tipo: parassiti oppure organismi tossici come il pesce palla argenteo, bisogna stare attenti quando si mangia un misto di paranza del Mediterraneo perché, se casualmente quel pesce finisce nel piatto, il rischio per la nostra salute è alto. Più in generale, le specie aliene hanno un effetto sulla qualità della vita: il giacinto d'acqua, bellissima pianta originaria dell'America Latina, è stata portata in tutto il mondo ma forma enormi tappeti verdi sui fiumi bloccando la navigazione, impedendo la pesca, riducendo le scorte d'acqua e creando un ambiente adatto alle larve di zanzara che aumenta il rischio di malaria. Spesso, dunque, le specie che hanno un impatto sulla natura hanno un impatto sulla salute, sulla società e sulla economia: questo è il messaggio chiave che ha convinto gli organi comunitari ad adottare un regolamento europeo sulle specie aliene invasive. Investire sul contrasto delle specie aliene riduce realmente gli impatti e abbassa i costi che questo fenomeno causa alle nostre attività".

Le specie aliene possono portare anche benefici? Penso alle specie americane che hanno contribuito alla nostra alimentazione: patata e pomodoro, su tutti. Non solo, ci sono esempi di "vantaggio" anche in campo medico.

"Certamente, ho cercato di chiarirlo nel libro. Molte specie - utili per l'alimentazione, dalle patate ai pomodori, per i vestiti, come i bachi da seta, o per i medicinali, penso all'albero da cui si ricava il chinino - sono entrate nella nostra vita senza causare particolari impatti e oggi sono essenziali: non vi è mai stato, ne vi è ora, alcun motivo per contrastarle, nessuno mai si sognerebbe di togliere i cipressi dalla Toscana perché sono alieni. Su questo punto, in genere, la comunità scientifica è pragmatica: non vi è una lotta di principio per cui ogni alieno debba essere considerato un nemico, molte specie sono importanti per la nostra vita, non causano problemi e non vi è dunque alcuna necessità di intervenire e utilizzare risorse di contrasto. Dobbiamo concentrarci sulle specie che arriveranno in futuro e su quelle che oggi hanno impatti concreti".

Una fase del fenomeno, presa in considerazione dalla comunità scientifica, è la latenza: cosa si intende e quanto è importante nel quadro dell'analisi del rischio, della prevenzione e della gestione delle specie aliene? 

"È un concetto importante in termini concreti di gestione ma non è una legge assoluta, quindi non è facile prevederla e modellizzarla. Una volta arrivate e stabilizzate, tante invasioni hanno avuto una fase di ritardo, anche lunga, prima di esplodere in un territorio e creare problemi: penso allo scoiattolo grigio, arrivato nel 1948 in Piemonte e fino agli anni Settanta rimasto localizzato, per poi esplodere negli anni Novanta (facendo soccombere lo scoiattolo rosso autoctono, ndr). Non è facile prevedere gli sviluppi di questa finestra temporale, che viene invece percepita in maniera sbagliata: non è considerata una priorità, non viene letta come un problema perché non c'è allarme. Se invece questa latenza venisse considerata come una opportunità per agire prima dell'esplosione del problema, si potrebbe intervenire rapidamente e con piani specifici già nella prima fase, ottenendo risultati efficaci. In California e in altri Stati americani esistono piani d'azione per la gestione delle piante infestanti aliene: con la collaborazione degli agricoltori, quando viene segnalata una nuova infestazione, una squadra interviene prontamente, prima dell'espansione. In questo modo sono state fatte migliaia di eradicazioni di successo su infestazioni circoscritte, di pochi metri. Se si interviene in ritardo, in media, i costi aumentano di quaranta volte. Pensiamo al granchio blu: si agisce quando il problema è già esploso, ora si può solo evitare o rallentare l'espansione in nuovi siti, ma dove ormai è molto diffuso c'è ben poco da fare. Quando si parla di invasioni biologiche la risposta reattiva, invece di quellla proattiva, risulta particolarmente fallimentare".

La prevenzione è fondamentale.

"La prevenzione può rivelarsi estremamente efficace: è fondamentale identificare i vettori più importanti di arrivo di specie invasive e adottare piani d’azione. Per l'Italia i vettori più rilevanti sono legati al commercio di specie ornamentali: piante da giardino o animali d'affezione. I piani d'azione, però, sono poco prescrittivi: si incoraggiano le aziende a valutare i rischi e informare il pubblico. Si potrebbe fare molto di più: per esempio, attraverso una azione regolamentativa per identificare e vietare l'introduzione di alcune specie ad alto rischio, portando le aziende a spostare l'interesse e il commercio su specie simili ma a basso rischio".

Senza interventi mirati che cosa ci aspetta?

"Noi studiosi ci interroghiamo da tempo sul futuro delle invasioni biologiche: recentemente, con un coordinamento di ricercatori dell'Università di Girona in Spagna, in cui sono stato coinvolto, ci siamo concentrati sui futuri possibili in Europa. Non esiste un unico scenario, ne abbiamo identificati diversi. Se l'Europa si dimostrerà più attenta all'ambiente, si potrà ridurre notevolmente il numero di arrivi e permettere un reale recupero, contando anche sugli strumenti e i finanziamenti messi a disposizione dalla Nature Restoration Law per ricreare molti ambienti naturali originari. Se il futuro dell'Europa, però, sarà proiettato solo allo sviluppo economico e poco alla natura, aumenteranno anche le invasioni biologiche. Abbiamo fatto delle simulazioni di possibili trend di aumento: su scala mondiale, il numero delle specie aliene potrebbe crescere del 37%, in Europa di oltre l'80%, perché la nostra regione del mondo è particolarmente esposta agli impatti. Siamo in tempo, possiamo ancora agire per evitare che si realizzi lo scenario peggiore". 

Anche le azioni dei singoli cittadini sono importanti.

"Sono fondamentali. Faccio l’esempio del commercio di piante ornamentali: vado ogni anno in Sudafrica per lavoro, lì ho notato i cartelli fuori dai vivai locali in cui si segnala la vendita di piante autoctone, valorizzate più di quelle esotiche, da parte della comunità. Da noi questa cultura c’è ancora poco, ma una maggiore attenzione da parte nostra, nel selezionare animali e piante a basso rischio, già potrebbe contribuire a ridurre gli impatti sull'ambiente: quando viaggiamo all'estero dobbiamo stare attenti a non portare a casa con noi piante e, in generale, organismi che non conosciamo: volontariamente, penso al commercio dei semi, o accidentalmente".

Considerando la sua incontestabile capacità di rendere comprensibile un argomento complesso, vorrei sapere cosa significa per lei fare divulgazione.

"Nella mia vita ho avuto la fortuna di lavorare in un territorio di confine, tra scienza e società: spero che la mia attività possa avere un effetto sul mondo reale. Nel campo della conservazione della biodiversità - della quale le specie aliene sono una delle componenti, anche se non necessariamente la più importante, prima di tutto pensiamo alla distruzione degli habitat - penso che sia fondamentale spiegare, coinvolgere, raccontare. Questo è il mio obiettivo: contribuire, nel mio piccolo, a migliorare la conservazione della natura".

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