Immagine: NASA's Scientific Visualization Studio
“Le nubi di tanto in tanto ci danno riposo / mentre guardiamo la Luna”. Così recita l’haiku di Matsuo Bashō (1644-1694) scelto dall’astronomo Leopoldo Benacchio, docente e astronomo presso l'Osservatorio Astronomico di Padova (INAF), come esergo del suo ultimo libro: Corsa alla Luna. Gli interessi in gioco tra scienza, geopolitica e space economy (Il Sole 24 Ore, 2024). E in effetti la Luna, dopo averla un po’ messa da parte per qualche decennio, negli ultimi tempi la guardiamo parecchio. Non solo perché è un formidabile laboratorio naturale per studiare l'universo e provare nuove tecnologie: rappresenta anche un potenziale trampolino di lancio per future missioni su Marte. La bassa gravità offre un'opportunità unica per testare le condizioni di vita extraterrestri, con costi e rischi ridotti rispetto a quelli di una missione verso il Pianeta Rosso.
Nasce per questo il programma Artemis (dal nome della mitologica dea della Luna, sorella di Apollo), messo in campo assieme ad altri partner dalla Nasa per riportare il genere umano sul nostro satellite. A differenza delle missioni svoltesi tra gli anni ’60 e ‘70, Artemis si propone di stabilire una presenza umana sostenibile sulla Luna entro la fine del decennio, utilizzando risorse lunari per supportare l'esplorazione a lungo termine e prepararsi alla futura missione su Marte. Gli Stati Uniti, insieme a un consorzio di partner internazionali, stanno anche esplorando l'idea di sviluppare una stazione spaziale in orbita lunare, la Lunar Gateway, che fungerà da punto di appoggio per altre missioni. “Non si tratterà di un remake delle missioni Apollo”, conferma Leopoldo Benacchio a Il Bo Live, e non solo perché stavolta a posarsi per primo sul suolo lunare dovrebbe essere il piede di una donna (quello dell’astronauta Christina Koch). “L’obiettivo stavolta è quello impiantare abitazioni e laboratori, anche per sfruttarne le risorse tramite miniere da cui estrarre minerali come il litio, fondamento della nostra società tecnologica. Tornare dunque, ma stavolta per restare”
Intervista di Daniele Mont D'Arpizio; riprese e montaggio di Elena Sophia Ilari
Certo non si tratta ancora di trasferirsi in massa sull’astro narrante (per usare un’espressione cara a Pietro Greco) quanto di organizzare una turnazione in parte simile a quelle in atto sulle stazioni spaziali, magari in una delle cavità o grotte che stiamo scoprendo. Una seconda differenza fondamentale è il ruolo dei privati, passati da comprimari a protagonisti dell’esplorazione spaziale. Il riferimento non è solo a SpaceX di Elon Musk, la quale sta sviluppando Starship, un sistema di trasporto potente e riutilizzabile, ma anche a iniziative come la stazione spaziale privata Axiom e la missione della società AstroForge, che intende mandare un suo satellite a studiare un asteroide. “Già oggi il nostro modo di vivere è basato sullo spazio: da zero a mille chilometri di distanza dalla Terra ci sono attualmente quasi 5.000 satelliti che fanno di tutto, dalla geolocalizzazione alle telecomunicazioni, dall’agricoltura alla sorveglianza – continua Benacchio –. Il problema è che il privato ha bisogno di un ritorno immediato, mentre gli Stati possono permettersi investimenti che danno frutto in diversi anni. Per questo, perché l’operazione sia sostenibile, i privati dovranno mettere in piedi una vera e propria economia lunare, che vada al di là dei viaggi organizzati per miliardari”.
L’ultima differenza con la prima corsa alla Luna è che stavolta gli Stati Uniti, pur avvalendosi della collaborazione delle agenzie spaziali europea, giapponese e canadese, hanno rivali molto seri e agguerriti. A cominciare dal programma cinese, che ha già compiuto passi significativi con il lancio della missione Chang'e e il posizionamento di rover. La Cina ha annunciato piani per una base lunare internazionale entro il 2035, mentre stanno potenziando i loro programmi anche Paesi come Corea, Emirati Arabi, Russia e India, la quale ha recentemente festeggiato il successo della missione Chandrayaan-3.
Del resto il controllo del più grande corpo celeste vicino a noi Luna non è solo una questione di esplorazione scientifica ma è anche intrinsecamente legato alle dinamiche geopolitiche. La competizione rispecchia le tensioni tra le grandi potenze sulla Terra, tanto più che la possibilità di sfruttare le risorse lunari, come il litio per le batterie e l'elio 3 per la fusione nucleare, potrebbe avere implicazioni significative per la sicurezza energetica globale. Secondo Benacchio infine “è inutile nascondersi dietro un dito: ci saranno sicuramente anche tentativi di utilizzare militarmente la Luna”.
L’Outer Space Treaty il cosiddetto Moon Agreement risalgono rispettivamente al 1967 e al 1979, e fanno rientrare la Luna nel concetto giuridico di res communis, sull’esempio della normativa internazionale che regolava il mare e i suoi fondali marini: una situazione non più adatta a un’epoca in cui se ne progetta concretamente la colonizzazione. Per questo la collaborazione internazionale sarà essenziale, anche perché costi enormi e sfide tecniche richiederebbero un approccio congiunto. Una straordinaria opportunità per tutti i Paesi di superare le contrapposizioni e lavorare insieme per il bene dell'umanità, se solo ce fosse la volontà.
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