SCIENZA E RICERCA

Noi e il mare. Una delicata biodiversità, dalla spiaggia in giù

La biodiversità marina rappresenta una risorsa preziosa e delicata da preservare, che sin dall’antichità ha permesso ai popoli e alle culture umane di prosperare e progredire. Questo intricato puzzle di specie che interagiscono tra loro e con l’ambiente in cui vivono non si trova solo al di sotto della superficie del mare e dell’oceano, ma comincia già dalle coste, dalle nostre spiagge, estendendosi dalla sabbia, sulla quale passiamo ore a rilassarci e svagarci nei periodi caldi dell’anno, fino agli abissi più profondi. Per i ricercatori dell'Università di Padova e gli studenti della Laurea Magistrale Internazionale in Marine Biology, studiare e comprendere questo affascinante mondo è una missione urgente, soprattutto in un'epoca di cambiamenti climatici e pressioni umane crescenti.

La spiaggia emersa, o piano sopralitorale

Le spiagge sono spesso associate ad attività ricreative o al semplice relax sotto l’ombrellone. A un primo sguardo, la spiaggia può sembrare priva di vita, composta com’è da sabbia che ricorda un ambiente desertico. Tuttavia anche sulla spiaggia emersa possiamo trovare flora e fauna. La spiaggia è popolata da animali con una vocazione più terrestre che marina, ma strettamente legati al mare in alcune fasi fondamentali del loro ciclo vitale, come ad esempio la riproduzione. Uno degli elementi caratteristici di questo ambiente sono gli uccelli marini, che qui spesso trovano rifugio per riposarsi o addirittura per nidificare. Uno studio condotto tra il 2008 e il 2014 in Veneto ha rilevato la presenza di 14 specie di uccelli marini che nidificano lungo la costa, tra cui la beccaccia di mare, il gabbiano reale e il fratino. Inoltre, con un po' di fortuna, è possibile osservare le tartarughe marine mentre depongono le uova sulla spiaggia. Un evento particolarmente significativo si è verificato nel 2021, quando sulla spiaggia di Jesolo (Venezia, Italia) un esemplare di Caretta caretta ha deposto 80 uova (Environmental and pathological factors affecting the hatching success of the two northernmost loggerhead sea turtle Caretta caretta nests. Scientific Reports, 2023).

Dal piano litorale agli abissi

Basta bagnarsi i piedi per entrare nel piano litorale, compreso tra le linee di alta e bassa marea, chiamato anche “zona intertidale”. Questa zona è soggetta a periodi più o meno lunghi di esposizione all’aria e per questo gli organismi che vi risiedono devono essere in grado di fronteggiare i continui cambiamenti di diversi fattori ambientali come umidità, temperatura e salinità. Tra questi organismi ci sono molti piccoli crostacei e diversi filtratori che variano a seconda della granulometria del substrato. La zona intertidale nelle coste sabbiose, come quelle che troviamo lungo le spiagge italiane del Nord Adriatico, è generalmente molto ampia, dato che il fondale degrada lentamente. Qui trovano rifugio soprattutto i molluschi bivalvi fossori, come la vongola di mare, chiamata localmente bevarassa. Se il fondo è fangoso, si trovano perlopiù vermi policheti che scavano profondi cunicoli. Negli interstizi del sedimento vivono numerosi organismi di piccole dimensioni. Non ci sono pesci che vivono stabilmente in questo ambiente, ma alcuni vi si avventurano durante l’alta marea in cerca di cibo, come la tracina o il latterino. Sotto il limite della bassa marea, e quindi perennemente sommersa, si trova la zona subtidale, caratterizzata dalla maggiore ricchezza e diversità, almeno in termini di pesci e molluschi. Nella fascia più vicina alla costa e meno profonda si trovano molte specie di molluschi bivalvi, come telline e cannolicchi, oppure molluschi cefalopodi, come la seppia, e gasteropodi, come i murici, chiamati localmente “garusoli”. Sono presenti anche stelle marine, mentre le specie ittiche residenti sono perlopiù pesci piatti come la sogliola, la passera di mare e il rombo, in grado di mimetizzarsi sul fondale sabbioso. Altri pesci, come cefali, mormore e piccoli saraghi, frequentano comunque questa zona per alimentarsi. All’aumentare della profondità, tra i pesci diventano più comuni le triglie di fango, le gallinelle di mare, la rana pescatrice e il pesce San Pietro. Tra gli invertebrati si trovano diversi crostacei, come canocchie, gamberi, scampi e mazzancolle, molluschi bivalvi come fasolari, canestrelli e capesante, e cefalopodi come i calamari. Inoltre, sono presenti il topo di mare, le stelle serpentine e i cetrioli di mare. Queste diverse zone, con le loro specifiche comunità di organismi, offrono una serie di servizi ecosistemici fondamentali (Macro-zoobenthic biodiversity of northern Adriatic hard substrates: Ecological insights from a bibliographic survey. Journal of sea research, 2020).

Le foreste e le praterie sommerse

Le fanerogame (o piante) marine, ad esempio, con le loro radici impediscono l’erosione delle coste, stabilizzando i sedimenti e proteggendo le spiagge dall’azione di onde e mareggiate. Insieme alle foreste di macroalghe, forniscono habitat e rifugio a numerose specie marine, aumentando così la biodiversità locale. Essendo organismi fotosintetici, le fanerogame e le macroalghe trasformano l’anidride carbonica (CO2) in ossigeno (O2). Questo processo ha una duplice valenza: da un lato, contribuisce a mitigare fenomeni legati al cambiamento climatico, come il riscaldamento globale e l’acidificazione dei mari, entrambi causati dall’aumento della CO2 nell’atmosfera; dall’altro, la produzione di O2 sostiene la vita marina e terrestre. Inoltre le fanerogame e le macroalghe svolgono un ruolo cruciale nel ciclo dei nutrienti, assorbendo e rilasciando sostanze essenziali per la crescita di altri organismi marini. Questi produttori primari agiscono anche come filtri naturali, rimuovendo sedimenti e inquinanti dall’acqua e contribuendo a mantenere un ambiente marino più pulito. Questi servizi ecosistemici sono vitali non solo per la salute degli ecosistemi marini, ma anche per le comunità umane che dipendono da essi per la pesca, il turismo e la protezione costiera. Preservare e proteggere queste zone è quindi essenziale per il benessere del nostro pianeta e delle future generazioni (leggi anche: A 2,000‐year record of eelgrass (Zostera marina L.) colonization shows substantial gains in blue carbon storage and nutrient retention. Global Biogeochemical Cycles, 2024).

Le tegnùe del Nord Adriatico

Un altro ambiente ricco di biodiversità è presente al largo della costa, da Grado fino alla foce del Po, a profondità comprese tra i 15 e i 40 metri. In queste zone del fondale marino spiccano degli affioramenti rocciosi su un substrato prevalentemente sabbioso. Questi luoghi affascinanti sono noti come tegnùe, un nome coniato dai pescatori locali che richiama l'impigliarsi (dal verbo dialettale "tegnere" = tenere, trattenere) delle reti durante le attività di pesca a strascico. La prima descrizione ufficiale di queste formazioni risale al 1792, quando l'abate Giuseppe Olivi le presentò nell'opera Zoologia Adriatica. Si tratta di vere e proprie biocostruzioni, originate inizialmente dalla cementazione di sedimenti sabbiosi insieme a gusci di conchiglie ed esoscheletri di crostacei ed echinodermi. Su questo strato di base, diversi organismi incrostanti hanno contribuito all'accrescimento delle strutture, utilizzando i loro gusci o scheletri calcarei. Le principali specie biocostruttrici sono le alghe calcaree, a cui si aggiungono briozoi, vermi policheti e molluschi (Distribuzione dei popolamenti bentonici sui fondali rocciosi -tegnùe- al largo di Chioggia, Venezia, 36esimo congresso SIBM, 2006). Le tegnùe presentano dimensioni e forme molto variabili: alcune si allungano parallelamente alla costa, mentre altre sono lastroni unici o agglomerati irregolari. Questi ambienti sottomarini ospitano una ricca biodiversità, con margherite di mare, cerianto, vermi policheti, bivalvi, briozoi, tunicati, spugne incrostanti e perforanti, crostacei, echinodermi e numerose specie ittiche. Rappresentano vere e proprie oasi di vita in un mare di sabbia, offrendo cibo e rifugio a numerose specie di passaggio. Purtroppo, le Tegnùe sono anche ambienti particolarmente vulnerabili, minacciati da fattori ambientali come l'idrodinamismo, la sedimentazione e la torbidità, ma soprattutto da attività umane come la pesca, l'ancoraggio delle imbarcazioni e il passaggio di subacquei inesperti. Per preservare questi preziosi gioielli sottomarini, alcune aree sono state protette, vietando ogni attività di pesca e prelievo e favorendo un turismo sostenibile ed ecocompatibile (Biodiversità delle tegnúe di Chioggia, zona di tutela biologica nel Nord Adriatico, Biol. Mar. Medit ,2005).

Minacce alla biodiversità marina

Le principali minacce alla biodiversità marina sono rappresentate dalla pesca, dalla perdita di habitat, dai cambiamenti climatici e dall'inquinamento. La perdita di habitat è spesso causata dalle attività umane, come lo sviluppo costiero e la pesca a strascico, che riducono drasticamente gli spazi vitali necessari per molte specie marine. I cambiamenti climatici, derivanti dall'aumento di CO2 dovuto all'utilizzo dei combustibili fossili e dalla deforestazione, comprendono fenomeni come l'innalzamento del livello del mare, l'acidificazione e il riscaldamento dell'acqua marina e alterazioni nei pattern di salinità. Questi fenomeni climatici modificano significativamente gli equilibri ecologici marini e interagiscono sinergicamente con l'inquinamento, che include rifiuti plastici e contaminanti chimici provenienti da scarichi industriali, urbani e agricoli, con effetti devastanti sulla salute della fauna e della flora marina. Per affrontare queste sfide, è essenziale proteggere gli habitat marini che contribuiscono alla biodiversità dei nostri mari e oceani, come quelli formati dalle cosiddette specie ingegneri (ad es. ostriche). Quando la protezione non è più sufficiente a causa di stress ambientali, è necessario ricorrere al loro restauro. La conservazione di una biodiversità marina sana non si limita a mantenere il buono stato di salute ambientale, ma ha un impatto diretto sul benessere umano secondo il concetto di One Health. I mari e le coste rappresentano la principale risorsa di sostentamento per milioni di persone in tutto il mondo. Attività come la pesca e l'acquacoltura costiere dipendono dalla salute degli ecosistemi marini per garantire la sicurezza alimentare delle comunità costiere. Proteggere e ripristinare questi habitat è quindi cruciale per garantire un futuro sostenibile e resiliente per l'intero ecosistema Terra, del quale gli esseri umani fanno parte, in un'ottica integrata di One Health.

Noi cosa possiamo fare?

Quando andiamo al mare, ci sono alcuni accorgimenti importanti da tenere a mente per rispettare l'ambiente marino. Sott'acqua, possiamo osservare con attenzione gli organismi marini animali e vegetali utilizzando la maschera, senza però toccarli, spostarli o arrecare loro disturbo. È fondamentale preservare l'integrità della vita sottomarina. Fuori dall'acqua, è bene evitare di catturare animali o metterli in secchielli per giocarci. Un altro aspetto da considerare è l'utilizzo della crema solare. È importante applicarla nella giusta quantità e lasciarla asciugare completamente prima di immergersi in acqua, per evitare che i suoi componenti chimici possano inquinare il mare. Infine, quando lasciamo la spiaggia non dobbiamo dimenticare di portare via con noi tutti i nostri effetti personali come giochi, asciugamani e calzature, oltre ovviamente ai rifiuti prodotti. Se i cestini per la raccolta sono pieni, è meglio raccogliere i nostri scarti e smaltirli altrove, per impedire che vengano dispersi dal vento. Seguendo questi semplici accorgimenti, tutti noi possiamo contribuire a mantenere le nostre spiagge e i nostri mari puliti e sani, garantendo la salvaguardia di questo prezioso ambiente naturale.

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