SCIENZA E RICERCA

Noi e il mare. Il nostro Adriatico è vulnerabile

La vastità del mare, che copre più del 70% del nostro pianeta, l’abbondanza di molte specie marine, la loro capacità di produrre, in alcuni casi, anche milioni di uova per ogni femmina ad ogni stagione riproduttiva e i cicli vitali, talvolta molto rapidi, avevano portato a ritenere che le risorse del mare fossero inesauribili (Inaugural address. International Fisheries Exhibition, 1883). Tuttavia, il collasso di molte specie osservato negli ultimi decenni a livello globale ci dice che così non è e che ci sono specie particolarmente vulnerabili non solo alla pesca, ma anche alle altre attività umane (Historical overfishing and the recent collapse of coastal ecosystems - Science, 2001).

La biodiversità del Mare Adriatico

Il mar Adriatico rappresenta meno dello 0.4% della superficie mondiale degli oceani; nonostante questo, nel suo piccolo, è caratterizzato da una biodiversità sorprendente. Infatti, più di 7000 specie tra flora e fauna vi sono state censite (Biodiversity assessment for Croatia. Natural Resource Management and Development Portal). Tra gli organismi vegetali possiamo trovare dalle microscopiche alghe unicellulari alle estese praterie di fanerogame (o piante marine), dalle caleidoscopiche diatomee alle alghe bioluminescenti. Anche gli animali che lo abitano sono caratterizzati da notevole diversità: dai copepodi, piccoli crostacei planctonici che generalmente non superano i pochi millimetri in lunghezza, ai giganteschi squali elefante che possono arrivare a più di 10 metri di lunghezza. La diversità si riscontra anche nelle modalità con cui questi animali si muovono. C’è chi si muove principalmente in modo passivo seguendo le correnti marine, come le meduse gelatinose, chi si muove nuotando attivamente, in alcuni casi raggiungendo la velocità record di 100 km/h come il pesce spada, e chi non si muove affatto, come le cozze e gli spirografi (dei vermi che ricordano dei fiori), spendendo la maggior parte del ciclo vitale ancorato a substrati duri. Anche le modalità di alimentazione sono tra le più svariate: ci sono animali erbivori, come i ricci di mare, carnivori, come gli squali, e altri che si nutrono filtrando e trattenendo le particelle organiche presenti nella colonna d’acqua, come cozze e vongole ma anche come lo squalo elefante, la seconda specie di pesce più grande al mondo. Alcune delle specie adriatiche, incluse molte specie di alghe e di pesci ossei, sono endemiche di questo mare, ossia non si trovano in nessun altro luogo al mondo se non qui (The biodiversity of the Mediterranean Sea: estimates, patterns, and threats. PLoS ONE, 2010).

Le minacce alla biodiversità

L’Adriatico è considerato uno dei mari più sfruttati al mondo, con una lunga storia di impatti delle attività umane (Two centuries of multiple human impacts and successive changes in a North Atlantic food web. Ecological Applications, 2004 - Depletion, degradation, and recovery potential of estuaries and coastal seas. Science, 2006). Le minacce che colpiscono le specie marine sono molteplici, una delle principali è rappresentata dalla pesca non regolamentata e/o non sostenibile che va a sfruttare le risorse in eccesso rispetto alla capacità delle popolazioni di sopportare il prelievo. Un’altra problematica legata alla pesca sono le catture accessorie (o bycatch), ossia quegli animali che non sono il bersaglio della pesca ma che vengono catturati accidentalmente. Tra questi si possono trovare organismi non commercializzabili, perché appartenenti a specie protette, di dimensioni troppo piccole o non richieste dal mercato. Questi animali vengono perciò generalmente rigettati in mare successivamente alla cattura, ma non sempre sopravvivono. Il turismo intensivo e non regolamentato può avere conseguenze negative importanti sulla biodiversità; infatti, i turisti non accorti possono disturbare gli animali durante periodi sensibili, come durante la deposizione delle uova delle tartarughe o l’emersione dall’apnea di tartarughe e cetacei. Anche il degrado degli habitat rappresenta un impatto molto importante. Questo può derivare dall’urbanizzazione eccessiva delle coste, con costruzione di edifici e cementificazione, e da alcune attività di pesca distruttive per i fondali. Infine l’inquinamento, incluso quello sonoro, luminoso e dovuto ai rifiuti presenti in mare, può impattare fortemente la biodiversità.

Biodiversità e vulnerabilità

Tra le molteplici specie presenti nel nostro mare, quelle più vulnerabili sono tutte accomunate da particolari tratti biologici, legati sia al loro ciclo vitale sia ai loro comportamenti (Extinction risk in the sea. Trends in Ecology and Evolution, 1999). Le specie che raggiungono grandi dimensioni sono vulnerabili perché facilmente catturate dagli attrezzi da pesca. Inoltre, queste specie grandi tendono anche a raggiungere la maturità sessuale a dimensioni ed età elevate, di conseguenza è molto alta la probabilità che gli organismi vengano pescati o siano impattati da altre attività umane prima di essersi riprodotti e aver potuto contribuire al mantenimento della popolazione. Le specie con una bassa fecondità, ossia che producono pochi piccoli, hanno una ridotta capacità di incrementare l’abbondanza delle popolazioni naturali impattate dalle attività antropiche. Anche le specie con lunghi cicli vitali non possono generalmente sostenere elevate mortalità dovute a cause non naturali. Specie che migrano durante il loro ciclo vitale sono vulnerabili perché durante gli spostamenti possono incrociare pressioni umane diverse e perché possono essere soggette all’impatto delle attività umane in Paesi differenti che possono avere diverse regolamentazioni. Infine, specie che formano aggregazioni o usano particolari habitat per la riproduzione o come aree di nursery (cioè, di crescita per i giovani) possono essere facilmente individuabili e prelevate visto il grande numero e la prevedibilità della loro presenza; similmente, tali specie sono particolarmente sensibili alla degradazione degli habitat essenziali che utilizzano. Tra le specie più vulnerabili, che hanno subito importanti declini nell’abbondanza nei decenni scorsi, troviamo molte delle specie di squali e razze (pesci cartilaginei) dell’Adriatico poiché sono organismi grandi, che raggiungono tardi la maturità sessuale, poco fecondi, e in alcuni casi che migrano e si aggregano durante la riproduzione (Coding early naturalists’ accounts into long-term fish community changes in the Adriatic Sea (1800–2000). PloS ONE, 2010 - The role of fisheries and the environment in driving the decline of elasmobranchs in the northern Adriatic Sea. ICES Journal of Marine Science, 2014). In modo simile sono vulnerabili anche mammiferi marini come i cetacei, le cernie (pesci ossei) e le tartarughe marine. Infine, anche le anguille, nonostante non siano animali molto grandi, sono a rischio critico di estinzione. Questo è dovuto al loro particolarissimo ciclo vitale che include migrazioni transoceaniche e un unico evento riproduttivo nella vita e alla pesca eccessiva che impatta su questa specie sin a partire dallo stadio giovanile. Ma perché dovremmo preoccuparci della perdita di qualche specie? Ogni specie, anche la più minuscola, svolge un ruolo importante all’interno dell’ecosistema e la sua scomparsa può comportare importanti ricadute nelle reti trofiche (Cascading effects of the loss of apex predatory sharks from a coastal ocean. Science, 2007). In alcuni casi le ripercussioni possono anche estendersi oltre e colpire alcuni dei cosiddetti servizi ecosistemici, ossia tutta quella serie di benefici che i sistemi naturali forniscono all’uomo. Ad esempio, la scomparsa dei grandi predatori può causare l’aumento della biomassa dei piccoli pesci loro prede, questo a sua volta causerà la diminuzione dello zooplancton, il quale non sarà più in grado di regolare efficacemente le popolazioni di fitoplancton con conseguente diminuzione della trasparenza delle acque. Quest’ultimo cambiamento potrebbe danneggiare negativamente il turismo costiero.

Conservazione delle specie vulnerabili

Alcune specie vulnerabili sono oggi protette, di conseguenza non è possibile pescarle. Altre sono commerciali e possono essere pescate, tuttavia è importante promuovere una pesca sostenibile, che tenga conto dei loro cicli biologici per permettere alle popolazioni di mantenersi. Diversi organi ed istituzioni internazionali (quali per esempio la Comunità Europea e il GFCM-FAO, cioè General Fisheries Commission for the Mediterranean) e nazionali stanno promuovendo la conservazione delle specie vulnerabili a livello globale e localmente a livello di Mar Mediterraneo (Incidental catch of vulnerable species in Mediterranean and Black Sea fisheries – A review. Studies and Reviews, 2021). I ricercatori stanno sviluppando e sperimentando modifiche degli attrezzi da pesca che riducano le catture di specie protette e vulnerabili, quali griglie utilizzate per escludere animali di grandi dimensioni come tartarughe marine, squali e razze (Overview of mitigation measures to reduce the incidental catch of vulnerable species in fisheries. Studies and Reviews No. 100 - General Fisheries Commission for the Mediterranean. Rome, FAO). Si stanno valutando i tassi di sopravvivenza al rilascio delle specie una volta pescate, per comprendere l’impatto della pesca e promuovere la liberazione dei giovanili catturati.

Cosa può fare ciascuno di noi?

Ognuno di noi può adottare semplici gesti e modificare i propri comportamenti per aiutare il nostro mare! Il primo passo è la scelta di consumare preferibilmente specie meno vulnerabili o pescate in modo sostenibile, poiché la pesca viene attentamente regolamentata e monitorata o poiché vengono usati attrezzi che riducono l’impatto su altre specie, per esempio riducendo le catture accidentali. I turisti possono prestare attenzione a non calpestare o danneggiare i nidi di uccelli o tartarughe che possono essere presenti sulle spiagge. Tra le buone pratiche che i diportisti possono mettere in atto ci sono la riduzione della velocità delle barche per evitare di ferire con l’elica animali che passano molto tempo in superficie, come cetacei e tartarughe, e il mantenimento di una distanza minima da questi animali per evitare di disturbarli eccessivamente. Raccogliamo i rifiuti, anche se non sono nostri! Ogni volta che passiamo del tempo sulla spiaggia o in mare cerchiamo di portare a casa almeno tre rifiuti. Infine, se si dovesse incontrare un animale in difficoltà o spiaggiato, va chiamata tempestivamente la capitaneria di porto (al numero gratuito 1530) che provvederà ad informare gli esperti, tra cui i veterinari, che potranno prestare le cure necessarie all’animale. Queste buone pratiche, se adottate da tanti, possono fare la differenza nel preservare l’ambiente marino e i suoi abitanti, migliorandone lo stato di conservazione.

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