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"Boadicea e le sue figlie" a Londra (Thomas Thornycroft 1856-1883)
Nell’antica Roma, autori come Tacito e Cesare scrivevano che le donne celtiche erano molto emancipate (per esempio, potevano ereditare e avere più mariti) e un recente studio pubblicato sulla rivista Nature sembra dare loro ragione. Non a caso fra i primi governanti dell’attuale Inghilterra di cui si ha notizia c’erano due donne: Cartimandua che per 30 anni fu a capo dei Briganti, una tribù della Britannia settentrionale, e Boudicca (o Boadicea) che nel 60 d.C. guidò la rivolta degli Iceni contro le truppe imperiali distruggendo tre città romane a est.
Storie di donne guerriere come queste, che hanno i contorni sfumati del mito, trovano forse riscontro nella ricerca del gruppo guidato da Lara Cassidy del dipartimento di genetica del Trinity College di Dublino. Cassidy e colleghi hanno analizzato 57 genomi antichi provenienti da siti di sepoltura dei Durotrigi, una tribù celtica della tarda età del ferro, databili dal 100 a.C. fino al 100 d.C.. Questa popolazione risiedeva sulla costa meridionale dell’Inghilterra e i loro siti funerari sono molto interessanti, non solo perché le sepolture risalenti a questo periodo sono rare, ma anche perché le donne venivano sepolte con oggetti di valore più spesso degli uomini.
Studiando il DNA si possono capire le società antiche
Nonostante ci si trovi ai confini dell’era storica, si conosce poco delle strutture sociali dei popoli dell’età del ferro, in Gran Bretagna come nell’Europa continentale, ma le distribuzioni degli oggetti preziosi in diversi cimiteri celtici sono state interpretate come prove a favore di un alto status sociale femminile. Le evidenze archeologiche britanniche sono però limitate poiché i resti umani risalenti all’età del ferro sono rari: infatti le persone erano più spesso cremate o sepolte in zone umide, come le torbiere. Invece la tribù dei Durotrigi studiata dai ricercatori di Dublino rappresenta un’eccezione, poiché seppelliva i propri morti in veri e propri cimiteri; e appunto in queste sepolture le donne sono più spesso associate a un numero maggiore e a una maggiore varietà di oggetti di prestigio.
Prelevando campioni di DNA dalle persone sepolte in questi cimiteri, Cassidy e colleghi hanno analizzato sia il materiale genetico presente nel nucleo cellulare sia quello mitocondriale, cioè il DNA proveniente dagli organuli che producono energia per le cellule, rivelando che la maggior parte degli individui erano imparentati tra loro. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che nel sito di Winterborne Kingston oltre due terzi delle persone presenti discendevano da un’unica linea materna (un raro aplogruppo mitocondriale chiamato U5b1, mai osservato prima nel DNA antico). Questo significa che tutti i soggetti portatori di questo lignaggio derivano da un’antenata comune vissuta al massimo pochi secoli prima degli individui sepolti.
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Il sito funerario di Winterborne Kingston della tribù celtica dei Durotrigi.
Negli ultimi cinque anni, gli studi sul DNA recuperato dalle sepolture di antichi cimiteri stanno permettendo ai ricercatori di identificare e ricostruire la struttura della parentela biologica in queste comunità. Sebbene questa parentela non coincida necessariamente con il vincolo sociale, spesso vi è una correlazione: quindi è possibile ricostruire genealogie o reti di parentele biologiche sia strette che lontane, ottenendo talvolta preziose informazioni su come erano organizzate le società antiche.
Secondo il gruppo di ricerca di Dublino le evidenze genetiche suggeriscono che la comunità dei Durotrigi avesse una struttura matrilocale. Infatti, uno degli aspetti sociali più studiati si basa sulle usanze di residenza delle coppie sposate, e in particolare si distinguono due modelli: la matrilocalità, in cui i coniugi risiedono prevalentemente con o vicino alla famiglia della moglie, e la patrilocalità se invece gli uomini rimangono nelle loro comunità d’origine mentre le donne si spostano per unirsi a loro dopo il matrimonio. Il sistema matrilocale è relativamente raro nei moderni database etnografici, mentre quello patrilocale è di gran lunga quello più comune. I dati genomici e archeologici provenienti da gran parte dei siti neolitici europei indicano una netta patrilocalità, ma la ricerca di Cassidy e del suo gruppo mette in dubbio che le società antiche fossero davvero così prevalentemente patrilocali.
La stessa conclusione è sostenuta anche da una notevole diversità nel cromosoma Y degli uomini sepolti nel sito studiato, infatti l’analisi dei corredi genetici maschili mostra livelli significativamente più bassi di parentela genetica rispetto ad altri individui, inoltre nei maschi il DNA mitocondriale era diverso rispetto a quello ampiamente condiviso dal resto del gruppo. Tutti questi dati indicano che molto spesso gli uomini immigravano nella comunità dei Durotrigi provenendo da altri luoghi. Il team di Dublino ha poi esaminato il DNA proveniente da altri siti di sepoltura dello stesso periodo sempre in Gran Bretagna, trovando nuovamente indizi che puntano a società matrilocali.
Le analisi genetiche ancora non ci dicono tutto
Lo studio pubblicato su Nature non rivela se le società dell’età del ferro avessero delle organizzazioni strettamente matrilineari (in cui i figli ereditano la posizione sociale e il possesso dei beni dalla madre anziché dal padre) né suggerisce l’esistenza di un vero e proprio matriarcato, ma i risultati di Cassidy e colleghi gettano nuova luce sulla struttura di quelle comunità. Infatti la matrilocalità è un forte indicatore dell’emancipazione sociale e politica femminile, dato che se le donne rimanevano nel loro luogo d’origine era più probabile che fossero loro a ereditare, controllare la terra, essere attive nell’economia locale ed esercitare qualche forma di potere.
I motivi che incoraggiano una struttura matrilocale possono essere vari, come guerre verso un nemico esterno che portano a una ridotta presenza maschile, oppure una migrazione in un nuovo territorio accompagnata magari da guerre di frontiera. In effetti, l’età del ferro in quella che oggi è la Gran Bretagna era un periodo di grandi scontri, come testimoniano le tante fortificazioni, i ritrovamenti di armi e resti umani con ferite legate a violenza, oltre alle cronache dei conflitti riportate dagli autori dell’antica Roma. E proprio la matrilocalità risuonerebbe anche con le descrizioni delle donne celtiche da parte di questi cronisti: sebbene le rappresentazioni dei popoli conquistati fatte da chi ha vinto la guerra sono sempre da prendere con le pinze, ma nel caso dell’Inghilterra nell’età del ferro forse c’è un fondo di verità.