SCIENZA E RICERCA
Scoperta una proteina che potrebbe aiutare le piante a crescere con meno acqua
E' noto da tempo che i cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova anche le piante, sottoponendole a diversi tipi di stress, sia termici che fitopatologici. Eventi estremi, incendi, prolungate ondate di calore e scarsità di acqua, così come la maggiore pressione di funghi o insetti nocivi o l'espansione di specie aliene invasive possono avere un impatto rilevante sulla composizione, la struttura e il funzionamento degli ecosistemi, con il rischio che le strategie di adattamento con cui la vegetazione cerca di sopravvivere non siano sufficienti.
La fuga di molte piante, anche quelle alpine rare, verso ambienti più freddi è già stata documentata da numerosi studi scientifici e, nel caso delle colture di interesse agrario, gli agricoltori sono costretti sempre più frequentemente a ridisegnare le proprie scelte produttive cercando varietà più resistenti, modificando il calendario di semina e raccolta o introducendo coltivazioni (l'esempio tipico è quello della frutta tropicale coltivata in Sicilia) che fino a pochi anni fa erano prerogativa di aree geografiche lontane.
Se l'agricoltura non riuscirà ad adattarsi al climate change, avvertiva uno studio pubblicato sul Journal of Environmental Economics and Management, nel 2021 da un team internazionale di ricercatori della Boston University, dell'Università Ca' Foscari di Venezia e della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, la produzione alimentare è destinata a ridursi del 10% a metà secolo e del 25% a fine secolo, prendendo come riferimento lo scenario più pessimistico elaborato dall’IPCC.
Migliorare la risposta delle colture in condizioni di stress ambientali è una sfida complessa, sebbene oggi il miglioramento varietale possa contare su tecniche innovative e più efficienti. In questo contesto, quando la ricerca di base riesce ad identificare meccanismi molecolari che modulano la risposta delle piante a condizioni di stress ambientali l'interesse è elevato perché si aprono possibili futuri orizzonti applicativi, finalizzati all’ottenimento di specie vegetali e di colture di interesse agrario in grado di resistere al riscaldamento globale.
Uno studio, da poco pubblicato sulla rivista Science, ha portato all'identificazione di una proteina che sigilla le radici delle piante per regolare l’assorbimento di nutrienti e acqua dal suolo. I risultati della ricerca, intitolata A dirigent protein complex directs lignin polymerization and assembly of the root diffusion barrier, mostrano che le proteine dirigenti, situate nell’endoderma delle radici, concorrono alla corretta deposizione di lignina in una barriera di diffusione che prende il nome di banda di Caspary e ha un ruolo chiave nel controllo dell'equilibrio dei nutrienti. "Con le temperature record raggiunte in alcune parti del mondo quest'anno e le precipitazioni irregolari, è sempre più importante comprendere i meccanismi delle piante in modo da poterli correggere, garantendo così le future forniture alimentari", ha affermato Gabriel Castrillo della School of Biosciences dell'università di Nottingham, uno dei responsabili della ricerca.
"Questo studio è interessante in quanto l’endodermide è ritenuta un tessuto di protezione dall’ingresso indiscriminato di sostanze dal suolo verso la radice della pianta e questa ricerca apre la possibilità al fatto che una sua corretta architettura possa essere importante anche per le risposte delle piante a diversi tipi di stress ambientali. Infatti piante difettive in una o più di queste proteine mostrano una crescita significativamente ridotta sia a livello del fusto che della radice, in risposta a diversi tipi di stress, non solo la salinità e l’esposizione a metalli pesanti, ma anche la siccità", ha spiegato Lorella Navazio, professoressa ordinaria del dipartimento di Biologia dell'università di Padova, commentando a Il Bo Live i possibili risvolti di queste recenti scoperte.
La professoressa Lorella Navazio del dipartimento di Biologia dell'università di Padova illustra lo studio che ha identificato una funzione specifica delle proteine dirigenti situate nell’endoderma delle radici
"La sfida odierna ai cambiamenti climatici richiede anche piante in grado di resistere in modo più efficiente agli stress ambientali. Ciò implica necessariamente una conoscenza approfondita dell’organizzazione strutturale e funzionale delle piante", introduce la professoressa Lorella Navazio prima di entrare nei dettagli dello studio, pubblicato da poco su Science, che ha identificato un complesso proteico che dirige la polimerizzazione della lignina a livello dell’endodermide della radice.
L’endodermide, detto anche endoderma, è un tessuto tegumentale interno delle piante che avvolge come un mantello protettivo la parte interna della radice. "Potremmo definirla, con un termine antropomorfico che fa rabbrividire noi botanici, come una sorta di pelle interna della pianta. In alcuni articoli viene infatti definita “plant inner skin”, localizzata a livello della radice. L’endodermide è caratterizzata dalla presenza della cosiddetta banda di Caspary, dal nome del naturalista tedesco Robert Caspary che per primo descrisse questa struttura, nel 1865. Si tratta cioè di una fascia presente in maniera continua lungo le pareti radiali e trasversali delle cellule dell’endodermide", spiega la docente del dipartimento di Biologia dell'università di Padova.
Grazie a questa struttura l’endodermide delle radici funziona come un filtro di selettività in grado di selezionare le sostanze che possono o meno penetrare nella radice. "Nonostante la sua esistenza sia nota da più di 150 anni solo di recente sono emersi dettagli sulla sua composizione chimica e sulla sua formazione. Nella pianta modello Arabidopsis thaliana la banda di Caspary è infatti una fascia impregnata di lignina, un polimero di natura fenolica che forma una specie di rete tridimensionale altamente impermeabile. In questo studio che nasce da una collaborazione tra ricercatori dell’università di Nottingham e della Chinese Academy of Science è stata identificata e caratterizzata una famiglia di proteine definite “dirigenti”, nel senso che guidano la sintesi della lignina a livello della banda di Caspary e sono anche responsabili della sua stretta adesione alla membrana plasmatica delle cellule dell’endodermide in modo da svolgere una funzione sigillante", approfondisce Lorella Navazio.
Arabidopsis thaliana. Credit: Dawid Skalec da Wikimedia Commons
L'endodermide - sottolinea la docente - è ritenuta un tessuto di protezione dall’ingresso indiscriminato di sostanze dal suolo verso la radice della pianta e questa ricerca apre la possibilità al fatto che una sua corretta architettura possa essere importante anche per le risposte delle piante a diversi tipi di stress ambientali.
"I risultati di questo studio dimostrano che la lignificazione della banda di Caspary diretta da queste proteine dell’endodermide svolge un ruolo essenziale nel consentire alle piante di adattarsi a condizioni ambientali stressanti. E’ quindi chiaro che anche la ricerca di base nel campo della biologia vegetale, mediante l’identificazione di componenti molecolari della struttura anatomica delle piante, può contribuire ad affrontare le sfide contemporanee rappresentate dai cambiamenti climatici, in vista dell’auspicabile ottenimento di piante più tolleranti agli stress ambientali", conclude la professoressa Navazio.