SCIENZA E RICERCA

Piante, scoperta una proteina che genera resistenza alla siccità

Riso e grano resistenti alla siccità? Un futuro possibile grazie a un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova che ha identificato una nuova proteina che ha un ruolo fondamentale nella risposta delle piante agli stimoli esterni.

Il cloroplasto è l’organello deputato alla fotosintesi ed è fondamentale per la vita delle piante. L’importanza del cloroplasto risiede anche nel suo ruolo emergente di sensore delle condizioni ambientali avverse.

Come il mitocondrio, anche il cloroplasto necessita di interloquire con il nucleo per concertare quelle risposte, fisiologiche o indotte, che permettono alle cellule e all’organismo intero di crescere e riprodursi. Questo processo si chiama “segnalazione retrograda”: l’organello segnala al nucleo che è avvenuta una variazione nelle condizioni esterne e così la cellula può regolare i geni che permettono un’adeguata risposta. Come il cloroplasto riesca a comunicare con il nucleo è ancora in gran parte ignoto.

Lo ione calcio (Ca2+) è noto per la sua funzione di messaggero intracellulare, non solo negli animali ma anche nelle piante. I cloroplasti contengono un'alta concentrazione di ione calcio, anche se per lo più in forma complessata e non libera. Si ritiene che i cloroplasti fungano da accumulatori dello ione calcio, che al momento appropriato viene rilasciato nel citoplasma. Tuttavia, le proteine canale responsabili di tali spostamenti rimangono a tutt’oggi sconosciute. 

I ricercatori hanno identificato una nuova proteina che appartiene alla famiglia MCU (uniporto di calcio del mitocondrio) e chiamata cMCU. Questa proteina di membrana funge da canale ionico che media il flusso di ioni calcio nel cloroplasto in vivo. Utilizzando tecniche di biochimica e biofisica, i gruppi delle prof.sse Ildikò Szabò e Laura Cendron (Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova) hanno caratterizzato le proprietà strutturali e la localizzazione intracellulare di questa proteina nella “pianta modello” Arabidopsis thaliana (pianta autunnale comunemente detta “arabetta”). Utilizzando dei saggi in vitro ed un modello batterico hanno dimostrato la capacità di cMCU di veicolare il trasporto dello ione calcio.

Lo studio A chloroplast-localized mitochondrial calcium uniporter transduces osmotic stress in Arabidopsis è stato pubblicato sulla rivista Nature Plants.

Quando le piante percepiscono una carenza d’acqua nel terreno mettono in atto dei meccanismi di difesa. Tra questi la chiusura degli stomi (piccole aperture sulla superficie delle foglie, che permettono gli scambi gassosi con l’aria) per ridurre la perdita d’acqua per traspirazione. 

Utilizzando tecniche di biologia molecolare e cellulare è stato possibile dimostrare che, in assenza della proteina cMCU, le piante hanno un difetto nella regolazione della chiusura degli stomi. Questa alterazione è visibile solo quando i cloroplasti sono funzionali e quindi il meccanismo, studiato in dettaglio in collaborazione con la prof.ssa Elide Formentin (Dip. Biologia), è dipendente dai cloroplasti.

Una conseguenza della mancata espressione del gene che codifica la proteina cMCU è un’alterata apertura degli stomi che permette una riduzione della perdita d’acqua durante la siccità e che aiuta le piante a sopravvivere a prolungati periodi di carenza idrica.

I risultati di questa ricerca aprono nuovi orizzonti allo studio della resistenza delle piante alla siccità. In un prossimo futuro è ipotizzabile lo sfruttamento del meccanismo qui scoperto per ottenere piante di interesse agrario, come grano o riso, più resistenti allo stress idrico.

“L’identificazione molecolare dell’uniporto del calcio nei sistemi di mammiferi avvenuta sempre nell’Ateneo patavino nel 2011 dal gruppo del professor Rosario Rizzuto in collaborazione con noi, ha permesso lo studio di questa proteina importante anche in altri sistemi – dice la professoressa Ildikò Szabò, docente di Biochimica e coordinatore del corso di dottorato in Bioscienze -. Con sorpresa, uno dei sei membri di questa famiglia presenti nelle piante, è stato localizzato nel cloroplasto, dove svolge un ruolo importante nella segnalazione fra l’organello e il nucleo. I risultati ottenuti aprono moltissime domande di importanza cruciale nella fisiologia vegetale e possibilmente porteranno a implicazioni rilevanti per l’agricoltura”.

“Questo studio contribuisce a chiarire il ruolo del cloroplasto nella complessa rete di segnalazione mediata dal calcio nella cellula vegetale, ambito di cui mi occupo da molti anni – spiega Lorella Navazio, docente di Botanica e vice prefetto del Centro di ateneo Orto Botanico -. Partendo da una ricerca biologica di base, i risultati ottenuti in questo lavoro aprono interessanti prospettive per potenziali risvolti applicativi, mirati all’ottenimento di piante più resistenti agli stress ambientali. Emerge con sempre maggiore evidenza l’importanza della ricerca sulle piante, in considerazione della loro estrema rilevanza per la vita dell’uomo, per la sua nutrizione, salute, benessere in senso lato».

“Lo studio di proteine trasportatrici, mirato a determinarne attività e proprietà strutturali, è di fondamentale importanza per comprendere quali caratteristiche consentano loro di svolgere la propria funzione e come siano finemente regolate, per rispondere alle diverse condizioni che la cellula sperimenta – dice Laura Cendron, ricercatrice di Biochimica-. I meccanismi molecolari orchestrati da proteine di questo tipo in risposta a stimoli esterni si traducono in segnali di straordinaria efficacia e complessità. Il lavoro svolto dal nostro team di ricerca porta un importante contributo nella comprensione di come un organello fondamentale della cellula vegetale quale il cloroplasto, sede della fotosintesi, interloquisca con le altre componenti cellulari ed adatti le proprie attività grazie anche a proteine trasportatrici quali cMCU”.

“Prima d’ora non era chiaro il ruolo del calcio contenuto nei cloroplasti. Si pensava fosse solo un luogo per accumularlo – spiega Elide Formentin, ricercatrice di Fisiologia vegetale -.  Oggi sappiamo grazie alla nostra ricerca che esso è necessario per la pianta quando si trova in condizioni avverse che possono portare alla disidratazione e alla morte. Sarà interessante studiare lo stesso meccanismo in piante di interesse agrario, come il riso o il grano, per cercare soluzioni alla perdita di produttività dovuta all’inasprimento delle condizioni climatiche”.

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