Che lo si chiamasse Nergal, come facevano gli antichi babilonesi, Horus il Rosso come gli antichi egizi o più semplicemente Ares in greco antico, la storia del pianeta rosso, Marte, ha accompagnato la civiltà umana fin dalle sue origini. Rappresentazione del dio della guerra o incarnazione dei desideri di trovare la vita su un altro pianeta (l’idea della vita intelligente ha le sue origini nel XIX secolo: nelle sue osservazioni al telescopio, Giovanni Schiaparelli scorse strutture reticolari che potevano far pensare alla vita intelligente. In seguito, il fisico Nikola Tesla asserì di aver captato un segnale radio proveniente dal pianeta), sta di fatto che il mito di Marte è arrivato fino ai giorni nostri. Ora si parla dello studio scientifico del pianeta, oggetto da anni di missioni sempre più approfondite – come quella che ha portato oggi all'atterraggio del rover della Nasa Curiosity – dirette a capire la sua composizione e la possibilità che in passato possa aver ospitato forme di vita.
E di queste missioni, l’università di Padova è protagonista. Il Cisas (Centro di Studi e Attività Spaziali ”G. Colombo”) è infatti coinvolto a pieno titolo nella missione ExoMars che nel 2016 porterà in orbita su Marte un satellite e un modulo di atterraggio sperimentale e, nel 2018, farà atterrare sulla superficie il primo rover europeo in grado di scavare fino a due-tre metri sotto la superficie. La missione, nata inizialmente come un atto di dimostrazione tecnologica da parte dell’Europa, ha poi via via assunto le proporzioni di una missione scientifica. L’Agenzia Spaziale Europea (Esa) non riuscendo più a sostenere tutti i costi di gestione, ha chiesto una partnership con la Nasa che poi si è ritirata adducendo a sua volta problemi di tipo economico. A quel punto, l’Esa si è rivolta ai russi che hanno aderito al progetto. Questi ultimi forniranno il razzo Soyuz e la piattaforma di lancio.
L’università di Padova, tramite il Cisas, ha avuto assegnati due contratti dall’Asi, l’Agenzia Spaziale Italiana, (per il valore complessivo di circa otto milioni di euro) per realizzare e gestire alcuni degli strumenti di primaria importanza per l’esito positivo della missione su Marte. “Padova - spiega il direttore del Cisas Piero Benvenuti - è impegnata nella realizzazione della strumentazione scientifica collocata a bordo del modulo di discesa (Edm, Entry Descent and landing demonstrator Module) che dimostrerà nel 2016 l’acquisizione, anche da parte dell’Esa, della tecnologia per raggiungere la superficie del pianeta in assetto controllato e depositare la strumentazione al suolo”. Il modulo scientifico montato sull’Edm che dovrà essere costruito e consegnato da Padova entro dicembre 2013 è stato denominato Dreams (Dust characterisation Risk assesment and Enviromental Analyzer on the Martian Surface) e permetterà di effettuare misurazioni dei parametri atmosferici di Marte in fase di discesa. Poi, una volta sulla superficie, i sensori continueranno, fino a esaurimento delle batterie, a raccogliere dati sulla temperatura, la velocità e direzione del vento e del campo elettrico. I dati saranno ritrasmessi al satellite in orbita che, come un transponder, invierà poi i risultati sulla Terra. “La sfida sarà ancora più interessante - dice Benvenuti - La finestra di lancio prevede la presenza di una tempesta di polvere marziana all’arrivo che renderà ancora più impegnativo il test di atterraggio”. Il Cisas è anche responsabile del progetto Amelia (Atmospheric Mars Entry and Landing Investigation and Analysis) che coordinerà la successiva analisi dei dati raccolti durante la discesa. La seconda missione del 2018 prevede invece l’invio sulla superficie di un rover: “Si tratta del primo veicolo inviato su Marte dall’Esa - prosegue Benvenuti - Al contrario di quelli inviati dagli Stati Uniti, questo permetterà di trivellare il suolo marziano fino a una profondità di due metri”. Il risultato scientifico è sotto agli occhi di tutti: i rover Spirit e Opportunity (atterrati sul pianeta il 24 gennaio 2004) potevano solo “grattare” la superficie per analizzare i suoi componenti. Il robot dell’Esa, invece, grazie alla trivella (realizzata sempre in Italia) riuscirà ad ottenere dai carotaggi delle informazioni “molto più dettagliate sulla composizione del terreno e dei suoi strati più interni - conclude Benvenuti - informazioni che ci permetteranno di conoscere meglio la composizione di Marte”.
D’altra parte l’obiettivo della doppia missione è quello di studiare se ci siano, o ci siano state, eventuali forme di vita, di indagare la caratterizzazione geofisica, arrivando a identificare i possibili rischi per una futura esplorazione umana del pianeta. Si tratta dell’ultima tappa delle missioni spaziali: l’Esa, con il programma Aurora, prevede di poter inviare un equipaggio sul pianeta rosso entro il 2030.