SOCIETÀ

Sindrome di Down, il potere inclusivo dello sport

Lo sport è uno strumento eccezionale di integrazione, lo sentiamo spesso dire e possiamo trovarne esempi lampanti in ogni realtà locale, internazionale, mondiale, e in ogni disciplina. Le stesse olimpiadi della Grecia antica permettevano la partecipazione di uomini liberi da tutte le polis, e furono poi aperte anche agli altri popoli, come i romani e i fenici. Tornando ai giorni nostri, però, c’è un ambito in cui l’inclusione diventa particolarmente efficace. Il primo dicembre 2019 la nazionale italiana di basket per atleti con sindrome di Down ha vinto i mondiali in Portogallo, per il secondo anno consecutivo. Questi campionati “speciali”, più correttamente definiti “giochi”, sono competizioni con regole e condizioni del tutto simili a quelle che si svolgono per le persone senza disabilità.

Per quanto riguarda le Special Olimpics, il criterio fondamentale per poter essere selezionati riguarda il grado di autonomia degli atleti, lo spiega Martina Crivellaro che è la presidente dell’associazione Sport21, perché “non vanno via necessariamente i migliori, dal punto di vista della prestazione sportiva, ma si valuta anche l’autonomia del ragazzo, perché deve stare da solo in ritiro con la squadra, senza i genitori”. Lo sa bene Martina Crivellaro, che lo scorso marzo ha sostenuto suo figlio, Giacomo Bacelle, durante le Special Olimpics di ginnastica, dagli spalti. Giacomo ha vinto la medaglia d’oro, e per lui è stata un’emozione immensa che lo ha fatto sentire come il suo personaggio sportivo preferito, Cristiano Ronaldo.

L’autonomia è quindi un requisito fondamentale, dentro e fuori dalla competizione, ma per le ragazze e i ragazzi con sindrome di Down è un qualcosa da guadagnare passo dopo passo, con l’aiuto di professionisti, come gli educatori e gli psicologi dell’associazione Down Dadi di Padova. 

Intervista a Martina Crivellaro e a Giacomo Drago sul poter inclusivo dello sport. Riprese e montaggio di Elisa Speronello

Con i ragazzi dell’associazione, racconta Giacomo Drago, è attivo da sei anni un progetto di alpinismo che prevede escursioni in montagna, Montagnamo. L’ambiente montano è educativo di per sé, perché permette di sviluppare anche il rispetto per l’ambiente e per gli altri. Progetti di questo tipo puntano l’attenzione sulla collaborazione, sul farcela insieme, sulla condivisione e sul sostenersi a vicenda.

La scorsa estate Giacomo ha accompagnato nove ragazzi sulle bocche dell’Etna, in Sicilia, compiendo un percorso non facile persino per alpinisti allenati. Una testimonianza di tenacia, resistenza, passione, collaborazione e spirito d’avventura e di tutte le abilità acquisite in anni di percorso di autonomia.

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