SOCIETÀ

C’è sempre una prima volta, il viaggio di uno studente verso Londra 2012

Allenarsi sette giorni su sette, anche due volte al giorno, per abituarsi ai ritmi di gara. Due ore in vasca, 3.000 metri da percorrere a nuoto tra riscaldamento e allenamento vero e proprio: prove di resistenza, di velocità, di partenza dai blocchi. Il cronometro saldamente in mano all’allenatrice, conta i minuti, i secondi per percorrere i 50 metri a stile libero. Un minuto e 11 secondi, questo il tempo che è valso a Francesco Bettella il bronzo agli ultimi mondiali di nuoto, in Germania, l’ottavo miglior risultato assoluto al mondo. Ma la distanza preferita del 23 enne, studente di ingegneria meccanica all’università di Padova, agonista dal 2004, è quella dei 200 stile libero, dove l’atleta può scegliere lo stile da adottare come accadeva nel nuoto delle origini. Qui riesce a esprimere le sue potenzialità migliori con un tempo di 5 minuti e 6 secondi, il quarto tempo al mondo e che gli dà buone chance di medaglia a Londra 2012. Gareggerà anche in altre due gare: i 100 metri stile libero e i 50 a dorso. Quattro competizioni, a partire dal 3 di settembre nell’arena del nuoto londinese: il London Acquatics Centre. Francesco è emozionato: ha già gareggiato agli Europei e ai Mondiali, ma è alla sua prima esperienza internazionale ai Giochi. La comunicazione ufficiale è arrivata da due settimane “ma i tempi per andare a Londra li ho fatti già due anni fa”. L’allenamento inizia alle quattro di pomeriggio. Spogliatoio: dalla borsa escono asciugamano, cuffia e occhialini, nessun rito scaramantico, o quasi, anche prima della gara, accompagna la vestizione. Solo concentrazione e determinazione: “Non compio mai gli stessi gesti - dice Francesco - Al massimo posiziono al meglio gli occhialini sul viso, ma dubito che si tratti di un gesto propiziatorio”. Poi, mentre inizia a muoversi verso l’ingresso della piscina, si volta indietro e ci ripensa: “ Non sono scaramantico, al contrario della mia allenatrice, ma scelgo sempre l’armadietto numero 17”, alla faccia della sfortuna, viene da aggiungere. Francesco entra in acqua, un ultimo ritocco alla posizione della cuffia (con i colori del Brasile, ma si tratta solo di un caso) e inizia a nuotare.

Le prime vasche servono solo per riscaldare i muscoli: “Oggi lavoreremo sulla velocità e sul passo di gara”, dice da bordo vasca Federica Fornasiero, l’allenatrice che segue Bettella dall’inizio dell’attività agonistica al centro sportivo Aspea. Il giorno prima l’allenamento si era basato sulla resistenza in gara, sia nel turno mattutino, sia in quello pomeridiano: “Da circa due settimane - spiega Francesco prima di entrare in acqua - sto facendo anche dei doppi allenamenti giornalieri”, per preparare i ritmi di gara, con le batterie la mattina e l’eventuale finale la sera del giorno stesso. Bettella inizia a nuotare e scivola leggero sull’acqua a dorso, bracciata doppia e gambe incrociate, gli occhi fissi sul soffitto della piscina coperta, in cerca dei fondamentali riferimenti per capire in che zona della vasca si trova e preparare la virata. La prima parte dell’allenamento va bene, l’allenatrice lo incoraggia e gli corregge alcune posizioni scorrette, lui segue i suggerimenti per migliorare le prestazioni, tra un defaticamento e l’inizio di una nuova sessione. Il tempo medio sulla distanza dei 200 metri ripropone quelli in gara, anche se l’allenatrice vorrebbe scendere di sei secondi rispetto a quei 5 minuti e 6 che rappresentano la sua migliore prestazione personale. In questo modo, a Londra, si potrebbe pensare (sempre con buone dosi di scaramanzia) a una medaglia.

La prima ora della sessione è passata e si iniziano a vedere i primi segni della fatica: le bracciate si fanno meno intense man mano che passa il tempo, ma non è ancora arrivata l’ora di smettere. L’allenatrice è severa quanto basta: una volta indossata la cuffia e sceso in acqua, Francesco è un atleta e nient’altro. Un atleta che però porta con sé una disabilità pesante che in acqua, nel suo elemento, si nota meno, permettendogli di gareggiare da protagonista alle prossime Paralimpiadi di Londra, con al seguito la sua allenatrice, passo dopo passo. “È la persona che forse mi conosce meglio - dice Bettella della sua coach - mi allena da quando sono entrato in agonismo e c’è un rapporto ottimo”. Lo si nota dallo scambio di sguardi, dai sorrisi, ma anche e soprattutto dai momenti di severità che contraddistinguono, a tratti, l’allenamento. “Che succede Francesco, sei lento”, dice Federica con un dito alzato. Non c’è cattiveria, ma il desiderio di spronare al limite il nuotatore. Che poi regala momenti di gioia indescrivibili, come ai mondiali dell’anno scorso, dove Francesco ha vinto la medaglia di bronzo nei 200 metri. La gara era partita in rimonta, Bettella, settimo alla prima virata, aveva perso tempo a causa dell’olio usato dal massaggiatore che gli aveva fatto scivolare le gambe incrociate. Ai 150 metri aveva recuperato: quarto, in un testa a testa per guadagnare il bronzo che poi è arrivato. Sulla tribuna l’allenatrice Federica e suoi parenti festeggiavano ma Francesco non si era accorto di aver battuto l’altro nuotatore: la poca mobilità del suo corpo non gli aveva permesso di vedere il suo avversario nelle bracciate decisive. L’allenamento si avvia verso le ultime vasche: Bettella è stanco ma soddisfatto, anche se c’è ancora molto lavoro da fare in vista di Londra, viene aiutato a uscire dalla piscina e ritorna negli spogliatoi. Giovedì arriverà al raduno pre-olimpico di Ostia per rifinire l’allenamento in vista della partenza per l’Inghilterra.

Ad attenderlo a Londra non ci saranno i cinque cerchi olimpici, vietati dal regolamento agli atleti disabili, ma tre gocce stilizzate di colore rosso, blu e verde. E Francesco Bettella, dal 29 agosto, sarà uno degli atleti di punta della comitiva della nazionale italiana alle Paralimpiadi. Francesco è affetto fin dalla nascita da una neuropatia degenerativa: è su una sedia a rotelle da quando aveva 15 anni, “anche per avere maggiore autonomia” e il nuoto, oltre a essere la sua passione da quando era piccolo, lo aiuta anche a tenere sotto controllo la sua patologia. Vedere il suo corpo non lascia indifferenti ma l’imbarazzo è tutto tuo perché Francesco dà l’idea di vivere la sua vita e di guardare avanti. E poi in acqua ci si accorge di quanto la percezione possa cambiare. Nello sport, in piscina in questo caso, stereotipi, pregiudizi e differenze si perdono. E in vasca, una volta indossata la cuffia, si è solo un atleta.

 

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